Intervista ad Alma Donzelli tra architettura e fotografia
26 novembre 2023
Fotografa e giovane promessa dell'architettura, formatasi
al Politecnico di Milano, negli Stati Uniti e in Portogallo, ha recentemente
esposto in una personale fotografica,
curata dal professor Ferdinando Zanzottera, presso
l'Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda (ISAL) di Cesano Maderno (Monza e Brianza), "Via le mani dagli occhi": la città di Milano vista da Alma
Donzelli.
La fotografa ha accettato di rispondere ad alcune domande
sia sulla sua concezione dell'architettura, sia sulla filosofia sottesa alle
opere della personale.
Lei si è formata al Politecnico di Milano, negli Stati Uniti e
in Portogallo. In quale direzione intende dirigere il suo
futuro di architetto?
La
locandina della personale.
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Nutro una profonda passione per la creazione di spazi che
non solo rispecchino l'estetica e la funzionalità, ma che siano anche
intrinsecamente sostenibili. La sostenibilità è diventata un elemento cardine
della mia visione e del percorso che intendo intraprendere nel mio futuro. Sono
convinta che il design sostenibile sia cruciale per affrontare le sfide
ambientali e per questo mi impegno a integrare pratiche ecocompatibili in ogni
fase del mio lavoro, dalla progettazione all'implementazione. Cerco soluzioni
che minimizzino l'impatto ambientale, utilizzando materiali riciclabili,
riducendo i consumi energetici e adottando tecnologie innovative. Il mio
obiettivo è quello di contribuire a creare ambienti che non solo soddisfino le
esigenze attuali, ma che siano anche resilienti e capaci di adattarsi alle
sfide future.
Mi può dare una sua definizione di architettura?
L'architettura è l'espressione tangibile della visione umana,
una sinfonia di forme, spazi e funzioni che danza fra la concretezza della
materia e l'eterea creatività della mente. È la fusione di arte e scienza, un
atto di equilibrio tra la funzionalità pragmatica e l'ispirazione poetica.
L'architettura non è solo il disegno di edifici, ma anche la creazione di
esperienze sensoriali che si intrecciano con la vita quotidiana.
Vox populi:
i progetti degli architetti spesso sono bellissimi ma non funzionali. È vero,
secondo lei?
È possibile che alcune opere architettoniche siano percepite
come maggiormente orientate all'estetica rispetto alla funzionalità,
probabilmente in quanto rispondenti a scelte di design audaci, sperimentazioni
artistiche o interpretazioni concettuali che potrebbero non essere
completamente in linea con le esigenze pratiche dell'utilizzatore finale. Certo
è che l'architettura di successo dovrebbe idealmente integrare armoniosamente
sia l'estetica sia la funzionalità, non tralasciando considerazioni su
circolazione, illuminazione, flessibilità d'uso e sostenibilità. Sono comunque
molti gli architetti che adottano un approccio olistico che cerchi di
bilanciare i due fattori di cui stiamo parlando. In questo modo è possibile
progettare spazi piacevoli alla vista, ma anche d'uso efficace, confortevole e
orientati al benessere degli utilizzatori finali.
Veniamo alla sua passione per la fotografia. Come è nata?
È nata da un connubio di curiosità, esplorazione e desiderio
di catturare la bellezza del mondo che mi circonda. Fin da giovanissima sono
stata attratta dalle immagini, sia fotografie sia opere d'arte e nutrivo un
profondo desiderio di esprimere la mia visione del mondo attraverso la lente di
una macchina fotografica. Il punto di svolta è avvenuto quando ho ricevuto la
mia prima fotocamera. La possibilità di immortalare momenti, paesaggi ed
emozioni è diventata per me un modo di comunicare visivamente. La fotografia mi
ha spinto verso un modo nuovo di vedere il mondo, incoraggiandomi a prestare
attenzione ai dettagli, alle luci, alle ombre e a tutto ciò che rende ogni
istante unico. Con il tempo, è diventata non solo una forma di espressione, ma
anche un mezzo per esplorare nuovi luoghi, incontrare persone interessanti e
approfondire la mia connessione con l'ambiente circostante. La capacità di catturare
l'aspetto visibile e soprattutto le emozioni intrinseche di un momento, è ciò
che alimenta costantemente la mia passione e mi spinge a continuare a imparare
e crescere come fotografa.
Parliamo della sua personale "Via le mani dagli occhi": la città di Milano vista da Alma
Donzelli. Le opere in mostra sono inserite in un più vasto lavoro di
ricerca promosso nei corsi di Storia dell’Architettura del professor Zanzottera al Politecnico. È stata proposta una selezione
di scatti fotografici realizzati nel capoluogo lombardo. Centrale, in essi, è
una città non in posa ma così com'è, con la sua congerie di multietnicità.
La scelta di questo approccio che cosa le ha permesso di fare e che cosa le ha
precluso?
L'approccio di fotografare Milano senza posa, accogliendo la
città così com'è, con la sua multietnicità, ha
certamente aperto diverse opportunità e al tempo stesso ha posto alcune
limitazioni. Sicuramente mi ha permesso di catturare la vita quotidiana in modo
autentico e spontaneo in quanto le persone nelle immagini sono più propense a
essere se stesse, e gli ambienti ritratti sono più veritieri. Inoltre, le
fotografie senza posa fungono da documentazione, registrando i cambiamenti nel
tessuto urbano, la dinamica sociali e le relazioni tra le persone e gli spazi.
D’altro canto, fotografare senza posa limita il controllo sulla composizione
delle immagini e rende difficile coordinare gli elementi nella scena.
Partendo
dalle fotografie in mostra, come si applica il concetto di flâneur
a Milano?
Ho applicato questo approccio contemplativo alla città
provando a cogliere il carattere di ogni quartiere, osservando la vita
quotidiana degli abitanti o cercando di catturare quelli che per un turista che
vive la città sono momenti unici (pensiamo anche solo ad una famiglia in
vacanza a Milano che nutre i piccioni in piazza Duomo). Un’attenzione
particolare è stata riservata anche alle architetture che caratterizzano
Milano, dagli edifici storici a quelli moderni, che con la loro
contrapposizione rendono peculiare la personalità del capoluogo lombardo.
Ci sono molti modi di vivere la città: abitandoci,
frequentandola in quanto luogo di lavoro, visitandola come turisti, entrando in
contatto con le criticità sociali (clochard, immigrati, periferie eccetera). A
lei, come professionista dal duplice volto (architetto e fotografo), quali
aspetti interessano maggiormente nell'indagare fotograficamente una città? Tra
quelli che abbiamo citato pensa ci sia un punto di vista privilegiato per
analizzare la città o tutti sono egualmente validi e la scelta dipende dallo
scopo dell'indagine?
Mi interessa esplorare la sinergia tra l'ambiente urbano e
la vita quotidiana. Cerco di catturare gli aspetti che riflettono l'essenza
delle interazioni umane con l'architettura circostante. Questo può includere la
prospettiva di chi abita la città, di coloro che la frequentano per lavoro, dei
turisti e anche di coloro che affrontano sfide sociali. Quanto alla scelta del
punto di vista, non ritengo che esista un'unica prospettiva privilegiata. Ogni
angolo offre una visione unica e la decisione dipende dagli obiettivi specifici
dell'indagine fotografica. Il mio intento è catturare la complessità della
città in modo autentico, trasmettendo le molteplici sfaccettature che la
rendono viva e in continua evoluzione.
Oltre alla città, si dedica ad altri soggetti fotografici?
Sì, la mia fotografia abbraccia un'ampia gamma di soggetti
che colpiscono la mia sensibilità. Cerco di cogliere quei momenti speciali ed
emozionanti che si presentano nella vita di tutti i giorni, creando così un
archivio visivo dei ricordi che tengo con me. Ultimamente ho sviluppato un
interesse crescente per la fotografia di volatili. La grazia e la libertà che
essi incarnano mi intrigano e penso che catturare la loro bellezza attraverso
l'obiettivo sia un modo affascinante per esplorare i territori che mi
circondano in un’ottica differente. Questo è un ulteriore passo che mi
entusiasma, poiché mi offre l'opportunità di sperimentare e imparare di più
attraverso la lente della mia macchina fotografica.