Il pubblico, unica risorsa dei teatri
Dai dati 2005 della SIAE una riflessione sulla salute dei teatri musicali
italiani
Come ogni anno di questi tempi la SIAE misura il termometro
del gradimento del pubblico rispetto agli spettacoli prodotti nel territorio
nazionale. In particolare, attraverso i dati 2005, rispetto al 2004 (Giornale
dello Spettacolo n. 11 del 24/03/2006), si evincono la salute o la malattia
dei singoli settori che coinvolgono la vita produttiva dei nostri teatri.
Questi i dati:
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Dati percentuali SIAE 2005 rispetto al 2004
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Pubblico
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Spettacoli
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Spesa del pubblico
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Prezzo medio
biglietto
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lirica
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- 8,74%
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- 1,60%
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+ 3,80%
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+13,73%
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concerti
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+ 0,51%
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- 8,45%
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- 7,53%
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- 8,00%
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danza
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+10,76%
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- 0,46%
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+12,24%
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+ 1,33%
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C’è da riflettere molto su questi dati anche perché già nel
2004, rispetto al 2003, la situazione si era delineata in modo analogo e,
quindi, sarebbe stato utile valutare in termini percentuali la caduta o la
crescita dei vari settori su un periodo più lungo e non da un anno all’altro.
Basta confrontare questi dati per comprendere come il
pubblico si stia lentamente disaffezionando alla lirica anche per via di una
politica di alti costi dei biglietti che, evidentemente, allontana dalla
fruizione la gran massa degli appassionati e impedisce di acquisirne di nuovi.
D’altronde la possibilità di poter usufruire di edizioni
eccellenti di opere liriche in dvd o in abbonamento tramite canali televisivi
tematici espressamente dedicati e senza costi eccessivi, attenua in molti di
coloro che potrebbero essere dei potenziali, fedeli spettatori il rammarico di
non poter assistere alla rappresentazione dal vivo (esperienza, peraltro, molto
più emozionante e coinvolgente). Cambiano i tempi, cambiano le opportunità e
cambiano dunque le abitudini. Tuttavia è sintomatico notare come sia stata
adottata dagli operatori dei teatri, nel settore della lirica, una politica
poco lungimirante che, pur di fronte ad una diminuzione di spettatori (-
8,74%), rispetto a una pressoché uguale offerta di spettacoli (-1,60%), ha
preferito aumentare la spesa del pubblico (+ 3,80%) ed, addirittura, il prezzo
medio d’acquisto del biglietto del + 13,73%.
In lievissima crescita appare invece l’interesse della gente
per la concertistica (+ 0,51%) a fronte però di un calo dell’offerta (- 8,45%)
bilanciato dalla spesa (-7,53%) e dal prezzo medio di biglietto (- 8%). In
questo settore, in controtendenza rispetto alla lirica, si è cercato, invece,
di incentivare la fruizione del pubblico per cercare di riportare gli
spettatori nelle sale.
Infine alla danza, ancora considerata la “cenerentola” delle
arti da parte di chi governa i teatri, continua a non essere dedicato il giusto
spazio che le compete in termini di offerta (- 0,46%), in dispregio alle
preferenze del pubblico che, invece, continua a premiarla (+ 10,76%), in
crescita costante in questi ultimi anni, e che ha portato la spesa al + 12,24%
malgrado un prezzo medio di biglietto lievemente aumentato dell’1,33%. Qui le
statistiche collimano in modo pressoché esatto e ciò sta a dimostrare la
tendenza di interesse sempre più crescente degli italiani nei confronti della
danza.
Preoccupante, inoltre, constatare come, in ogni caso,
l’offerta in tutti e tre i settori risulta in discesa ma anche questo risultato
negativo è plausibile considerato il costante decremento dei finanziamenti
pubblici in parte attenuato dagli introiti alternativi differenziati nelle
varie realtà locali.
La crisi del settore si misura anche a causa della
difficoltà di linguaggio, di comprensione e di approccio da parte della
popolazione in generale a quest’arte: una difficoltà data non dal fatto che si
tratta di genere di spettacolo che fa parte dei gusti di un tempo lontano (se
così fosse ancor oggi non si apprezzerebbero lavori letterari, pitture, opere
d’arte di artisti del passato) bensì l’opera lirica, il concerto sinfonico sono
poco familiari alle nuove generazioni e alla massa della gente perché
sostanzialmente sconosciuti e, fra i tanti generi musicali, non riscuotono
molto successo in quanto non sono abbastanza coltivati, poco accessibili e,
quindi, difficilmente comprensibili. Al contrario la danza gode di un grande
rilancio di interesse e di favore di pubblico perché riesce con più facilità a
catturare la fantasia e l’entusiasmo agevolata com’è dalla comunicazione
mediatica insita nella disinvolta massa di trasmissioni televisive tipo “Amici”
che all’apparenza la rendono facile, comunicativa ed alla portata di tutti ma,
purtroppo, anche questo è un modo di travisarne il suo vero valore.
Occorre, invece, educare un pubblico nuovo per rendere
queste forme d’arte popolari e alla portata di tutti. Il teatro musicale
(inteso come lirica, concerto o balletto) offre un immenso patrimonio di valori
artistici, intellettivi, emozionali e affettivi che fanno parte del bagaglio
positivo dell’essere umano. I lavori che le generazioni del passato ci hanno
trasmesso sono le cellule madri di quel tessuto culturale che oggi ha
trasformato il nostro mondo.
Molti sostengono che il teatro musicale sia un sogno di
pochi. Dobbiamo renderlo accessibile a tutti. Aprire i teatri ai bambini e ai
ragazzi con iniziative promozionali e di conoscenza, collaborare in modo
costante con le scuole in modo che la musica diventi una parte importante della
crescita e della formazione dell’uomo di domani, agevolare la fruizione dello
spettacolo musicale tra i più giovani con un lavoro a monte che li interessi e
faccia diventare poi l’evento a cui assisteranno comprensibile e stimolante a
tal punto da voler ripetere l’esperienza.
Molti nostri teatri operano ormai da alcuni anni in questo
senso con iniziative mirate che tendono ad avvicinare i giovani a questo mondo
per loro così lontano, ma alla fine vincono, ai fini della fruizione,
purtroppo, quegli stereotipi che ne rendono difficile l’approccio popolare e
cioè l’elitarietà, la politica dell’incasso e dell’evento a tutti i costi,
accompagnate dalla mondanità e dal privilegio del palco all’opera, dalla
miriade di biglietti omaggio che favoriscono autorità e conoscenze di
prestigio, finendo col penalizzare quel pubblico potenziale che, riflettendoci
bene, è l’unico su cui, invece, i nostri teatri devono puntare per garantire il
proprio futuro. Bisogna che le istituzioni deputate alla custodia di questo
patrimonio prezioso pensino che il teatro musicale è un servizio e non un
business, un costo superfluo e, perciò, destinato unicamente a pochi, ma,
soprattutto, che ad esse è stato affidato per legge il compito e la missione di
perseguire, senza scopo di lucro, la diffusione
dell'arte musicale e l'educazione musicale della collettività mentre lo Stato
deve fare la sua parte sostenendo e valorizzando la missione ad esse affidata
con le risorse necessarie.