Lettera

Il tempo è di nuovo un altro.
Questa torrenzialità che sbalestra.

Ho ripreso le mie carte
rimesso la macchina per scrivere sul tavolo.

Il tempo è di nuovo un altro.

Mi hanno colpito come un teatro a repertorio psicologico
le tue parole:
"Non so cosa farò.
In questo periodo la poesia mi sfugge.
Penso: non scrivo più."
Dovrei fare lo stesso anch'io.
Ma non l'ho fatto e Cesare è con me.
Abbiamo cominciato una sera a ritrovarci
(l'avevo avuto senza capirlo appieno:
a sedicianni non si comprende).
Ieri, dopo le dieci, tirava vento e lampi
e i pini davano sguardi di bianco-carta alla terra.
Veniva in mente Antonio Gades
e i suoi flamenchi di sera, a Venezia
dove le vesti si incollano al corpo
come scolpite dalle dita del vento
(perché lampeggiava anche allora,
qualche anno fa).
Cesare sapeva a che pensassi
e io che lui aveva in mente
le feste con baccani d'inferno
e saltarci dentro a ballare.

Tratto da Gloria Chiappani Rodichevski, I miei li chiamava passi, Torino, 2003