Intervista a Licia Canton, giornalista e scrittrice canadese d'origine italiana
Licia Canton è scrittrice, critica letteraria, giornalista,
direttrice della rivista canadese Accenti e altro ancora. Iniziamo
dall'attività di scrittrice.
I miei scritti si concentrano sulla letteratura canadese,
multiculturale e in particolare sulle opere di scrittori canadesi di origine
italiana. Ho pubblicato maggiormente saggi sulla lingua, le generazioni e sulla
letteratura. Sono apparsi alcuni racconti in antologie e riviste. Ora sto
preparando per la pubblicazione, per la casa editrice Guernica, il mio primo
libro di saggi intitolato Canadian Authors, Italian Accents (Autori
canadesi, accenti italiani) e un libro di racconti: The Butcher’s
Daughter (Figlia di macellaio).
E della Sua attività di critica letteraria che cosa mi dice?
Ho curato alcuni libri e
antologie. Di recente un volume di prosa e poesia – Writing Beyond History – è stato pubblicato ad aprile 2006. Si
tratta di un’antologia che ho preparato con due scrittrici dell’Ontario, De
Santis e Fazio. Nel 2004 è apparso un volume di saggi su scritti multiculturali
intitolato Adjacencies: Minority Writing
in Canada che ho curato con i miei colleghi dell’Università di Montreal (i
professori Moyes e Beneventi). Nel 2002 un altro volume intitolato The Dynamics of Cultural Exchange,
che dà importanza alla letteratura italocanadese come specchio della nostra
realtà quotidiana.
Ho partecipato come relatrice a
molti convegni di studi canadesi in Canada, Italia, Francia, Ungheria e ho
organizzato convegni e incontri letterari. Mi piace in particolare lavorare su
progetti che fanno da ponte tra i miei due paesi, tra il mondo accademico e
quello di scrittori e artisti che non sono dipendenti di università. Con Anna
Carlevaris, professoressa di storia dell’arte all’Università Concordia, ho
iniziato un progetto di gemellaggio tra scrittori e artisti. È un progetto che
abbiamo presentato anche all’Università di Udine nel 2004. Ora stiamo
finalizzando il libro che sarà pubblicato da BuschekBooks di Ottawa.
Ho lavorato molto sull’opera dello
scrittore Antonio D’Alfonso, un italo-quebecchese che ora vive a Toronto.
Scrive in inglese e in francese. I suoi scritti sono stati pubblicati anche in
italiano in Italia. Sto curando Antonio
D’Alfonso: Essays on His Works – saggi di studiosi e intelletuali sulle
opere di D’Alfonso.
Collaboro con pubblicazioni
universitarie – tale il Canadian Ethnic Studies Journal (Università di
Calgary), Italian Canadiana Journal (Università di Toronto) e Quaderni
d’Italianistica – che usano la revisione paritaria
("peer-review") per selezionare le proposte e gli articoli ricevuti.
Ho collaborato anche con BiblioSofia la quale ha pubblicato dei miei articoli
nella sezione "Letteratura Canadese" curata da Egidio Marchese.
Veniamo ora ad Accenti. Mi piacerebbe che raccontasse
la Sua esperienza di direttore di una rivista.
Accenti è una rivista che sta cercando di creare il proprio spazio
tra due e più culture. È stata fondata come rivista in lingua inglese per
canadesi e nord-americani di origine italiana, ma ha lettori pure al di fuori
del suo primo target, come gli italiani attraverso il mondo e i non italiani
interessati alle cose italiane. Dunque come direttrice il mio lavoro è quello
di unire tutte ciò e di creare ponti. È una responsabilità e un lavoro che amo
molto. Sono felice di collaborare con scrittori e giornalisti un po’
dappertutto, spesso anche nuove voci. Sono aperta alle idee e alle novità. Non
è perché non l’abbiamo mai fatto che non si farà. Ad esempio ora pubblichiamo
due articoli in lingua italiana in ogni numero e online. Questa è
un’iniziativa alla quale non avrei pensato all’inizio.
Nell'autunno 2005 abbiamo lanciato
il nostro primo concorso letterario per incoraggiare gli scritti che trattano
il Canada e l’Italia. Il concorso sarà annuale. (A proposito, il secondo
concorso ha come data di scadenza il 31 dicembre 2006.) Il premio letterario
Accenti è stato conferito ad aprile al festival Blue Metropolis. (Come
direttrice di Accenti collaboro da tre anni con il Blue Metropolis.
Quest'anno oltre 13.000 persone hanno assistito al festival internazionale e
oltre 300 scrittori, traduttori, ed editori da tutto il mondo hanno presentato
le loro opere.) Sono felice che questa prima iniziativa abbia ricevuto tanta
attenzione dai media.
Penso che il nostro contributo al
Canada, sia creativo che letterario, deve essere appoggiato. I nostri scritti
rispecchiano la società e illustrano con passione chi siamo, dando la
possibilità di comprendere a fondo le nostre aspirazioni come popolo. Gli
immigrati del dopoguerra, i loro figli e nipoti hanno creato una nuova cultura,
una cultura che unisce l'Italia e il Canada. La rivista Accenti e il
Premio Accenti consentono l'espressione di questa cultura.
Come direttrice organizzo anche
panel di discussioni e dibattiti con vari temi. Infatti ad agosto parteciperemo
con un evento alla "Settimana italiana di Montreal" come pure a
settembre durante Le "Journées de la culture du Québec".
Dato che Accenti è "la rivista canadese con
accento italiano", come simpaticamente ne recita il sottotitolo, Le
chiedo: qual è il problema dell'uso della lingua italiana da parte degli
italiani che abitano all'estero?
La rivista Accenti è
prevalentemente in inglese, soltanto alcuni articoli in italiano, proprio
perché l’italiano all’estero, e parlo del Canada in particolare, spesso non è
usato né correntemente né correttamente. In maggioranza il popolo parla un
dialetto o un italiano passabile con errori udibili che vengono (in Canada)
dalla lingua inglese o francese. Per i miei coetanei o quelli più giovani ci
sono poche possibilità di parlare l’italiano quotidianamente e perciò il
livello non migliora. Certo, se uno fa carriera in un ambiente italiano (penso
agli studiosi della lingua e letteratura; i comunicatori alla radio, TV,
giornalisti, ecc.) e/o si circonda da persone che lavorano in italiano e che lo
parlano bene, è tutt'altra cosa. Ma questa è la minoranza. In generale, però,
penso che nel Quebec i genitori e figli di genitori italiani si sforzano di
parlarlo e di incoraggiare i propri figli a parlarlo. Infatti i miei bimbi, che
vanno alla scuola inglese, hanno corsi di italiano tre volte la settimana.
Lei, nativa di Cavarzere, com'è giunta in Canada?
Nel 1967
all’età di quattro anni sono arrivata a Montreal con mia madre e mia sorella.
Mio padre era già qui da un anno. A quattro anni avevo già stabilito un grande
rapporto con Cavarzere e il legame è rimasto. Nessun parente ci ha seguito ed è
stato per me una grande tristezza. Per anni come bimba e adolescente rifiutavo
di parlare al telefono ai parenti… mi veniva da piangere. Molte estati le ho
passate in Italia. Ora con il lavoro e la famiglia mi è più difficile tornare
in Italia ogni estate e negli ultimi cinque anni mi sono trovata in Italia
soltanto per motivi di lavoro, cioè per convegni, interviste ecc. Mi piacerebbe
trovare maniera di farlo anche con la famiglia. Mi piacerebbe dare ai miei
figli un rapporto intimo con l’Italia. Fin dalla loro nascita, con mio marito,
abbiamo parlato l’italiano con i bimbi. Ora è diventato proprio un lavoro
perché parlano più facilmente l’inglese e il francese, ma insistiamo.
Che cosa significa essere italiani all'estero?
Dipende
dalle generazioni e dipende da come si è cresciuti. Per la generazione arrivata,
quella dei miei genitori, dipende se nella famiglia si è mantenuto un grande
legame o meno con l’Italia. Spesso delle famiglie intere sono arrivate qui e
allora forse non necessitava il legame con il paese, cioè se non è rimasto
nessuno in Italia. Per altri come i miei genitori che sono emigrati senza
fratelli era importante scrivere, telefonare e visitare spesso e dunque il
legame è rimasto più forte. Mi considero canadese di origine italiana, e sono
pure italiana con il diritto di voto. Per me vuol dire sapere che vengo da
un’altra realtà. Uno "spazio" che posso o non incorporare nella mia
vita quotidiana. In diversi momenti nella mia vita sono stata molto attaccata,
e poi in altri momenti mi sono staccata proprio da non volere nemmeno ascoltare
la radio in italiano. Mi mancava troppo l’Italia e dunque cercavo di evitare
ciò che mi rendeva triste. Ora penso che ho trovato un bell'equilibrio.
Vuole raccontarmi qualcosa di più sui suoi impegni in ambito
universitario?
Come ho detto prima, partecipo come
relatrice a convegni di studi canadesi sia in Canada che altrove e a tavole
rotonde sulla letteratura canadese, ecc. Ho presentato il mio lavoro a Bologna,
a Rouen, a Debrecen e a Udine. Ad esempio sono stata la liaison canadese
per il convegno organizzato nel Centro Studi Canadesi dell’Università di Udine
nel 2004. Mantengo stretti rapporti di collaborazione con l’Università di
Toronto e l’Università di Toronto a Mississauga come pure l’Università di
Montreal e il Centro di Studi Italocanadesi Frank Iacobucci a Toronto.
C'è qualche episodio particolarmente significativo, nella Sua
carriera di intellettuale, che desidera raccontarmi?
Avendo lavorato molto da giovane in
una macelleria mi sono fissata sullo studio e l’idea di fare un lavoro di
testa. Ho fatto un dottorato di ricerca in letteratura canadese all’Università
di Montreal. Ho incontrato poi un collega che condivideva la mia passione per
la cultura, la letteratura e l’espressione creativa. Da quell’affinità è nato
un amore e abbiamo fatto delle scelte di stile di vita familiare che ci
permettono di lavorare insieme e di sostenerci nei nostri progetti.