Lui s'è divertito. Noi pure. Intervista a Giovanni Cacioppo, da Zelig

Far ridere? È una dote innata.

"Quando salgo sul palco entro in un'altra dimensione: i problemi personali li lascio giù."

1 ottobre 2011

Giovanni Cacioppo arriva in piazza Conciliazione a Desio (Monza e Brianza) per lo spettacolo di chiusura della tre giorni all'aperto (1 3 ottobre 2011) in cui sono stati offerti spettacoli, mostre, laboratori di disegno, animazioni per bambini e bancarelle con prodotti delle regioni italiane. È sorridente, Cacioppo, cordiale, disteso. Mi stringe la mano e subito attraversiamo la strada e ci accomodiamo al tavolino di un bar della piazza per un'intervista. Intervista difficile, perché veniamo continuamente interrotti da gente che gli chiede un autografo, gli propone di fare una foto ricordo, gli stringe la mano o lo abbraccia.

Giovanni Cacioppo durante l'intervista.

© Foto Morfoedro

Quale definizione dà, lei, di Giovanni Cacioppo?

Un tipo simpatico, cordiale, a cui da sempre piace far ridere.

Quando ha capito o deciso che avrebbe fatto il comico?

È stato un caso, perché non era nelle mie intenzioni fare il comico: non avevo velleità artistiche. A Gela una mia amica aveva un locale con un palco, dove suonavano diversi gruppi. Io non sapevo né suonare, né cantare, né ballare: sapevo solo far ridere e con questa dote sono salito su quel palco. Dopo un anno ho partecipato, a Bologna, a un concorso per attori comici: "La zanzara d'oro". Da lì è iniziata la mia carriera: Maurizio Costanzo, Rai 2…

Ma come si fa a far ridere? Da dove si parte?

È una dote innata.

E la tecnica?

Quella l'ho imparata sul palco.

Qual è il confine tra mestiere e divertimento autentico dell'artista?

Be', la persona che deve divertirsi prima di tutto sono io!

Le è capitato di andare in scena afflitto da un dispiacere?

Il dispiacere si lascia giù dal palco. Quando ci salgo, sul palco, entro in un'altra dimensione. È chiaro che, quando scendo, il problema me lo ritrovo intatto, ma il momento dello spettacolo è una zona protetta, immune. Anche i malesseri fisici (il mal di testa, la febbre) passano, durante lo spettacolo.

Come crea i suoi personaggi?

Osservo qualcuno per strada oppure studio le persone ferme al bar che mi fanno ridere o che colpiscono la mia attenzione per i loro tic e le loro manie: partendo da questi dati costruisco il personaggio che poi porto sul palco.

Lei si scrive i testi?

Sì.

Oltre ai suoi testi, ha scritto due libri: La banda di Testa di cane e Per far meno amara la vita. Che cosa significa scrivere un libro comico?

Quei due libri rappresentano la raccolta dei miei monologhi, non sono altro.

Qual è il suo personaggio, tra quelli da lei interpretati, al quale è particolarmente affezionato? Citiamone qualcuno: il portiere di condominio, Affittamisi, Graziello, il Mago Universus, Testa di cane.

Sono affezionato a ognuno di loro: sono tutti figli miei!

Lei concorda sul fatto che sia più facile far piangere che far ridere?

Sì. Si può far piangere facilmente, raccontando una storia profondamente triste o drammatica e usando la tecnica. Invece, per far ridere, occorre qualcosa di più: il coordinamento di tempi e battute. La battuta deve essere detta nel momento giusto: detta appena prima o appena dopo, non fa ridere, si perde.

Quando le capita di avere di fronte un pubblico poco interessato, disattento, che cosa fa?

Accorcio i tempi morti, scandisco bene le parole per cercare di catturare l'attenzione. Comunque io riesco sempre a togliermi di dosso il peso del palco, degli spettatori perché mi comporto come se fossi a una serata tra amici.

Quali sono le cose che le dispiacciono più, in uno spettacolo?

Che la gente non venga messa nelle condizioni di seguire bene, ad esempio perché vicino ci sono un karaoke o le giostre. Questo indica mancanza di rispetto sia nei confronti degli spettatori, sia del comico.

Quando viene fermato per un autografo o per una foto ricordo, che cosa prova?

Vivo serenamente questa popolarità.

I suoi amici, dopo la sua notorietà, come la considerano?

Per loro sono rimasto l'amico di sempre.

Capita che le chiedano di monologare comicamente per loro?

A volte capita, ma non è una cosa che mi piace.

Come la definiscono i suoi amici?

Il simpatico della scampagnata.

E i colleghi che opinione hanno di lei?

Mi stimano. Io ho un buon rapporto con tutti.

Me la regala una battuta inedita?

Io non ho battute: racconto storie. Sono stato, da subito, un monologhista. Non avevo altra scelta, del resto, visto che lavoravo da solo e non ero inserito in un gruppo.

Giovanni Cacioppo durante l'intervista.

© Foto Morfoedro

Giovanni Cacioppo durante l'intervista.

© Foto Morfoedro

Giovanni Cacioppo durante l'intervista.

© Foto Morfoedro

Giovanni Cacioppo durante lo spettacolo.

© Foto Morfoedro

Giovanni Cacioppo durante lo spettacolo.

© Foto Morfoedro