Il mago di Oz abita a Orvieto
In via degli Artigiani, automi, carillon e teatrini per
sognare.
Renzo Arbore e la RAI: ospiti illustri
della bottega di Giuseppe Rosella.
14 settembre 2011
Giuseppe
Rosella nella sua bottega.
©
Foto Morfoedro
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Entri nella sua bottega e ti chiedi dove
si è nascosto Coppelius. Sì, perché quel luogo è un
tripudio di bambole semoventi e teatrini, carillon e giostrine,
librerie in miniatura e armature, statue di grandi dimensioni e piccoli
pianoforti che suonano lo spartito che – tra quelli a disposizione ‑ hai
scelto per mettere sul leggio. Invece ti accoglie Giuseppe Rosella (Peppe): il
mago di Oz, come lo chiamano, e come si chiama la sua bottega, all'imbocco di quella via degli
Artigiani che si diparte dalla piazza del Duomo di Orvieto.
A proposito di pianofortini,
chiedo a Peppe: "C'è un microchip che si mette in moto quando appoggi lo
spartito sul leggio?" Mi sento rispondere, in una splendida curva melodica
orvietese: "Eh, scusa, se entri qui, devi sogna',
mica devi fa' domande!" Io, di rimando: "Peppe, sono una giornalista:
per forza ti faccio domande." "Va be',
dimmi che cosa vuoi vedere. Le giostrine? Oppure le bocce con la neve?" Scuote una boccia che simula una
nevicata e ne carica il carillon. Poi si porta allo
scaffale a fianco e mi domanda: "Tu sei una che quando suona la sveglia la
mattina le daresti una ciabattata? Con questa non puoi! Ascolta: ti
suona 32 melodie diverse." Apre lo sportellino di
una sorta di organo a canne sormontato da un orologio e mi lascia in ascolto,
mentre prende un libro di Forattini. E mi dice: "È stato qua e mi ha dedicato questo suo libro." In quarta di
copertina spicca un primo piano fotografico dell'autore. Gli faccio notare la
somiglianza tra lui e il vignettista. Il suo commento: "Eh, sì: quando fa il mio ritratto sembra che abbia fatto il suo!"
Il diktat, dunque,
è "devi sogna' ". Senza accorgermene mi
ritrovo, in effetti, ad ascoltare Peppe con gli occhi luccicanti di una
bambina. Di una Dorothy con il suo cagnolino Totò,
visto che siamo nel regno di Oz? O semplicemente
della bambina che sono stata e il cui entusiasmo – miracolosamente – ancora mi
appartiene?
Due sono i pezzi più curiosi della bottega: la boccia della
RAI e le librerie in miniatura.
Lo spot degli auguri natalizi, che la Rai manda annualmente
in onda, è stato girato proprio nella Wundekammer di
Giuseppe Rosella. "Te lo ricordi," mi
chiede, "quando Babbo Natale prende la boccia con la farfallina blu della RAI
e la mostra? Il Babbo Natale sono io e la boccia è là,
vedi?" La scorgo fra tanti altri oggetti ammonticchiati sugli scaffali del
retrobottega. "Sono stati qua quindici
giorni, quelli della RAI, per girare lo spot."
E poi le librerie in miniatura. Le costruisce lui su misura
biografica di chi gliele commissiona. Ma non è liscio
come dirlo. "Ci sono delle regole che bisogna rispettare,"
mi spiega Peppe. "Una persona vive la sua vita che io racconto in una
libreria. E non è che quando il mio lavoro è terminato
ci si ferma; se accadono altri avvenimenti importanti, aggiorno la libreria: è
un oggetto che seguirà sempre la persona per cui la costruisco. Innanzitutto lo
faccio solo per chi è venuto a trovarmi qui: abbiamo parlato, ci siamo
conosciuti e siamo in sintonia. Se non ci si capisce, non mi interessa.
Sapessi quante richieste ho rifiutato!" Peppe
guarda mio marito. "Mettiamo che la devo fare per voi due. Io vi devo
conoscere. Mi dovete raccontate la vostra biografia. Mi serve tutto: titolo di
studio, lavoro, dove abitate... E non solo. I particolari sono i più
importanti. Se mi dite che amate la musica o un certo genere di musica, non mi
è utile: ditemi piuttosto se c'è un brano musicale significativo
nella vostra storia." Peppe tira fuori la raccolta delle fotografie delle
librerie che ha costruito e ce la mostra. "Questa l'ho
fatta per Renzo Arbore: ecco tutti gli strumenti che suona. Questa è per
un giornalista, quest'altra per un manager con la passione per le auto... Ah, sì, guarda questa! C'era un ragazzo di Roma, che voleva
regalare, alla ragazza che amava, la libreria e – donandogliela – le avrebbe
chiesto la mano (sai, come si faceva una volta). Mi ha portato l'anello di
fidanzamento perché gli dessi un'idea originale su dove metterlo. Io l'ho messo
in una scatoletta nel primo scaffale perché lei sicuramente sarebbe andata a
curiosarci dentro. Eccola qui, la scatoletta gialla con i
tulipani sul coperchio: i suoi fiori preferiti."
Si avvicinano le venti e trenta e la funicolare chiude
proprio a quell'ora. Alloggiamo in un albergo nella bassa Orvieto. Devo
accomiatarmi mio malgrado e lo spiego a Peppe. Il quale mi propone: "Senti, ce la facciamo una foto
insieme?" Gli dico va bene: sono divertita. Mio marito assume il
ruolo di fotografo. "Guarda, mettiamoci come gli artisti.
Fanno così, io li vedo!" Mi cinge per la vita.
Mio marito sorride quando Peppe, così alto!, mi dice:
"Sollevati in punta di piedi." Parte il flash.
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