Teatro Massimo di Palermo: la vita artistica dal 1897 ad oggi ‑ seconda parte

 

Gli anni dal 1946 al 1973. 1

Gli anni dal 1974 al 1977. 3

La sovrintendenza Mirabelli (1977-1995). 3

Il triennio 1995-1997. 4

L'inizio dei lavori di restaurazione (1996). 4

La rinascita (1997) e il 1998. 4

Gli anni dal 1999 al 2002. 5

Gli anni dal 2002 al 2005. 6

La stagione 2005/2006. 6

 

Prima parteseconda parte

Gli anni dal 1946 al 1973

Nella stagione 1946/1947, per il suo cinquantenario il teatro ripropose il Falstaff (con protagonista Mariano Stabile), La Gioconda e La Bohème della stagione inaugurale. Nel 1949 rimase memorabile la prima volta a Palermo di Maria Callas (Brunhilde nella Walkiria) e di Mario Del Monaco in Aida. Sotto la gestione Raccuglia, inoltre, grande spazio venne dato al teatro musicale contemporaneo. Si allestirono, tra gli altri, Resurrezione di Franco Alfano (1947), L’amore dei tre re di Italo Montemezzi (1947), La monacella della fontana di Giuseppe Mulè (1947), Fedra di Ildebrando Pizzetti e I quattro rusteghi di Ermanno Wolf Ferrari (1948), Giuditta di Arthur Honegger (1951), Lucrezia di Ottorino Respighi (1952), La medium ed Amelia al ballo di Giancarlo Menotti (1952) e il Re Ruggero di Karol Szymanowski (su bozzetti e figurini di Renato Guttuso) nel 1949, anno in cui venne inaugurato a Palermo il XXIII Festival Internazionale di Musica Contemporanea. Sempre nello stesso anno, il 5 febbraio, venne rappresentata la prima assoluta dell’opera Millesima seconda di Giuseppe Savagnone diretta dall’autore. Dal 1949 al 1953 il Teatro venne retto dal commissario straordinario Gaspare Cusenza fino alla nomina di Simone Cuccia. Furono quelli gli anni della prima volta al Massimo di artisti quali: Giacomo Lauri Volpi (Rigoletto 1950), Giuseppe Di Stefano (Rigoletto 1952) e Renata Tebaldi (Mefistofele 1953).

Durante la gestione di Cuccia (1953-1957) il teatro si dedicò al recupero di opere del passato cadute nell’oblio: I Capuleti e i Montecchi di Bellini con Rosanna Carteri e Giulietta Simionato, direttore Vittorio Gui (1954), prima rappresentazione nel nostro secolo e Il turco in Italia di Rossini diretto da Gianandrea Gavazzeni (1954). Particolarmente degni di nota il Parsifal di Richard Wagner diretto da Tullio Serafin e interpretato da Ramon Vinay (1955) e Giovanna d’arco al rogo di Honneger con la regia di Renzo Rossellini e protagonista Ingrid Bergman (1955) oltre a due prime assolute: Il cappello di paglia di Firenze di Nino Rota (21 aprile 1955) e Pantea di Michele Lizzi (14 aprile 1956).

Nel 1957 si insediò alla guida dell’Ente Leopoldo De Simone il cui primo atto importante fu l’acquisizione di un nuovo spazio scenico per l’estate: il Teatro di Verdura di Villa Castelnuovo che venne inaugurato con Otello (protagonista Mario Del Monaco). La lunga gestione di De Simone - rimase in carica fino al 1974 - si caratterizzò per le felici riprese di opere poco rappresentate nel nostro secolo e ingiustamente cadute nell’oblio quali: Il Pirata di Bellini (direttore Franco Capuana 1958), Beatrice di Tenda (direttore Vittorio Gui 1959), Alceste di Gluck (direttore Lee Schaenen con Leyla Gencer 1968), La Straniera di Bellini (direttore Nino Sanzogno con Renata Scotto 1968), La Vestale di Spontini (direttore Fernando Previtali e nuovamente protagonista Leyla Gencer), Il Governatore di Logroscino (1970), L’étoile di Emanuel Chabrier, Elisabetta regina d’Inghilterra di Rossini (direttore Gianandrea Gavazzeni, regia Mauro Bolognini e sempre Leyla Gencer protagonista 1971), La muta di Portici di Auber (1972). Accanto a questi recuperi, di gran rilievo furono la prima esecuzione in forma scenica della Passione secondo San Matteo di Bach, spettacolo ideato da Herberth Graf e diretto da Hermann Scherchen (1960), e L’Incoronazione di Poppea di Monteverdi diretta da Lovro von Matacic (1968) nonché alcune prime assolute quali Né tempo né luogo di Giuseppe Savagnone (7 marzo 1961 sul podio l’autore), Il diavolo in giardino di Franco Mannino (28 febbraio 1963: dirigeva l’autore con la prestigiosa regia di Luchino Visconti che ne curò altresì le scene e i costumi insieme con Filippo Sanjust), L’amore di Galatea di Michele Lizzi (12 marzo 1964 direttore Franco Capuana), Luisella di Franco Mannino, diretta dall’autore con la regia di Giancarlo Sbragia (28 febbraio 1969), La visita meravigliosa di Nino Rota (6 febbraio 1970) e, per finire, Il Gattopardo di Angelo Musco, diretto dall’autore che morì improvvisamente un mese dopo l’andata in scena della sua opera che aveva inaugurato la stagione 1967/68 il 19 dicembre 1967 con la regia di Luigi Squarzina, le scene e i costumi di Pierluigi Pizzi e con protagonista Nicola Rossi Lemeni nel ruolo del Principe di Salina.

Ampio spazio fu anche dedicato ad opere del ‘900. Ricordiamo fra queste solo alcune: Oedipus Rex di Strawinsky (1958), Pelleas et Melisande di Debussy (1960), Mayerling di Barbara Giuranna (1962), Assassinio nella cattedrale (1962) e Ifigenia (1968) di Ildebrando Pizzetti, I dialoghi delle carmelitane (1964) e La voix humaine (1969) di Poulenc, Le campane (1964) e La leggenda del ritorno (1968) di Renzo Rossellini, Wozzeck di Berg (1965), Volo di notte (1967) e Il Prigioniero (1974) di Dallapiccola, Il Cordovano di Petrassi (1969), Les malheurs d’Orphée di Milhaud (1969), La mano felice di Schoenberg (1969), La sagra del signore della nave di Lizzi (1971), Sette canzoni (1967) e il trittico Filomena e l’infatuato, Merlino mastro d’organi, Uno dei dieci di Malipiero (1972).

Un altro filo ricorrente fu quello della presentazione del repertorio russo: Ivan il terribile di Rimskij Korsakov (1959), Kovancina di Mussorgskij (1963), Il principe Igor di Borodin (1967) e La sposa venduta di Smetana (1967) nonché l’esecuzione della Tetralogia di Wagner diretta da Lovro Von Matacic in due anni 1970 (Oro del Reno e Walchiria) e 1971 (Sigfrido e Crepuscolo degli dei).

Furono quelli, come del resto in tutta Italia, gli anni d’oro della lirica: un periodo particolarmente significativo per la grande qualità degli interpreti. Le principali ugole del momento, infatti, sfilarono in quegli anni al Teatro Massimo: Rosanna Carteri, Mirella Freni, Ilva Ligabue, Anna Moffo, Antonietta Stella, Teresa Berganza, Fiorenza Cossotto, Fedora Barbieri, Giulietta Simionato, Carlo Bergonzi, Franco Corelli, Giuseppe Di Stefano, Mario Del Monaco, Sesto Bruscantini, Renato Bruson, Piero Cappuccilli, Cesare Siepi, Ruggero Raimondi. Il Massimo fu anche luogo di scoperte di artisti allora quasi esordienti come: Joan Sutherland, indimenticabile interprete di Lucia di Lammermoor (1960) e I Puritani (1961), Alfredo Kraus chiamato a sostituire dal secondo atto Mario Filippeschi nel Rigoletto del 1957, Luciano Pavarotti nel Rigoletto del 1962.

Il Teatro Massimo scoprì, inoltre, in quegli anni la propria vocazione internazionale partecipando a numerose tournées. Per tre anni di seguito fu invitato al Festival di Wiesbaden (1960 Turandot e Falstaff con Giuseppe Taddei e la regia di Franco Zeffirelli; 1961 Puritani e Bohème rappresentate anche a Stoccarda; 1962 Otello (con Ilva Ligabue, James Mc Cracker e Tito Gobbi, regia di Herberth Graf, direttore Oliviero De Fabritiis) e Don Pasquale) e per due anni (1963 Don Pasquale e 1965 Il matrimonio segreto 1965) a Schwetzingen. Nel 1962 fu a Parigi (Théatre des Champs Elysées) con Don Pasquale, Turandot e Otello). Nel 1969 si recò a Dubrovnik (Simon Boccanegra, Don Pasquale, Il barbiere di Siviglia) e nel 1972 al Festival di Edimburgo con tre splendide produzioni: Attila (con, tra gli altri, Ruggero Raimondi e Renato Bruson, direttore Giuseppe Patanè), La Straniera (con Renata Scotto, direttore Nino Sanzogno, regia di Mauro Bolognini, scene e costumi di Marcel Escoffier) ed Elisabetta regina d’Inghilterra (con Leyla Gencer, direttore Nino Sanzogno, regia di Mauro Bolognini, scene e costumi di Gaetano Pompa). Il Massimo ebbe anche l’onore di essere invitato a Torre del Lago per il Festival pucciniano nel 1958 (Tosca con Giuseppe Di Stefano, Antonietta Stella, Anselmo Colzani direttore Nino Sanzogno e Turandot con Lucille Udovick, Flaviano Labò, Rosanna Carteri, Agostino Ferrin, direttore De Fabritiis) e nel 1962 (Fanciulla del West con Antonietta Stella, Giuseppe Di Stefano Anselmo Colzani, direttore sempre De Fabritiis, regia di Enrico Frigerio e Bohème con Ilva Ligabue, Gianni Raimondi, Mariella Adani, Rolando Panerai, direttore Luciano Rosada) nonché a Busseto (1963) dove presentò Otello e Il Trovatore, entrambe dirette da Nino Sanzogno.

Gli anni dal 1974 al 1977

Tra il 1974 e il 1977, il Teatro fu retto da Commissari straordinari di nomina ministeriale (Pietro Cardia 1974-1976 e Alberto Mancini 1976-1977) fino alla ricostruzione degli organi amministrativi nell’agosto 1977, anno della nomina a sovrintendente di Ubaldo Mirabelli (direttore artistico Girolamo Arrigo).

Nel frattempo, il 15 gennaio 1974, con l’esecuzione del Nabucco in forma oratoriale veniva decretata la chiusura del teatro per inagibilità legata alla normativa di sicurezza e la produzione degli spettacoli veniva trasferita al Politeama Garibaldi. Questa chiusura, che doveva essere momentanea, diventò invece definitiva poiché dovette passare oltre un ventennio prima che il Massimo potesse tornare a vivere.

I primi anni di esilio al Politeama Garibaldi furono comunque caratterizzati da alcune interessanti produzioni: Il Guarany di Gomez e Armida di Gluck (1974), Cecchina o la buona figliola di Piccini, Il prigioniero di Dalla piccola e Pubblicità ninfa gentile di Negri e Ifigenia in Tauride di Gluck (1975), Il mulatto di Meyerovitz e Lo zar si fa fotografare di Weill (1976), La carriera di un libertino di Britten, Le docteur Miracle di Bizet e Monsieur Choufleuri di Offenbach (1977).

Scena da La Rondine di Puccini (1986).

Foto Allotta Palermo

La sovrintendenza Mirabelli (1977-1995)

La sovrintendenza Mirabelli (1977-1995), la più lunga nella storia del Teatro Massimo, dovette affrontare anzitutto il problema del “teatro senza teatro”. Da qui nacque una nuova linea di gestire l’attività che vide l’Ente moltiplicare le iniziative nel territorio, proponendosi il teatro quale soggetto attivo della diffusione del patrimonio musicale in centri tagliati fuori dai normali circuiti e andando dalla gente per portare la gente in teatro. Il pur glorioso Politeama non era, infatti, il Massimo ed il pubblico che frequentava il teatro cominciò a cambiare. Il teatro si aprì alle scuole di ogni ordine e grado, all’università, ai lavoratori, ai circoli culturali, ai giovani ed agli anziani fino a puntare su 14 turni di abbonamento, di cui oltre la metà a prezzi ridottissimi. Da fruitore del star-system, inoltre, il teatro si trasformò in un vero e proprio talent-scout. Furono quelli, infatti, gli anni del lancio di cantanti allora poco conosciuti ed oggi affermati in carriera: da Leo Nucci a Luciana Serra, a Mariella Devia. Anche le stagioni artistiche, che venivano accompagnate da un capillare lavoro di presentazione delle produzioni nelle scuole, continuarono a proporre, oltre al repertorio tradizionale, direttrici innovative e recuperi di opere desuete: Il turco in Italia (1977), Otello con la regia di Sylvano Bussotti (1980), Tancredi (1987) e L’occasione fa il ladro (1991) di Rossini, Les mamelles de Tirésias di Poulenc e Porgy and Bess di Gershwin (1978), la novità assoluta Hosanna di Barbara Giuranna (30 maggio 1978), Arlecchino di Busoni e Il giro di vite (1979), L’opera del mendicante (1980), Il sacrificio di Lucrezia (1983), L’arca di Noè (1994) e Peter Grimes (1995) di Britten, Don Perlimplin di Rieti (1979) in prima esecuzione in Italia, La favola del figlio cambiato di Malipiero (1980), La Clemenza di Tito (1981) ed Idomeneo (1983) di Mozart, L’idiota (1981) e Il mantello, Era proibito e Proceduta penale di Chailly (1994), La donna serpente di Casella (1982), Il ritratto di Dorian Gray di Mannino (1983), Il console di Menotti (1984), Alcina di Haendel (1985), La Rondine di Puccini e La grande-duchesse de Gérolstein di Offenbach (1986), Semirama di Respighi e Jonny spielt auf di Krenek (1987), Die schhweigsame Frau di Strauss, Fedra di Pizzetti, Le donne curiose di Wolf Ferrari, La belle Hèlène di Offenbach (1988), La Wally di Catalani e Fra Diavolo di Auber (1989), Le allegre comari di Windsor di Nicolai e Risurrezione di Alfano (1990), Dafni di Mulè, Das Liebsverbot di Wagner e Il Mikado di Sullivan (1991), La reginetta delle rose di Leoncavallo e Re Ruggero Szymanowski (1992), Esclarmonde di Massenet, Oedipus Rex di Strawinsky, Antigone di Honneger ed Eva di Lehar (1993) nonché la prima assoluta di Alice di Giampaolo Testoni (30 aprile 1993), Roberto Devereux di Donizetti, Didone ed Enea di Purcell, Il ballo delle ingrate di Monteverdi (1994), Zaza di Leoncavallo e Der Traumgörge di Zemlinsky (1995).

Nel solco degli anni precedenti ampio spazio ebbero ancora le rappresentazioni di opere russe: L’Angelo di fuoco (1978) e Guerra e Pace (1986) di Prokofiev, La dama di picche di Ciaikowsky (1984), Boris Godunov di Mussorgsky (1987), Il Naso di Shostakovich (1989), Il Gallo d’oro (1990) e Sadko (1993) di Rimskij Korsakov, Il principe Igor di Borodin (1992), Russlan e Ludmilla di Glinka (1994).

Interessanti novità della sovrintendenza Mirabelli furono, infine, a partire dal 1980 il Festival dell’Opera Giocosa, che trovò spazio nella pittoresca cornice del Baglio di Scopello, al Castello di S.Nicola a Trabia ed a Castellammare del Golfo e che portò in giro per il territorio della Sicilia Occidentali operine del Seicento e Settecento tra le quali: Lesbina e Adolfo inedito di Alessandro Scarlatti (1986), ed il ciclo Orizzonti barocchi dedicato alla conoscenza di opere del periodo barocco.

Il triennio 1995-1997

Dopo le dimissioni di Mirabelli, nel marzo del 1995 venne nominato Commissario Straordinario dell’Ente Attilio Orlando (direttore artistico Marco Betta) che nel 1996, a seguito della trasformazione degli enti lirici in fondazioni, venne poi nominato Sovrintendente.

Durante la gestione Attilio Orlando si potè assistere a spettacoli come Angelique di Ibert, Il castello del principe Barbablù di Bartok, Orfeo ed Euridice di Gluck e Pollicino di Henze (1996), Agrippina di Haendel, Orfeo all’inferno di Offenbach e Romeo et Juliette di Gounod (1997), La lupa di Tutino (1998).

L'inizio dei lavori di restaurazione (1996)

Intanto, chiusi i contenziosi che negli anni era sorti, nel 1996 iniziarono, finalmente, i lavori di ristrutturazione del Teatro Massimo, ai quali parteciparono con grande entusiasmo e passione imprese e persone lavorando incessantemente con l’obiettivo di riaprire il prima possibile il teatro.

La rinascita (1997) e il 1998

Il 12 maggio 1997, un secolo dopo la sua inaugurazione, il Massimo riuscì, grazie allo sforzo di tutti, a celebrare la sua rinascita. Anche se i lavori erano ancora in corso (erano fruibili solo la platea e i primi due ordini di palchi), il teatro venne riaperto con un concerto dell’Orchestra e del Coro della Fondazione diretto da Franco Mannino e dai Berliner Philarmoniker diretti da Claudio Abbado. Il centenario (16 maggio) fu festeggiato con l’esecuzione della Seconda sinfonia di Malher diretta da John Neschling. Fino alla fine dell’anno il Massimo fu fruibile per una stagione di concerti, mentre l’inizio della stagione 1998 si svolse regolarmente al Politeama Garibaldi. Nel teatro principale intanto fervevano i lavori per vincere la scommessa con il tempo ma anche stavolta la mobilitazione fu incredibile. Molte imprese e associazioni di artigiani si offrirono, infatti, praticamente a titolo gratuito per ultimare i lavori di restauro ed il 22 aprile 1998 la lirica ritornò al Massimo per la gioia dei palermitani e dei lavoratori del teatro che si riappropriavano della propria “casa”. In quella mini stagione che durò fino ai primi di giugno furono rappresentate: Aida, Rosenkavalier e Tannhauser. Da quell’anno in poi tutta la produzione della Fondazione ricominciò ad effettuarsi nel teatro ritrovato.

Gli anni dal 1999 al 2002

Nella stagione 1999 furono eseguite alcune rarità come Le Martyre de Saint Sebastian di Debussy e Alahor in Granata di Donizetti, opera questa che ebbe la sua prima rappresentazione al Teatro Carolino di Palermo nel 1826, e sempre in quell’anno venivano istituzionalizzati il Coro di Voci Bianche e i Piccoli Danzatori, due organismi di giovanissimi sui quali la Fondazione aveva scelto di investire già da alcuni anni. Nel frattempo si chiudeva l’esperienza della sovrintendenza di Attilio Orlando, che si dimetteva nell’aprile 1999, ed iniziava la gestione Francesco Giambrone (direttore artistico sempre Marco Betta).

Con Giambrone il teatro intensificava gli sforzi per il proprio riposizionamento nel panorama internazionale attraverso la predisposizione di nuovi allestimenti e progetti di coproduzione di alto livello tra i quali quello triennale con il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino dedicato alle celebrazioni verdiane (Rigoletto nel 2001 con la regia di Graham Vick, scene e costumi di Paul Brown, Trovatore rappresentato nel 2002 con regia, scene e costumi di Pierluigi Pizzi e l’ulteriore coproduzione con il Teatro Real di Madrid e il Gran Teatre del Liceu di Barcellona; Macbeth con la regia di Eimountas Nekrosius 2003: queste ultime due opere rappresentate successivamente ma programmate durante la sua gestione). Il teatro, inoltre, propose nel 2001 una bella edizione dei Masnadieri con la regia, scene e costumi di Pier’Alli. Altre interessanti coproduzioni furono quelle con il Teatro dell’Opera di Roma per Lady in the Dark di Weill (2001) e con il Festival Les Chorégie d’Orange, il Teatro Colon di Buenos Aires e l’Opéra de Marseille per Les comtes d’Hoffmann del 2002 per la regia di Jérôme Savary. In quel magico periodo il pubblico potè assistere a: Erwartung di Schoenberg (2000), Lulu di Berg (regia Mario Martone, scene di Sergio Tramonti e costumi di Guido Crepax) nel 2001, Die Zauberflôte di Mozart (uno splendido allestimento del teatro con la regia di Roberto Andò, scene di Giovanni Carluccio e costumi di Nina Cecchi) sempre nel 2001. Nel 2002 fu la volta di Don Giovanni di Mozart con la regia di Maurizio Scaparro, scene di Emanuele Luzzati e costumi di Santuzza Calì, Moses und Aron di Schoeberg (regia, scene e costumi di Denis Krief, La memoria dell’offesa: un trittico con Der Kaiser von Atlantis di Viktor Ullmann, Kindertotenlieder di Gustav Mahler e A survivor from Warsaw di Arnold Schoeberg, dedicato alle vittime dell’Olocausto. Infine, programmate da Giambrone furono le opere: Ellis Island di Giovanni Sollima con Elisa protagonista, rappresentata in prima assoluta con grande successo nell’ottobre 2002 e Jeanne d’Arc aux bûcher di Honneger (2003) entrambe messe in scena quando già era terminata la sua sovrintendenza.

Fu comunque quello un periodo di grande fermento che vide la Fondazione moltiplicare le sue iniziative culturali e aprire le porte ai giovani e ai visitatori di tutto il mondo in un teatro definitivamente restituito alla Città. Seppur breve il periodo Giambrone fu un periodo bellissimo ed emozionante che vide, inoltre, un aumento significativo della produzione e del pubblico, la rivalutazione e riqualificazione delle risorse interne (laboratori, complessi artistici e tecnici e riorganizzazione dello staff), la valorizzazione del Coro di Voci Bianche e dei Piccoli Danzatori particolarmente attivi e impegnati negli spettacoli della Fondazione, la lotta per la riapertura di tutti i teatri chiusi, la nuova strutturazione degli spettacoli all’aperto con l’ideazione del Festival di Verdura aperto a diversificati eventi artistici di grande livello, un’attenzione rinnovata verso la danza, il ripensamento dell’attività promozionale delle masse artistiche, la creazione del polo scientifico-museale e la pubblicazione della rivista di culture musicali Avidi Lumi in tre lingue, una delle quali in arabo, la prima trasferta all’estero dell’Orchestra, dopo 28 anni, ad Hannover nel 2000 e sempre dell’Orchestra e del Coro diretti da Zubin Mehta nel 2001 all’Accademia di Santa Cecilia, il potenziamento del progetto dedicato a Scarlatti, del progetto sul barocco e di Opera-Laboratorio, le miriadi di iniziative dedicate alla danza tra seminari, pubblicazioni e videorassegne, il potenziamento del marketing culturale attraverso iniziative e l’utilizzo di nuovi e più efficienti canali di comunicazione con il pubblico. Tutto questo servì a rinsaldare ancora di più il rapporto tra i cittadini ed il proprio teatro ed ad attirare l’attenzione di stampa e di addetti ai lavori consentendo al Massimo di riappropriarsi del suo ruolo culturale ma anche di riconquistare il posto lasciato vacante tra i più importanti teatri nazionali ed internazionali.

Gli anni dal 2002 al 2005

Terminata l’esperienza Giambrone, iniziava, nel luglio 2002, un nuovo periodo legato alla nomina di Claudio Desderi sovrintendente (direttore artistico Roberto Pagano). Ma qui siamo quasi già al presente. Dopo alcune belle produzioni, Ellis Island e Jeanne d’Arc au bûcher, Trovatore e Macbeth già citate, troviamo, tra le altre proposte, anche una preziosa Lakmè di Delibes con Desirée Rancatore, La pulzelle d’Orleans di Ciakowsky con Mirella Freni, Hansel e Grethel di Humperdinck nel 2003. Dopo le dimissioni di Desderi, avvenute nell’ottobre 2003, venne nominato, nel mese di dicembre 1003, sovrintendente Pietro Carriglio, già direttore del Teatro Stabile Biondo di Palermo. Anche questa sovrintendenza (direttore artistico Piero Bellugi) durava pochi mesi: il tempo di assistere, tra gli altri, ad una pregevole Luisa Miller con un nuovo allestimento firmato Puggelli-Spinatelli, Der Fliegende Holländer di Wagner (nuovo allestimento di Giovanni Carluccio e Nanà Cecchi con la regia di Roberto Andò), una deliziosa Serva padrona di Pergolesi e a Dannata epicurea, opera in prima esecuzione assoluta, di Matteo D’Amico che riapriva dopo tantissimi anni l’antico Teatro Bellini di Palermo alla lirica.

Dal mese di dicembre 2004 è sovrintendente del Massimo Antonio Cognata. Del 2005, stagione già programmata dal precedente sovrintendente, ricordiamo Pelleas et Melisande di Debussy e Salomè diretta da Gabriele Ferro, con un nuovo allestimento di Paolo Tommasi e regia di Antonio Calenda. Fanno, invece, parte della nuova gestione: Persée e Adromède di Ibert insieme con il Castello del principe Barbablù di Bartok e l’operetta estiva Al Cavallino bianco di Benatzki.

La stagione 2005/2006

Intanto, il pubblico di Palermo guarda già con grande interesse alla nuova stagione 2005/2006, firmata Antonio Cognata-Lorenzo Mariani (direttore artistico), dedicata ai “Nuovi mondi”, che si inaugura il 12 novembre 2005 con il Re Ruggero di Szymanowki.

La vita artistica del Massimo, dunque, prosegue. Sono passati cento e più anni di splendore e di sconforto, di vittoria e di sconfitta, come nella comune esistenza di ciascuno di noi. Per certi versi, il Massimo per il cittadino palermitano, ha il volto della Città dove alternativamente si incrociano periodi di decadenza e di crescita ma è anche una casa accogliente ed è soprattutto il simbolo tangibile della crescita culturale della collettività cittadina. È bello pensare quante cose siano mutate in tutti questi anni, quante persone si siano prodigate perché il Teatro sia oggi vivo e produttivo ed è forte da parte di tutti (lavoratori e cittadini) l’impegno di vigilare e di non permettere più che possa abbattersi ancora l’affronto di una chiusura vergognosa durata oltre vent'anni.

Prima parteseconda parte