Intervista a Enrico Maria Porro, art director
pubblicitario
ottobre 2004
Ho proposto ad Enrico Maria Porro, art director pubblicitario, un'intervista. Quello che mi ha spinto
ad intervistare un pubblicitario è stato il desiderio di penetrare una realtà
che non compete il mio modo di essere. Sono infatti conscia di costituire un
pessimo modello di consumatore, nel senso che la pubblicità non mi irretisce.
(Sorrido pensando all'allusione che Porro fa qui di seguito ai "persuasori
occulti"). Parlare con un pubblicitario, dunque, si è rivelata l'occasione
di ascoltare chi considera il lavoro in un'agenzia non come un qualsiasi
impiego che permetta di sbarcare il lunario, bensì come un mezzo per sviluppare
un'arte degna di essere sviluppata.
Se tu volessi dare una definizione della professione di art director pubblicitario, che cosa
diresti?
Un artista con il compito, a volte difficilissimo, di
trovare la soluzione giusta per far vendere un determinato prodotto a una
determinata categoria di consumatori.
Quando è nata in te la voglia di fare il grafico?
Da ragazzo quando venni affascinato dai cartelloni
pubblicitari esposti sui muri vicino a casa mia. A volte avevo la tentazione di
strapparli e di portarmeli a casa per appenderli in camera mia.
Come e dove si sono svolti i tuoi inizi?
Dopo il liceo artistico ho vinto una borsa di studio di un
anno e sono entrato subito in una grande agenzia. Erano i primi anni ottanta.
Il primo anno del liceo il nostro insegnante di lettere ci
passò il concetto che la pubblicità è l'anima del commercio. Ti domando:
soltanto di quello?
Sembra un luogo comune ormai superato, ma è proprio così: la
pubblicità è l'anima del commercio. Soprattutto in un periodo storico come
questo in cui si sente parlare solo di recessione e di crisi economica. Visto
che la domanda mi ha stimolato aggiungerei che la pubblicità è anche l'anima
del sogno di chi non può permettersi determinate cose. Una volta a Milano in
corso Buenos Aires mi colpì l'espressione di un mendicante che aveva lo sguardo
fissato su un maxi-manifesto raffigurante l'ultimo modello di una famosa casa
automobilistica. L'esempio, seppur cinico, credo che funzioni alla perfezione.
Che cos'è (o che cosa è diventata, se preferisci) la
pubblicità oggi?
Un calderone mediatico. Ovunque ti giri, qualsiasi
apparecchio televisivo o radiofonico tu accendi, lei è sempre lì: la
pubblicità. Si sta raggiungendo la saturazione completa e questo fa male al
consumatore finale del prodotto. Vi propongo un giochino semplice: pensate ai
tre spot tivù che maggiormente vi hanno colpito per forza e simpatia. Bene,
siete in grado di ricordare anche il nome del prodotto che pubblicizzano?
Provate.
Perché hai fatto la scelta di lavorare nel campo della grafica
pubblicitaria e non in un altro settore della grafica?
A questa domanda ho in parte risposto nella seconda domanda.
Comunque aggiungo che mi ha da sempre affascinato questo ramo della grafica
perché ogni progetto pubblicitario a cui vengo chiamato a collaborare si rivela
una bellissima sfida: vendere un prodotto. E non pensate che sia un'operazione
facile e piacevole.
C'è una categoria merceologica che preferisci trattare?
No. Tutte le categorie merceologiche mi affascinano. Ma ci
sono determinati prodotti per i quali ho in passato rifiutato di lavorare,
parlo di una marca nota di pellicce e un'azienda affermata nel campo della
produzione di armi da caccia.
Quando devi pubblicizzare un prodotto, su che cosa fai leva?
Come e quando ti arriva l'idea risolutiva?
L'idea arriva dopo che si è conosciuto a fondo il prodotto
per il quale si lavora. Per avere una buona idea di vendita ci vuole anche un
prodotto con una forte idea dietro. Per esempio: è più facile trovare una
grande idea di vendita per un aspirapolvere innovativa che asciuga anche i
panni appena lavati piuttosto che per un'automobile che viaggia su quattro
ruote.
Quale tra i media è più importante rispetto ad altri,
nel campo della pubblicità, secondo te?
Il media più importante è ovviamente la televisione:
assicura un "costo contatto" elevato ed è prestigioso. Ma io trovo
più affascinante l'affissione esterna o metropolitana. Ecco, secondo me il
mezzo più affascinante è l'affissione metropolitana in cui si deve creare un
messaggio che colpisca in 5-10 secondi il tuo consumatore che è lì sulla
banchina ad aspettare che arrivi il treno.
Il grafico è anche un artista?
Certo. Pensiamo al grande Armando Testa, molti suoi lavori
potrebbero essere esposti al Louvre o al MOMA di New York. La pubblicità è
anche una forma d'arte. Un poster appeso in un contesto urbano è come un quadro
appeso in un museo.
Un grande tema: il rapporto tra informazione, comunicazione e mass
media. Paradossalmente mi viene spesso fatto di credere che non si possa
parlare veramente di informazione, quando ci sono di mezzo i mass media, prima fra tutti la
televisione. (Enrico Mentana ha infatti un bel dire: "Noi siamo
informativi e non formativi."!) E se non c'è un'informazione veritiera,
come si può pretendere che gli uomini riescano, altrettanto veritieramente ed
efficacemente, a comunicare tra loro? Tu, come art director pubblicitario, come ti poni di fronte a queste
affermazioni?
Quello della verità è un argomento molto delicato e sempre
d'attualità. Noi pubblicitari veniamo frequentemente accusati di essere dei
"persuasori occulti" colpevoli di catturare i consumatori con una
comunicazione falsa e tendenziosa sul prodotto. È vero, si chiede la gente, che
quel tal detersivo lava più bianco dell'altro o che il tal adesivo universale
incolla anche le suole delle scarpe da trekking? Secondo me la pubblicità vivrà
per sempre con l'accusa di essere un po' bugiarda. Sono d'accordo con chi pensa
che la comunicazione pubblicitaria sia fatta, per la maggior parte, da aria
fritta, ma la colpa non è solo di noi pubblicitari occulti, ma anche dei "mass
media" che hanno contribuito a fagocitare la concorrenza e far sì che, per
emergere, un'azienda debba anche dire che "il mio tostapane fa anche un
ottimo caffè" anche se tutti sappiamo che è impossibile.
La persona più importante, dal punto di vista professionale,
che tu hai incontrato.
Claudio Platania, il mio primo direttore creativo. È stato
il primo a scoprire il mio talento e forse senza di lui adesso non sarei qui a
rispondere a questa intervista.
Qual è la cosa che ti dà maggior soddisfazione, nel tuo
lavoro?
Quando mi telefona il cliente per dirmi che il prodotto che
ho pubblicizzato ha aumentato le vendite.
E la cosa che ti indispone?
Il fatto che la maggior parte della gente pensa che fare il
pubblicitario sia un giochino divertente e che nelle agenzie di pubblicità non
si faccia altro che ridere e scherzare.