Nell'andato
A Giorgia Di Marco e
a Rosita Morelli
Quadro
di Gloria Chiappani Rodichesvki.
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Lo so, non sei qui
e il liquefarsi del tuo volto
m’annuvola il cuore.
Per questo ho deciso
di danzare coi tuoi occhi.
Un tremito
intermittente di benevolenza
segue i miei gesti.
Tu là, nell'andato per sempre,
nel non ritorno.
Io qui, nella sedimentazione
della vallata di nebbia,
in ascolto.
In ascolto.
Le chiose di Anna Bazzo Moretti
L’autrice sa. Da sempre sa che la morte consuma la fisicità,
il "peso" della persona scomparsa: nel primo verso infatti i verbi
della conoscenza e dell’esistenza sono stati coniugati nella loro brevità
monosillabica per sottolineare un’evidenza alla quale non possiamo sottrarci. E
l’acqua che lava e porta via i tratti del volto caro non può che condensarsi in
nuvole che gonfiano e annebbiano il cuore.
Tanta consapevolezza, tuttavia, porta per mano l’autrice, da
una stasi iniziale, a un libero movimento: una danza con gli occhi tanto
amati. Gli occhi, il simbolo per eccellenza delle vita esteriore e
interiore. Gli occhi, che si aprono e si chiudono durante la vita e si aprono e
si chiudono in qualsiasi ricordo. In questi gesti teneri e lievi, l’autrice
percepisce – e noi con lei – una benevolenza non tangibile, un
tremito intermittente, quasi un battere di ciglia in una dimensione
che va al di là del peso fisico: la vita e la morte danzano insieme in un
continuo e reciproco aprirsi e chiudersi gli occhi.
Ma quando il sublime duetto trova una temporanea fine, ecco
che il distacco diventa ancora più doloroso e gigante; e genera l’amara
consapevolezza che esiste un andato per sempre, e un non ritorno
nello spazio destinato alla nostra fragile natura.
Non rimane che l’ascolto; l’ascolto delle
sottilissime voci, degli amorevoli richiami che forano, come stelle nella notte,
la vallata di nebbia, la sedimentazione dei tanti ricordi. Ma
fanno anche ricominciare e ricominciare quella danza, viva e reale, per la
quale possiamo immaginare qualsiasi coreografia.