Danza: istruzioni per l'uso. Intervista a Laura Comi, direttrice della Scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma

15 luglio 2018

"Cerco di trasmettere agli allievi il valore del lavoro costante."

"Per non perdere la memoria di un balletto è fondamentale la trasmissione dagli insegnanti, perché stimola emozioni e conduce a un lavoro nella propria interiorità."

 

L'intervista. 1

La galleria fotografica del saggio-spettacolo della Scuola. 4

La galleria fotografica di Laura Comi 6

 

L'intervista

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

Laura Comi: dal diploma presso la Scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma al raggiungimento del titolo di étoile. Lei ha interpretato i maggiori titoli del repertorio classico e ha danzato anche il repertorio moderno. Ha al suo attivo numerose tournée, collaborazioni e premi (ne ricordo due: il Gino Tani per l'interpretazione in Romeo e Giulietta e, a Positano, il premio alla carriera Léonide Massine). Come ci si prepara (dal punto di vista sia tecnico sia interpretativo) per entrare nel ruolo dei personaggi che si fanno vivere sulla scena?

Il percorso è lungo. Lo studio deve essere quotidiano ed è un lavoro di sala e di palco. Si parte con ruoli da solista per arrivare a ruoli da protagonista. L'esperienza che ci si fa in quei primi ruoli porta a una crescita tecnica e artistica che permette di affrontare i secondi. Il percorso varia da danzatore a danzatore, ma ci sono cose da cui non si può prescindere: ad esempio guardare altri interpreti è importante, così come lo è assistere al lavoro dei coreografi. Il lavoro di maturazione si svolge all'interno della propria compagnia. Io guardavo con attenzione le prime ballerine del teatro e le ballerine ospiti; se ne avevo la possibilità, ascoltavo i maestri che le preparavano. Quando ho avuto la responsabilità di ruoli importanti, ho iniziato a lavorare sulla parte interpretativa per sbalzare il carattere del personaggio.

Quale messaggio pensa gli aspiranti ballerini possano trarre da una carriera come la sua, risultato di dedizione, determinazione, amore?

Laura Comi in Giselle.

© Foto Corrado Maria Falsini

Io cerco di trasmettere ai ragazzi il valore del lavoro costante. Certi livelli si raggiungono proprio così: costantemente e nel tempo. Non si può lavorare minuziosamente per un certo periodo, poi smettere per un po', poi riprendere. È un lavoro quotidiano e di anni: una giornata persa non si recupera più. Ogni giorno si deve riprovare e raffinare. È un lavoro in crescita che ti permette di raggiungere gli obiettivi. I ragazzi ci mettono passione e sanno che la scuola prepara alla professione di ballerino, ma sono pur sempre ragazzi, quindi occorre rinnovare costantemente, in loro, questa passione.

Ora è direttrice della Scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma. Per essere direttrice di un istituto della levatura come la Scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma non basta avere alle spalle una brillante carriera come la sua: servono altre doti. Quali?

Conta molto saper spronare attraverso l'esempio. Sono molto esigente, molto attenta ai particolari e molto presente accanto ai ragazzi, benché, per il mio ruolo, trascorra tante ore in ufficio. Pure i miei collaboratori (molto bravi) puntano sull'esempio e mi sostengono. Noi chiediamo tanto ai ragazzi, ma diamo tanto. Dimostriamo che assieme possiamo raggiungere ottimi risultati. Impegniamo i ragazzi in spettacoli che prepariamo con cura e con attenzione, non trascurando nulla e non mi sto riferendo solo al lavoro di sala. Tutto va in direzione della qualità, tenendo conto, beninteso, delle possibilità dei ragazzi: gli spettacoli sono per loro esperienze formative.

Quanti sono gli allievi iscritti alla Scuola?

Sono 170 e vanno dagli 8 ai 22 anni. È l'età evolutiva, quindi noi svolgiamo anche un ruolo educativo. Le problematiche, legate alla loro età, sono tante. Ad esempio, essendo la frequenza ai corsi quotidiana, i molti ragazzi che vengono da fuori Roma, sentono la lontananza da casa. Ogni individuo è a sé, quindi è importante   nel mio ruolo di direttrice – instaurare un dialogo con tutti loro: è fondamentale conoscere le loro situazioni. A volte manifestano paure, pensieri, non sanno se la danza diventerà la loro professione…

Qual è l'offerta formativa della Scuola?

Prevede otto anni di corsi, oltre a un anno di perfezionamento per allievi dell'ottavo anno, minorenni e meritevoli (l'ammissione è a discrezione della direzione). Dal primo all'ottavo corso i ragazzi sono ammessi attraverso una selezione. Al termine dell'anno scolastico (luglio) occorre superare un esame per accedere al corso successivo.

Quanto alle materie insegnate, tecnica accademica è per tutti e le lezioni si svolgono giornalmente. Ogni allievo, due volte alla settimana, segue fisiotecnica per il potenziamento e per la corretta postura. Si lavora anche individualmente, perché ognuno sa in che cosa è più carente. Tutti, poi, frequentano, una o due volte alla settimana, le lezioni di storia, teoria e cultura musicale. Dal quarto all'ottavo anno si aggiunge contemporaneo, mentre dal sesto all'ottavo pas de deux e le lezioni di repertorio. Oltre a questo ci sono le prove per gli spettacoli, creati interamente dalla scuola di danza (Sogno di una notte di mezza estate, Schiaccianoci, Carmen, Le nozze di Aurora) e la lezione dimostrativa per il pubblico: si tratta di una lezione aperta che contempla tutte le materie che vengono studiate. Al Teatro Costanzi si svolge lo spettacolo di fine anno dove gli allievi dimostrano quanto hanno appreso nella parte accademica e tecnica e come sanno gestirsi in una rappresentazione. Gli allievi partecipano poi a titoli di opere e di balletto presso il Teatro dell’Opera di Roma.

Ci sono due corsi paralleli che non prevedono il diploma. Il primo, annuale, è per bambini di otto anni (l'età di ammissione al primo corso professionale è nove), si svolge due volte alla settimana e consiste in lezioni di fisiotecnica propedeutica alla danza. Serve per abituare gradualmente gli allievi a frequentare una scuola di indirizzo professionale. Poi c'è il corso biennale di adeguamento coreutico   a compimento del quale si ottiene un attestato  rivolto ai ragazzi dai 17 ai 22 anni che, ad esempio, hanno smesso il loro percorso di studi oppure che desiderano perfezionarsi. È aperto a tutti coloro che hanno studiato danza e si accede per selezione. Nel 2018 è stato istituito anche un corso di formazione per insegnanti.

Mi preme dire che, in questo ampliamento di materie e di spettacoli, che ho realizzato nella scuola, sono stata sostenuta dal sovrintendente Carlo Fuortes, molto attento alla danza.

Qual è la responsabilità maggiore che sente di avere nei confronti di allievi pieni di passione, determinazione e aspettative?

La responsabilità è tanta, anche perché dietro ogni allievo c'è una famiglia che lo supporta in tutto. Naturalmente avere una famiglia che sostiene è fondamentale e non solo per coloro che abitano fuori Roma. Non dimentichiamo che gli allievi arrivano da noi da bambini e hanno aspettative che magari vengono deluse: non tutti superano gli esami, a causa di problemi fisici o tecnici. La cosa importante, che devono tenere presente, è che hanno avuto la possibilità di avvicinare la danza seriamente e, da questa esperienza, se la fanno fruttare, hanno imparato molto. La scuola di danza classica dà infatti basi anche per guardare ad altri orizzonti: danza contemporanea, coreografia, giornalismo, medicina... Gli sbocchi sono effettivamente tanti. L'importante è che non si perda tempo e si impari nel modo giusto. Proprio per dare basi solide, ho inserito corsi per bambini, lezioni di repertorio, dal secondo corso ho diviso le lezioni tra maschi e femmine perché ognuno possa formarsi nella tecnica specifica.

Quali sono, per gli allievi, gli strumenti di apprendimento dai quali non si può prescindere?

Fare un lavoro quotidiano, come ho già detto, fare un lavoro individuale, riflettere, imparare la disciplina e a raggiungere i risultati con il sudore. Tutto questo è formativo. Anche i piccoli dispiaceri lo sono: gli allievi devono potersi strutturare in modo da risolvere i problemi senza scoraggiarsi. Dico sempre loro: "Dovete partire dal dispiacere e trasformarlo in qualcosa che vi faccia ripartire con più slancio e crescere." Per la professione di danzatore, bisogna avere un carattere siffatto: occorre metodo, disciplina, intelligenza. A partire dai corsi intermedi insisto sul fatto che gli allievi devono fare un lavoro su loro stessi: "Riflettete su quello che vi hanno detto in sala e fate un lavoro per conto vostro: tutto deve essere rielaborato nella testa. In sala, proprio come fanno i professionisti, dovete fermarvi, provare e riprovare, perché ognuno conosce i propri punti più deboli."

La danza si fa con la testa e non con le gambe.

Certo, come ogni cosa.

Quanto è importante, per i giovani, partecipare a concorsi di danza?

I concorsi possono essere utili perché c'è il confronto, ma noi riteniamo fondamentale l'attività di spettacolo. Uno studente che fa medicina non può non andare in sala operatoria! I ragazzi che si diplomano presso la Scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma entrano subito in una compagnia, senza dover passare attraverso un apprendistato, perché da noi fanno tirocinio e scuola contemporaneamente. Ci possiamo permettere questa attività di spettacoli perché siamo collegati al teatro.

Il 23 giugno 2018 si sono chiuse le iscrizioni alla selezione per il corso biennale di formazione per insegnanti di danza classico-accademica della Scuola di danza del Teatro dell'Opera di Roma. Sappiamo che l'Italia è piena di improvvisati insegnanti di danza (e non solo classico-accademica). Come, un allievo, può riconoscere un valido insegnante? E a quali istituzioni può rivolgersi per sapere come incanalare la sua passione in modo professionale?

Le scuole che preparano alla professione possono permettersi di fare una selezione e sono legate ai teatri, che è un plusvalore. Tante realtà private preparano gli allievi molto bene: questo va detto. Quando un insegnante riesce a ottenere il livello che si è prefissato, è un buon insegnante, tuttavia occorre tenere in considerazione i suoi titoli, con chi ha studiato, che cosa ha al suo attivo… Il suo curriculum, insomma.

Lo specchio è uno strumento che accompagna il ballerino durante le classi e le prove. E su questo tema potremmo intrattenerci a lungo. Le chiedo, riferendomi soprattutto agli allievi di danza, quali sono le istruzioni per l'uso?

Capita che gli allievi non si osservino nel modo giusto. Veniamo a un esempio pratico. L'uso e la direzione della testa fanno parte dell'insegnamento della tecnica: la testa deve essere inclinata a seconda delle posizioni. A volte lo specchio attira l'attenzione degli allievi e loro – per guardarsi - falsano la direzione della testa. Oppure mantengono una posizione corretta, ma l'occhio è rivolto allo specchio, perciò l'insegnante deve richiamarli. Lo specchio aiuta molto quando devono capire che ciò che stanno facendo (assumere una certa posizione, ad esempio) non è corretto come credono invece sia.

La danza è arte effimera per eccellenza. Perché venga tramandata, ci si avvale della fotografia, dei video e della notazione coreografica. In quali casi un mezzo è più efficace di un altro per non perdere la memoria di un balletto?

Penso che la trasmissione umana dagli insegnanti sia il mezzo per non perdere la memoria, perché la relazione umana non si può trasmettere altrimenti: stimola emozioni e conduce a un lavoro nella propria interiorità. La sequenza dei passi la si apprende da notazione e video, ma non è così che si centra il vero obiettivo, il quale si raggiunge, invece, emozionandosi prima ed emozionando poi. Questo lavoro interiore lo si compie attraverso le storie che ognuno di noi racconta a se stesso o che gli vengono raccontate e che fanno scattare le emozioni. Ho ballato molte volte Romeo e Giulietta di John Cranko. C'è stata un'occasione in cui abbiamo lavorato con un altro ripetitore che non conoscevo. Lui ci faceva notare sfumature a cui non avevo mai pensato. È stato bellissimo, interessantissimo!

Prima abbiamo affermato che la danza è arte effimera e – fra i mezzi per catturare l'attimo che fugge – abbiamo citato la fotografia. Qual è il rapporto fra queste due arti?

Noi danzatori, quando ci troviamo di fronte una fotografia, guardiamo subito se le posizioni sono corrette. Capita che, diversamente da noi, il fotografo ritenga riuscitissimo uno scatto per il colore, la luce... Per un ballerino la tecnica è il mezzo e non è accettabile che questo mezzo venga sacrificato a scapito di altro. Assieme alla tecnica noi controlliamo l'espressione: ad esempio uno scatto realizzato in un momento di passaggio non va bene. Perché una fotografia sia ben riuscita, poi, il resto lo fanno l'atmosfera, il colore, il costume, le sfumature… Questa è la mia posizione, che però ho trovato condivisa da altri colleghi.

Qual è il margine di libertà che il fotografo si può prendere nella sua operazione di congelamento dell'istante tersicoreo e quale tipo di messaggio, in tale operazione di mediazione, egli deve o non deve veicolare?

Poiché si tratta di fissare movimenti sfuggenti, in velocità, il fotografo deve avere molta perizia tecnica. Tuttavia è difficile dire, in generale, fin dove si può spingere, perché ogni fotografia deve essere valutata a sé: uno scatto può essere splendido anche se il piede (che è di fondamentale importanza!) è coperto. Ritengo, insomma, che non esita una regola univoca: si tratta di nanosecondi che vanno colti.

La galleria fotografica del saggio-spettacolo della Scuola

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

Un momento del saggio spettacolo della Scuola di danza Teatro dell'Opera di Roma.

® Foto Yasuko Kageyama

 

La galleria fotografica di Laura Comi

 

Laura Comi in Petruska.

© Foto Corrado Maria Falsini

 

Laura Comi in Cenerentola.

© Foto Corrado Maria Falsini

 

Laura Comi e Raffaele Paganini in Cenerentola.

© Foto Corrado Maria Falsini

 

Laura Comi ne Il lago dei cigni.

© Foto Corrado Maria Falsini

 

Laura Comi e Mario Marozzi ne Il lago dei cigni.

© Foto Corrado Maria Falsini

 

Laura Comi ne Il lago dei cigni.

© Foto Corrado Maria Falsini

 

Laura Comi e Roberto Bolle in Don Chisciotte.

© Foto Corrado Maria Falsini

 

Laura Comi e Mario Marozzi in Romeo e Giulietta.

© Foto Corrado Maria Falsini