Intervista a Mick Zeni, primo ballerino scaligero, sul Sogno
balanchiniano
23 gennaio 2005
Dopo la rappresentazione del Sogno di una notte di mezza estate nella coreografia di Balanchine,
ripresa da Patricia Neary e da Sara Leland, al Teatro degli Arcimboldi, Mick
Zeni (che ha sostenuto il ruolo di Oberon) e io ci siamo salutati quando egli
s'è affacciato dal suo camerino, appena prima di prendere una doccia. Sono poi
entrata nel camerino di Gilda Gelati (che ha ballato nel ruolo di Titania) e
con lei mi sono accompagnata fino all'uscita del teatro dove ho incontrato
nuovamente Mick. Con quest'ultimo, dopo aver preso accordi per un'intervista
che era già stata programmata, e non prima di essermi accomiatata da Gilda, ho
cominciato a parlare del Sogno
balanchiniano. Ne è risultata una breve intervista monotematica.
Mick, un tuo giudizio sul Sogno.
Gilda
Gelati e Mick Zeni nel Sogno di una notte di mezza estate di George
Balanchine
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Il balletto mi piace (stasera è stata la cinquantesima
recita) anche se il ruolo di Oberon non è tra quelli che preferisco, non perché
non sia interessante in sé, ma perché non si riesce, attraverso di esso, ad
esprimersi completamente. Tale ruolo non può essere paragonato a quello di un
Romeo. Se impersoni Oberon ti esprimi in modo più tecnico che interpretativo.
Con Romeo o anche con Onegin puoi invece tirare fuori la tua interiorità.
Come Onegin devo dire che sei stato assai pregnante. So che
prediligi i ruoli drammatici.
Sì. Il Sogno è
comunque un balletto importante perché tutta la compagnia può danzare. Balletti
di questo tipo occorrono, intendo dire, perché se tutta la compagnia (parlo
anche dei solisti e del corpo di ballo) danza poco, rischia di avere un calo
fisico. Certamente non si può continuare soltanto o a lungo con il balletto di
cui stiamo parlando, altrimenti diventa routine
e dietro le quinte sentiresti un po' tutti dare segni di insofferenza. Gli
esperti hanno detto che questo spettacolo è calzante per la compagnia della
Scala perché ci sono le forze per produrlo in autonomia: bastano i componenti
della compagnia e non c'è la necessità di chiamare ospiti esterni.
Be', che non ci siano deficienze cui dover sopperire
appellandosi a forze esterne mi pare dia ragione del fatto che la Scala è (l'ho
affermato in altre sedi e per altri motivi, però ci tengo a ribadirlo) un'isola
felice. Ma non voglio trattenerti troppo a lungo, perciò concludo chiedendoti
come hai vissuto le tournée estere
del Sogno.
Molto bene. La nostra compagnia ha fatto parecchie tournée con questo balletto e,
soprattutto, le ha fatte per prima, quindi il pubblico non partiva prevenuto,
cioè già stufo di vedere il balletto. Io preferisco danzare il Sogno all'estero.
Lo preferisci danzare in Europa o nei paesi extraeuropei?
Siete stati ad esempio in Brasile.
Non faccio distinzione.
Perché preferisci l'estero?
Perché è sempre uno stimolo.
A parte la sollecitazione che dà il trovarsi in ambienti
diversi da quelli cui si è abituati, quali altre componenti ci sono per questa
tua predilezione?
Quando sei all'estero vuoi dare il meglio perché ti
interessa che dicano: ecco come lavorano i ballerini italiani!
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