Straniero

Acquerello su carta di Celeste Chiappani Loda.

Sì, lo doveva proprio ammettere: era vecchia. Vediamo un po': novant'anni. Anzi, novantuno fra un paio di mesi. Erano proprio tanti anche se aveva conosciuto gente che aveva rasentato il secolo. Ma sarebbe stato il caso di augurarselo? Scosse le spalle perché si sentì ridicola. Da venticinque anni ormai viveva da sola. Figli non erano venuti e il marito glielo aveva rubato quell'orribile male che non perdona peccati mai commessi…

Santo cielo, perché questa stretta alla gola la ghermiva a tradimento di tanto in tanto? Quasi con rimorso, dovette ammettere che in fondo la sua voglia di vivere non era morta.

Così, come ogni mattina, tempo permettendo, dai primi tepori della primavera agli ultimi di settembre, afferrava il bastone che era appartenuto al padre e usciva.

Abitando all'estrema periferia di un grosso paese, percorse solo una manciata di metri per trovarsi su una strada non molto larga ma battuta perché collegava, a circa tre chilometri, alla superstrada, e qui già poteva riposare occhio e mente su quel poco verde tipico dei bordi che separano, più o meno infossati, i campi veri e propri dalle strade importanti. Ma che pena immaginare la fatica di quel verde per farsi un posticino nella vita! Pensieri che accompagnavano il suo incedere lento di gambe e bastone.

Quando era fortunata, a stagione propizia, poteva imbattersi in un coraggioso ciuffetto di mammole fiorite o in un paio di rosolacci fiammeggianti felici nel loro scarlatto o in una povera pratolina solitaria che non chiedeva nulla se non quel pugnetto di terra conteso dalla setaria più tenace.

Quando non le costava troppa fatica, la vecchietta si chinava per accarezzarli; mai per coglierli e farli morire innanzi tempo: una barbarie! Purtroppo una mattina nel chinarsi le sfuggì il bastone, così che cadde a terra. Capì subito che non era una caduta grave; nulla di rotto, pensò con un sorriso soddisfatto, solo che durava molta fatica a trovare il modo di riprendere il bastone e di rialzarsi.

Oh, santo cielo, Clelia, ti vuoi rialzare o no? In quella udì una voce sopra di sé:

‑ Aspetti, signora, le do una mano. Mi pare che non si sia fatta troppo male; almeno glielo auguro. ‑

La poveretta, con una certa fatica, riuscì a torcere un poco il collo per guardare sopra di sé e vide il buon sorriso di un ragazzo, ad occhio e croce intorno ai vent'anni. Senza sforzo il soccorritore rimise in piedi la vecchietta mettendole in mano il bastone che era quasi sotto il suo corpo.

‑ Bene, ‑ disse il ragazzo, ‑ vedo che è stata fortunata. Lei si sente a posto? ‑

‑ Sicuramente, caro. Come vede sono caduta in questo piccolo tratto dove l'erba è più folta, diciamo così. Adesso me ne torno a casa. Abito qui a pochi metri, in via Garibaldi al numero civico 17. ‑

‑ No, non mi dica! Anch'io abito in via Garibaldi, al numero 22! ‑ esclamò sorpreso il soccorritore porgendo la mano. ‑ Mi chiamo Mario. ‑

‑ Ma guarda! Allora siamo quasi dirimpettai. Io mi chiamo Clelia. Abito da trentacinque anni, ormai, in una casetta assai piccola, a piano rialzato. E lei da quanto abita in quella via? ‑

‑ Aspetti, ci devo pensare... Saranno sette anni il mese prossimo. ‑

‑ Ma non le sembra strano che non ci siamo mai conosciuti? ‑ chiese dolcemente la vecchietta sperando di non urtare il suo gentile soccorritore.

‑ Ma no, ‑ rispose Mario tra il sorpreso e il divertito. ‑ A me pare giusto che ognuno badi ai fatti propri.

Clelia sentì come una ventata gelida avvolgerla, ma si affrettò a rompere quel muro di imbarazzante silenzio che si stava alzando tra lei e il giovane. ‑ Vede, caro figliolo, io sono così vecchia che ne ho viste di tutti i colori durante la mia vita. Tra le brutture c'è anche il bello che bisogna saper cogliere e tenere stretto. Le faccio un solo esempio tra quelle che io chiamo stolte brutture: il razzismo. Lei è tanto giovane, ma ugualmente avrà sentito parlare di razzismo, ossia di divisione del genere umano in razze. Per me è una mostruosità; io riconosco nei viventi terrestri solo due razze: la razza umana e la razza animale. Quest'ultima tanto bistrattata, io non solo la rispetto: addirittura la amo. Gli uomini sono una razza sola ed il culmine di questa follia diabolica è giunto (credo che ne avrà sentito parlare) con la follia dell'avvento nazifascista e la sua alzata di ingegno dell'arianesimo, la cosiddetta razza pura, la quale ha portato seco tanti orrori inarrestabili. Che cosa dice di questa mia idea? ‑

‑ A dire il vero non ci ho mai pensato; sa, noi giovani viviamo in un mondo dove contano soprattutto i tasti da premere; eppure la tecnologia, che sembra un mondo incredibile, non ha ancora finito i suoi miracoli. Mi è venuta un'idea: se capitasse di vederci dalle nostre rispettive finestre, che sono quasi di fronte, ci possiamo scambiare un cenno con la mano. Che ne pensa? ‑

‑ Oh, caro, per me va bene, perché io metterò in quel gesto tutto il mio calore umano. ‑