Che cos'è veramente lo yoga? Intervista a Roberta Romualdi

7 agosto 2019

Iniziamo sgomberando il campo da dubbi e da preconcetti: che cos'è e che cosa non è lo yoga?

Lo yoga è uno dei sistemi filosofici riconosciuti della filosofia indiana. Trae le sue origini direttamente dai Veda che risalgono al XX secolo a. C. ed è strettamente connesso con la filosofia "Samkhya Darshan". Lo yoga è una scienza di autorealizzazione, che aiuta il "sadhaka", colui che percorre la via dello yoga, a riconoscere la sua vera natura e ad essere libero da qualsiasi condizionamento esterno. Lo yoga è unione con se stessi e con il tutto. Lo yoga è Essere, è risiedere nella propria natura, nella propria forma "svarupa", la forma del Sé, per riconoscersi parte indissolubile del Tutto. Tutto il resto non è yoga.

E ora una domanda un po’ provocatoria: quanti tipi di yoga ci sono?

L’obiettivo nonché fine ultimo dello "Yoga Darshan" è liberare ed isolare ciò che è di natura eterna dalle implicazioni del mondo materiale e trovare una risposta alla domanda: "Chi sono Io?" Per questo lo yoga è conosciuto come una scienza di autorealizzazione. Le varie tecniche dello yoga mirano ad ottenere uno stato di coscienza in cui le attività mentali come la percezione, la capacità di analizzare e la capacità di immaginare si sospendano per lasciare spazio ad uno stato che va oltre la mente e risiede in un stadio di coscienza non identificato. L’individuo per realizzare le proprie potenzialità, dal punto di vista della maturazione interiore, può percorrere diversi cammini:

"Jnana yoga" ("jnana" = conoscenza, ragionamento, analisi): l’autorealizzazione è ottenuta attraverso il ragionamento e l’analisi. Si utilizza l’intelletto per trascendere la propria natura e rivelare la sua vera essenza.

"Bakti yoga" ("bakti" = devozione): totale dedizione e abbandono al "Divino" sono alla base di questa forma di yoga.

"Karma yoga" ("karma" = azione): alla base c’è l’azione disinteressata, senza coinvolgimento emozionale, senza l’attesa di un risultato; il presupposto è che "il lavoro è preghiera".

"Dhyana yoga" ("dhyana" = stato continuo di consapevolezza): è lo yoga della meditazione.

La popolarità crescente dello yoga nei tempi moderni ha portato alla nascita di molteplici yoga che tendono a mettere in risalto l’aspetto fisico, quindi la pratica sul corpo, perdendo quell’attitudine ad abbandonare il fare per Essere semplicemente.

Com'è avvenuto il tuo incontro con questa disciplina e perché hai deciso di diventare insegnante?

Il mio incontro con lo yoga è avvenuto nel 2002. In quel tempo soffrivo di mal di testa. A seguito di una visita neurologica mi era stata diagnosticata la cefalea tensiva cronica e prescritto un trattamento farmacologico. Non trovando alcun sollievo e rimedio nel trattamento farmacologico avevo prenotato una nuova visita neurologica. Il neurologo mi suggerì di rivolgermi ad una sua collega esperta in tecniche di rilassamento. Partendo dalle tecniche di rilassamento e trovandone subito giovamento emerse la curiosità di sperimentare la pratica dello yoga. Fu amore alla prima lezione. Mi iscrissi al corso per tutto l’anno e quello successivo incominciai la scuola per diventare insegnante affascinata dalla filosofia dello yoga. Insegno dal 2007. L’insegnamento è per me una grande opportunità per approfondire la mia esperienza e lo studio dello yoga.

Che cosa rappresenta lo yoga nella tua vita?

Lo yoga è parte integrante della mia vita. La sua filosofia, la meditazione, la pratica: tutto porta al contatto con se stessi e alla conoscenza di sé. Ed è proprio la conoscenza di sé che mi permette di vivere la mia vita da protagonista. Attenzione! È un percorso che dura una vita: il non pensarsi mai arrivati ed essere sempre aperti al nuovo mi predispone ad accogliere ogni nuova esperienza nel giusto stato d’animo!

Come costruisci una tua lezione?

Nell’insegnamento dello yoga, ritengo sia fondamentale il rispetto della tradizione, con aderenza ai testi di riferimenti, e dell’unicità di ciascun individuo. Le mie lezioni hanno un approccio esperienziale. La pratica promuove una conoscenza basata sull’esperienza di quanto avviene all’interno del proprio corpo, educando l’individuo a lavorare, attraverso la percezione di sé, con il corpo, il respiro, le emozioni, i pensieri e i comportamenti, riportando l’unione tra corpo, mente e spirito, che si traduce in una maggiore consapevolezza di sé e un totale benessere psico-fisico ed emotivo. La pratica deve aiutare a ridurre la stimolazione proveniente dagli organi di senso che ci mettono in collegamento con il mondo esterno, per favorire e promuovere la percezione di sé. È attraverso la percezione di sé che possiamo entrare in contatto con noi stessi favorendo così l’esperienza di sé, a tutti i livelli: fisico, psichico, emotivo, energetico. Grazie all’esperienza miglioriamo la conoscenza di noi stessi e la nostra consapevolezza. Quando siamo consapevoli possiamo scegliere ciò che è meglio per noi. La pratica delle "asana" (posizioni yogiche) è utile per lavorare su stessi, sulla capacità di trovare in qualsiasi forma del corpo, così come in qualsiasi situazione della vita, l’armonia dell’insieme e mantenere il proprio equilibrio, la propria chiarezza mentale che vengono promossi proprio dall’esperienza di sé e dalla consapevolezza che ne deriva.

Durante le tue lezioni, spesso affermi che, quando si esegue una pratica, non è importante farla, ma esserci, essere nel qui e nell'ora, essere presenti a se stessi. Questo è uno dei cardini dello yoga, che lo diversifica dalla ginnastica. Quali sono altre differenze?

Lo yoga non può essere accumunato in nessun modo ad un’attività prettamente fisica perché il suo obiettivo è assaporare lo stato esistenziale dell’Essere. Dobbiamo abbandonare il senso del fare, per Essere semplicemente. Nelle Upanishad viene espresso il concetto dei "Pancha Kosha", i cinque aspetti dell’individuo:

1) aspetto fisico: "Annamaya Kosha"

2) aspetto energetico-funzionale: "Pranamaya Kosha"

3) aspetto sensoriale: "Manomaya Kosha"

4) aspetto governato dal pensiero: "Vijnanamaya Kosha"

5) aspetto dell’essere totale: "Anandamaya Kosha"

E viene sottolineato che per accedere ad "Ananda", uno stato di coscienza non disturbato, nel quale si sperimenta pace e serenità, è necessario lavorare su tutti gli aspetti dell’Essere, imparando ad affrontare le tensioni ai vari livelli:

- consapevolezza a livello del corpo fisico

- consapevolezza dei movimenti respiratori

- consapevolezza degli aspetti intellettuali della propria esistenza.

Le Upanishad suggeriscono un percorso di conoscenza di sé, che si snoda dall’esterno, la struttura fisica, al nocciolo dell’Essere, la coscienza.

Nella pratica, siamo invitati a dirigere la nostra attenzione al corpo "Annamaya Kosha", ascoltare le sensazioni che emergono, riconoscendo lo stato di essere della propria struttura fisica e, in caso di tensioni , rigidità e blocchi e favorirne il rilascio.

In ugual misura, siamo invitati a fare esperienza della struttura funzionale "Pranamaya Kosha", portando la propria attenzione a quella funzione che ci accompagna per tutta la vita, che è possibile sperimentare in qualsiasi momento e influenzare volontariamente: il respiro.

"Manas" è la facoltà che ci permette di percepire e di sperimentare sia l’ambiente esterno sia quelle sensazioni che si attivano dentro di noi e che riguardano quello che sentiamo all’interno. È l’aspetto sensoriale della mente che permette l’esperienza di Sé, grazie alle sensazioni sensoriali afferenti, che inviano input al sistema nervoso centrale attraverso gli organi di senso speciali e attraverso gli organi di senso generali. "Manas" è legata anche alla percezione dei nostri stati emotivi.

"Vijnana" è l’aspetto dell’intelletto che ragiona, analizza, sintetizza, decide, discerne, integra, interpreta, favorendo la comprensione del proprio stato di benessere o malessere.

Ed è proprio la consapevolezza di sé che guida l’individuo verso lo stato di "Ananda".

Lo yoga propone delle pratiche fisiche per portare attenzione al corpo e al respiro perché entrambi sono la cartina tornasole dell’emozioni, delle sofferenze, delle gioie. Il corpo è l’immagine esterna dell’Essere più profondo. Il dolore, la tensione che vengono vissuti a livello fisico sono il risultato di ferite emozionali che non si sono mai rimarginate, così come l’alterazione della fisiologia del respiro evidenza uno stato disarmonico dell’Essere. È importante comprendere a quale livello si crea disarmonia e praticare per ritrovare il proprio equilibrio. Il cammino dello yoga è un percorso "di ritorno" verso se stessi, perché ci porta a ricercare chi siamo veramente, nella profondità dell’Essere.

Lo yoga si può iniziare a qualunque età? Con quali accortezze?

Lo yoga è un percorso di conoscenza di sé e può essere praticato a qualsiasi età. L’unica accortezza, che vale per tutti i praticanti, qualsiasi sia la loro età, è quella di privilegiare l’ascolto, il rispetto per le sensazioni che emergono dall’interno e far sì che la pratica sia sempre un’esperienza soggettiva. L’energia del gruppo è importante, è di supporto nella pratica, ma lo yoga comunque rimane sempre un percorso strettamente individuale. È importante ricordare che la pratica fisica, quindi aspetto più fisico dello yoga, è solo uno strumento di purificazione. Il corpo è la via per raggiungere l’Essere: dall’aspetto più materiale a quello più sottile, energetico.

Esistono "asana" o sequenze di "asana" rischiose per chi non ha esperienza?

Non esistono "asana" o sequenze di "asana" rischiose per i nuovi praticanti. Come già ribadito è importante promuovere l’ascolto e il rispetto delle proprie possibilità. È fondamentale anche comprendere che "asana" non è solo una posizione fisica, una forma che il corpo assume, facendo sì che "asana" rappresenti lo Stato interiore del praticante. Asana è là dove il Sé risiede. La pratica coinvolge la struttura fisica, per purificarla, per trascenderla e quindi superare l’identificazione con il corpo fisico, che non è altro che il punto di partenza per accedere all’individuo.

Patanjali negli Yoga Sutra, che è uno dei principali testi di riferimento dello yoga, non parla di forma del corpo e, quindi, quale deve essere la posizione. Evidenzia quale deve essere la percezione: la posizione deve essere stabile e confortevole e deve essere mantenuta in assenza di sforzo per aiutare la mente ad aprirsi verso una percezione di infinito.

"Sthira Sukham Asanam" (P.Y.S. II-46)

"Ciò che è stabile e comodo è Asana."

"Prayatna Shaitilya Ananta Samapattibhyam" (P.Y.S. II-47)

"L’assenza di sforzo porta la mente ad orientarsi verso l’infinito."

"Tato Dvandva Anabhighatah" (P.Y.S. II-48)

"Allora la tensione scompare."

"Tasmin Sati Svasa Prasvasa Yor Gati Vicchedah Pranayamah" (P.Y.S. II-49)

"Essendo raggiunta l’Asana, in modo stabile e comodo, confortevole per il corpo e per l’individuo, si diventa consapevoli dei movimenti del proprio respiro, Svasa e Prasvasa, dell’energia, Prana, che ne produce il movimento e di come questa energia agisce dentro di noi."

I concetti appena enunciati possono riferirsi anche a livello fisico ma devono essere presi in considerazione a livello mentale o esistenziale. Quando scompare la tensione verso il mondo esterno, la stimolazione dell’attività sensoriale, l’attivazione dei pensieri, il legame con il proprio vissuto e la proiezione verso il futuro, si diventa consapevoli di quella energia vitale che abita dentro il corpo, accedendo allo stato di esistenziale dell’Essere.

Quali sono i benefici per chi pratica yoga?

I benefici per chi pratica yoga sono molteplici ed interessano tutti gli aspetti dell’individuo. Molteplici sono gli studi scientifici che ribadiscono quanto già affermato dai milioni di praticanti. Basta visitare il sito https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed ed inserire nella ricerca la parola yoga. L’elenco è veramente lungo ma è riferito sempre agli aspetti più grossolani dell’individuo. Il vero obbiettivo dello yoga, come "darshan" (visione) vedico, è la liberazione dal dualismo, dalla soggettività, dall’identificazione dell’io. C’è un’altra libertà a cui i veri praticanti anelano, quella finale e definitiva, "Moksha" grazie alla quale l’anima non è costretta a re-incarnarsi.

Nei tuoi allievi, mano a mano che il tempo passa, noti cambiamenti?

Io incontro tante persone a volte per una pratica, a volte per qualche mese e molte volte per anni. Quello che noto di più è la luce dei loro occhi al termine della pratica, quella luce interiore che era velata all’inizio della pratica da tutte le sovrastrutture che ci creiamo per sopravvivere in questo mondo.

Quanto è importante la meditazione nello yoga?

È parte integrante del percorso di conoscenza di Sé. Per me la meditazione è: "Il sapersi fermare e ascoltare la vita che scorre dentro di me. È un processo pieno di insidie, ma se riesco a risiedere anche solo per un solo istante, percepisco che Tutto è perfetto!, e respiro l’Infinito".

Lo yoga rilassa e nel contempo energizza. Perché e come avviene questo prodigio?

L’effetto benefico dello yoga è legato alla possibilità di indirizzare la propria energia nella pratica e non disperderla in mille direzioni. Riflettiamo: se noi utilizzassimo la stessa batteria per ascoltare la radio, guardare la TV, passare l’aspirapolvere, fare andare la lavatrice, la lavastoviglie, il forno e via dicendo, la sua carica si esaurirebbe molto prima che se la utilizzassimo solo per accendere una luce. Lo stesso avviene nella nostra quotidianità dove la nostra attenzione, e di conseguenza la nostra energia, viene dispersa in più direzioni, portandoci facilmente ad un senso di stanchezza. Quando siamo consapevoli, la nostra attenzione e la nostra energia sono focalizzate su un unico oggetto, attività o quant’altro e possiamo essere nell’azione, ma la mente non vagabonda per mille strade, ma risiede nel qui e ora permettendoci di vivere la pienezza del momento presente.

Quale consiglio daresti a chi vuole avvicinarsi a questa disciplina?

Prova! Sperimenta! E vai dove ti porta il cuore… Ognuno di noi ha il suo percorso da compiere!

Ci lasciamo con un saluto, un incoraggiamento o un mantra o con tutte e tre le cose?

"Lokah samastha sukhino bhavanthu.

Om shanti shanti shantih Om."

"Che tutti gli esseri di tutti i mondi possano essere felici."

È il mio mantra preferito. Non possiamo mai dirci completamente felici se ogni essere non è felice, perché siamo tutti parte di un tutto inscindibile. Quando comprenderemo questo concetto saranno eliminati da ogni vocabolario le parole guerra, odio, violenza eccetera e con esse anche le parole paura, tristezza, sofferenza eccetera. Questo è il mio saluto, il mio augurio, la mia speranza. Shanti!


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