La triarchia letteraria Loda-Chiappani-Rodichevski

http://www.chiappani.it/

Gloria Chiappani Rodichevski racconta:

La passione per la scrittura mi deriva da mia madre, la quale ha dunque avuto una fondamentale importanza nella mia formazione intellettuale e scritturale.

Iniziai a comporre poesie all'età di cinque anni, ma – non sapendo ancora scrivere – dettavo proprio a mia madre le mie composizioni, che ella raccolse in un quaderno. Quando ne fui in grado, cominciai a scriverle io stessa in quel quaderno. Successivamente mi dedicai anche alla prosa con racconti, articoli, opere teatrali, critica ed altro.

Con mia madre c'è un continuo confronto dal punto di vista intellettuale e scritturale. Nacqui che ella scriveva già, essendosi dedicata alla scrittura in età adolescenziale, quindi io sono cresciuta immersa nel suo tessere parole. Cominciai prestissimo a leggere le sue opere. Durante le scuole elementari le chiedevo di farmi leggere le poesie più semplici che trattavano temi naturalistici (qualcuna la imparai a memoria) e i racconti i cui protagonisti fossero animali. Rammento anche nitidamente che, verso gli undici anni, desiderai leggere il suo libro di memorie d'anteguerra, Ognuno è solo, ma desistetti dopo aver affrontato la prima mezza facciata perché era troppo difficile per me.

Tra i ricordi più significativi ce n'è uno che risale ai tempi del liceo: quando tornavo a casa per pranzo, mentre io consumavo il pasto (mia madre aveva già provveduto per sé un’ora prima), ella mi leggeva un nuovo brano del romanzo che allora stava componendo, Berto-coscienza. Era gioia vedere una storia che prendeva corpo e si snodava, mentre io percorrevo i miei giorni di adolescente, che dividevo tra studio, letture e scrittura.

Attualmente trascorriamo ore intere in un reciproco leggerci e rileggerci. I nostri stili, sia poetici sia prosastici, sono completamente diversi e non di rado ci divertiamo quando una di noi due trasforma un componimento – soprattutto poetico – dell'altra secondo il proprio stile.

Scriviamo però anche poesie a quattro mani. Si tratta di componimenti perlopiù di breve respiro, che nascono da momenti di comunione profonda, momenti in cui cioè "la convivenza diventa una benedizione". Una di noi crea, nel parlare, inaspettatamente una metafora e l'altra, che se ne accorge, oppone il palmo aperto della mano, come a dare l'alt poiché rileva la validità poetica di detta metafora. Allora la metafora diventa verso, al quale si aggiunge un altro verso e immagine completa immagine.

Le brevi poesie che seguono sono nate da quei "momenti".

Tempi siderali

Siamo troppo inesperti,
non bastano tempi siderali
per capire parole
intrecciate di fumo.

Abiti sfatti

Ho appeso i miei sogni nell'armadio,
abiti sfatti dalle tarme.

Cenere e sinfonia

Velo tenue
di cenere sparsa su sinfonia
che ascolto a cuore sperso.
Cenere bianca.

Satana

Basta una linea d'ombra
perché Satana imperversi.

Casa

Costruisco la mia casa
coi libri e la sapienza.

Poesia politica

Vai pure e tenta
se non si vede
un'eclatanza di raccomandazioni.

Anche con mio marito scriviamo poesie a quattro mani, come lui stesso avrà occasione di dire.

Alexandre Rodichevski racconta:

Da bambino ho sempre amato la favola, le fiabe e la fantascienza. Dopo aver letto tutto quello che trovai in casa, cominciai ad inventare le mie storie private: con esse "torturavo" i genitori e i nonni. La fantasia fu un motore essenziale, nel mio caso, per gli studi di matematica e di fisica che compii presso l'Akademgorodok di Novosibirsk - Accademia di Scienze della Russia.

Solo quando incontrai le due Chiappani, assorbendo l'atmosfera della casa, mi accorsi che nel mio sentire la fiaba e anche la favola sono poesia. Ecco allora che, impadronitomi maggiormente della lingua italiana (studiata quando ero ancora in Russia), riuscii ad esprimermi in modo poetico deducendo che, in me, la poesia è sempre stata in embrione ed aspettava solo il momento per essere concretata.

Qui di seguito propongo alcune poesie: le prime tre sono scritte a quattro mani con mia moglie, le altre tre a quattro mani con mia suocera e le ultime quattro sono mie.

Mangiava il tempo

lui
mangiava il tempo,
largamente assetato d'oasi.

E refrigerio.

Il tempo degli abbracci

smarrisco
il tempo
in un abbraccio

Il gatto notturno

Miagolavo la mia poesia
per sedurre i sogni,
dai tetti.

Vento

Ho appiccicato il vento
con il mio respiro.

Pozzi

Scavo pozzi nell'anima
trovando
acqua di paura.

Occhi chiusi

Scrivo poesie a occhi chiusi
sul pallido guanciale dell'insonnia.

Riposare

Mi metto sopra una stella e dormo.

All'eco

Imprimi negli spazi tra le rocce
il verbo che vola.
Fammi rivivere
i miei attimi mortali.

A Celeste

mi rinchiudo di più
eliminando dal mio essere
le virgole alla fine delle righe

A Gloria

Bevo dai tuoi baci
le ultime gocce
dell'estate.

Celeste Chiappani Loda racconta:

Qualcuno può ritenere che un uomo (o donna) di scienza non abbia una mente atta per scrivere, narrativa o poesia. Ciò non è vero, basti pensare a Giulio Bedeschi, Rosario Magrì, Bruno Tacconi, Mario Tobino e chissà a quanti altri più o meno conosciuti. Essi sono personaggi noti a tutti, ma ho conosciuto altri laureati in materie non umanistiche che si sono cimentati nella poesia con buon risultato, pure se non hanno raggiunto la notorietà.

Ciò che qui ho scritto si ricollega alla presentazione che ha fatto di sé mio genero e serve anche per introdurre quanto segue: la sua fantasia, questa voglia di creare un mondo fantastico, in cui calarsi lo accompagna anche ora. Purtroppo il lavoro adesso lo assorbe quasi completamente, ma non rinuncia ad immaginare almeno nuclei, molti dei quali, tempo fa, mi espose. Abbozzi sui quali lavorai elaborandoli, dando loro un corpo fatto di sequenze logiche. Ne uscì un volume di trentun componimenti intitolato Dall'altra parte (favole e fiabe forse solo per adulti). Spunti di Alexandre Rodichevski - Elaborazione di Celeste Chiappani Loda (edito a Torino nel 2003). Da esso ne estrapolo una che porta il titolo Il girasole, facendolo precedere dalla nota che apre il volume.

 

Ritengo questo un lavoro insolito, non perché è a quattro mani (se ne incontrano), ma per il tipo di collaborazione.

Spunti di… Idee-lampo, scaturite dalla fantasia in modo estemporaneo e rappresentanti un nucleo che intriga.

Elaborazione di… Lavoro che indulge al dettaglio e che si avvale di una fantasia adeguata, la quale non prevarica mai un'attenzione scrupolosa alla realtà.

Da questa unione, apparentemente eterogenea (essendo i due collaboratori assai diversi tra loro come età, cultura, forma mentis e modo di sentire), è uscito un lavoro compatto, legato dal principio alla fine da un evidente fil rouge, dove i personaggi si materializzano dal nulla, scompaiono, mutano la loro natura passando dal positivo al negativo e viceversa. Fin qui soccorre la magia. Ma questi personaggi si muovono anche in un contesto di situazioni che fanno parte del nostro quotidiano, come causa od effetto di atti tipicamente umani, puntigliosamente realistici, necessari all’economia di un lavoro dove l’intento didascalico è affidato ad una simile commistione. La quale ha inoltre il compito di giustificare il “forse solo per adulti”.

Il girasole

Il grosso Girasole, tenendo la testa piegata, pensava alla sciocca credenza che dice come questi fiori girino la corolla, durante l'arco della giornata, per seguire il "cammino" del sole. È vero che lui e i suoi compagni amavano l'astro e ne assorbivano il calore da cui i petali traevano la bella luminosità, ma certamente non giravano su se stessi, da est a ovest, per un intero dì. Poi pensò al fatto che la sua testa era tanto pesante perché i semi erano ormai maturi. E ciò significava che a giorni, forse il giorno stesso, sarebbero venuti a tagliarlo alla base: questo coincideva con la fine della sua vita abbarbicata alla terra; se qualcosa fosse accaduto ancora, dopo tale operazione, non conosceva; del resto non gli importava saperlo. Tale era il destino suo e di tutti i suoi fratelli passati e futuri. Ogni essere vivente ne ha uno al quale è impossibile opporsi; ma nonostante fosse convinto di ciò non si rassegnava al fatto che, tra tutti gli esseri che popolano il pianeta, solo le piante, grandissime come gli alberi e minuscole come l'erba più sottile, fossero costretti a restare, vita natural durante, ove il loro seme aveva attecchito, per puro caso o per volere dell'uomo.

Oh, che sogno assurdo il suo!: poter diventare un uomo…

Oramai il sole era tramontato e già si poteva vedere una luna così fulgida da non averne mai visto di simili. Il Girasole si incantò ad osservarla: era come se una grande forza tenesse fisso il suo sguardo alla luce tanto diversa da quella del sole, e nel frattempo sentì un lungo brivido percorrerlo dalle radici all'ultimo petalo. Un po' vergognoso guardò di sottecchi i suoi compagni: era un tipo molto schivo che amava tenere per sé i suoi sentimenti, le sue emozioni. Con gran sollievo s'accorse che intorno a lui o dormivano o stavano per addormentarsi. Be', a questo punto non gli restava che imitarli, anche se i grilli e le civette sembravano più rumorosi del solito: forse quella luna eccezionale esercitava anche su di loro uno strano potere.

Ad un tratto ebbe un sussulto: qualcosa di soffice – una piuma? un fiore? – gli stava solleticando i sepali; nello stesso tempo una voce sottile prese a parlare:

– Ciao, io sono il Genietto dei Sogni più Unici che Rari e sono venuto per accontentarti. Purtroppo devo porre una condizione: dato che sei una pianta comune, non preziosa, ornamentale, intendo, ma solo utile dovrai guadagnarti da vivere lavorando come operaio in una fabbrica di automobili. Mi rendo conto di averti messo in gran confusione con simili annunci, oltre che in grande agitazione, ma ti assicuro che non hai nulla da temere: le magie rendono tutto possibile e facile. Sarà come tu fossi nato figlio d'uomo, che fossi cresciuto tra gli uomini ed ora fossi un uomo sulla quarantina, come ce ne sono a milioni e milioni. Concludiamo: domani mattina alle sei trovati sul posto di lavoro. –

Il Girasole si accorse, per prima cosa, di avere l'uso della parola. Avrebbe voluto approfittarne immediatamente per porre decine e decine di domande, tutte legittime, tutte pertinenti, ma si accorse che il Genietto era ormai scomparso.

Sbalordito, confuso, impaurito, ma anche assai curioso, il fiore-uomo mosse qualche passo insicuro e si guardò in giro. Con quella luna sembrava di trovarsi quasi in pieno giorno; motivo per il quale si chiese sbalordito come si trovasse in un campo di girasoli a quell'ora. Una domanda che non lasciò traccia, per fortuna. In quel momento un solo concetto gli era chiaro: doveva correre a casa per mettersi a dormire altrimenti sarebbe stato assai problematico il mattino dopo essere così per tempo pronto a lavorare alla catena di montaggio. Le gambe lo reggevano molto bene ora, ma egli non vi badò; perché avrebbe dovuto essere altrimenti?

Il lavoro di Girasole consisteva nell'avvitare tre bulloni su ogni pezzo che gli portava davanti il nastro trasportatore; il quale si muoveva ad una velocità costante e piuttosto notevole in modo da non lasciargli mai ferme le mani. Non era certo un lavoro di soddisfazione, d'altra parte, a sua memoria, aveva sempre svolto quello; gli dava di che vivere quindi doveva accontentarsi.

Passò un giorno dopo l'altro; passò un mese dopo l'altro e si giunse alla primavera, calda e precoce quell'anno.

Il capannone dove lavorava il nostro amico aveva la metà superiore delle pareti tutte in vetro così che il sole, nelle belle giornate, poteva essere seguito dal suo sorgere al suo tramonto; se non proprio il disco intero, data la posizione, che assumeva rispetto alla terra, almeno la sua luce sfolgorante che ne faceva indovinare la posizione. Una bella fortuna, pensava Girasole sentendosi tuttavia un po' strano. Come mai quel desiderio insostenibile di vedere il sole, di esporsi ai suoi raggi?

Oramai Girasole era giunto al punto di incantarsi a guardare la luce attraverso le vetrate senza nemmeno accorgersene, ad esporre ad essa le mani con palese beatitudine. Solo che così facendo lasciava passare anche una decina di pezzi senza avvitare a ciascuno i bulloni dovuti.

La faccenda era grave e ormai la direzione aveva deciso di prendere severe misure disciplinari.

Senonché la mattina stessa in cui il direttore generale voleva parlargli di persona, Girasole non si presentò al lavoro, non avvisò, non rispose al telefono.

Fu deciso allora di mandare a casa sua l'assistente sociale della ditta; e la donna si preparò a compiere il suo dovere, lasciò l'ufficio che era al primo piano, scese lentamente le scale, andò al parcheggio per prendere al sua vetturetta e infilò il viale asfaltato che portava al cancello d'uscita.

Ma ecco che, a metà viale, bloccò l'auto con una stridula frenata spalancando occhi e bocca ma senza riuscire a pronunciare una sola parola: proprio in mezzo all'asfalto si ergeva un magnifico girasole che stava iniziando a mostrare i petali del tipico brillante colore giallo cromo.