Danza antica. Intervista a Bruna Gondoni e Marco Bendoni de "Il Ballarino"

28 giugno 2005

INTERVISTATRICE: I vostri inizi: come siete approdati alla danza antica?

GONDONI: Prego, Marco!

BENDONI: Ho cominciato con la danza contemporanea (metodo Graham) e sono venuto a contatto della compagnia “La follia” di Flavio Sparapani. L’amore per la danza antica, invece, è scattato con Andrea Francalanci (fondatore della compagnia "Il Ballarino"), a Mantova. Si era nel 1988 e Vittoria Ottolenghi stava lavorando allo spettacolo Festa a corte.

INTERVISTATRICE: Voi venite chiamati per consulenze in spettacoli dove c'entra la danza storica.

BENDONI: Sì.

INTERVISTATRICE: E come si modulano i vostri interventi?

GONDONI: Ci sono registi che chiedono un nostro intervento per la parte coreutica. Pensa ad esempio a certi lavori di Monteverdi. In questo caso il regista compie una scelta filologica e si appoggia completamente alla nostra professionalità. Ci sono invece registi che preferiscono avvalersi di coreografi specializzati in danza contemporanea: è chiaro che, in questo caso, il risultato non è più filologico ma un prodotto a sé stante. Sono scelte.

INTERVISTATRICE: Marco, torniamo alla tua formazione. Considero un salto, quello da te compiuto dalla danza contemporanea a quella antica. Ti domando: la prima in che rapporto sta con la seconda nella preparazione di un ballerino? Rappresenta un utile bagaglio o è invece un fardello?

BENDONI: Aiuta. Giusto un esempio: il riscaldamento che facciamo lo mutuiamo dalla danza contemporanea. Per riscaldamento intendo una base su cui lavorare per ricreare il modo di ballare antico, che è armonia.

INTERVISTATRICE: Le tue affermazioni implicano necessariamente una presa di posizione sul grado di filologia che si può raggiungere occupandoci d'antico, sia che si tratti di musica sia si abbia a che fare con la danza. Vi chiamo entrambi direttamente in causa: quanto si è filologici nella ricostruzione di una danza antica?

BENDONI: Naturalmente lo si è finché si può.

GONDONI: Ciò che riveste importanza è la capacità di filtrare la filologia attraverso il proprio sentire.

INTERVISTATRICE: La capacità, cioè, di usare la filologia come tramite fra il presente e il passato.

GONDONI: Esatto: essere filologici è toccare quel mondo e comprenderlo.

INTERVISTATRICE: Quindi tu, con la tua formazione, la tua cultura, il tuo essere, ti accosti all'antico smemorandoti della tua contemporaneità per poi riportare il risultato nel presente.

GONDONI: Sì, faccio proprio quello. È sbagliato incasellarsi nella tecnica: occorre contestualizzare la danza nel sapere di allora. È decisamente splendido costruire una danza a partire dal suo contesto storico-culturale: pittura, filosofia, letteratura!

INTERVISTATRICE: Con me sfondi una porta aperta: sono infatti convinta che tutto parta dalla storia, dal contesto epocale. Intraprendere un'analisi che dal testo vada al contesto, anziché viceversa, è un gioco intellettuale che mette chi lo compie a rischio di cadere in fraintendimenti storici. Agire in questo modo è quasi ricreare un'altra opera anziché studiare quella che si ha davanti.

GONDONI: Sì, dici bene. Infatti il percorso che ho seguito mi ha portato da una posizione iniziale di ballerina per così dire "pura" (cioè attenta al movimento, ai passi, all'esecuzione: alla tecnica, insomma) ad una posizione di intellettuale. Naturalmente le due posizioni si temperano: ciò che ora mi interessa è comprendere tutto il discorso intellettuale che sta dietro la danza antica e questo lo posso fare solo se conosco l'epoca in ogni suo aspetto. Perciò studio la filosofia, indago sulle arti figurative…

INTERVISTATRICE: Io sento perciò capisco e viceversa. Una sorta di controllo incrociato, se vogliamo. Mi fareste degli esempi concreti di contestualizzazione?

GONDONI: Partiamo dal concetto cui ha accennato prima Marco: il modo di ballare antico è armonia. Nella danza antica la parte superiore del corpo controlla quella inferiore: con le braccia non ci si muove ampiamente e liberamente. Innanzitutto gli abiti del tempo erano ingombranti, perciò le braccia non avevano molto agio: questo è da tenere in considerazione, ma c'è dell'altro. È nel Barocco e non nel Rinascimento che nasce la prima forma di danza che codifica le braccia: nel Quattrocento c'era il concetto di "ombreggiatura" della parte superiore del corpo, vale a dire le braccia si opponevano alle gambe in senso armonico. Da qui a comprendere che quando si entrava in armonia (armonia del macrocosmo e del microcosmo che si riflettono l'uno nell'altro) ci si avvicinava allo spirito, ci si elevava, ci si avvicinava alla bellezza universale, a Dio, il passo è breve. In sintesi: ci si avvicinava al mondo delle Idee di Platone. Le danze antiche sono quindi molto armoniose, signorili e non ci sono prese particolari.

BENDONI: Però c'è questa, che era la cosiddetta presa di pancia ed era proibita dalla chiesa. Ti faccio vedere.

Marco e Bruna si alzano e, dopo un giro, lui afferra lei con le due mani, una posta sulla pancia e una appena al di sopra del sedere. Tornano ad accomodarsi accanto a me.

BENDONI: A parte questa presa dal significato inequivocabile, il sottinteso erotico c'era anche quando ci si prendeva gentilmente per mano e ci si guardava: non era tanto il contatto della mano a evocare fantasie, ma lo sguardo.

INTERVISTATRICE: Il gioco di sguardi era tipico dell'epoca.

GONDONI: Esattamente.

INTERVISTATRICE: Bruna, siamo entrati nel vivo del discorso sulla danza antica, ma non mi hai ancora raccontato i tuoi inizi.

GONDONI: I miei inizi? Be', ho fatto di tutto! Danza classica a Firenze, danza contemporanea, le claquettes (che ho anche insegnato), la danza jazz… Attualmente collaboro in campo nazionale e internazionale con varie compagnie di danza, dirigo "Il Ballarino" ed insegno danza al Centro di musica antica di Ginevra.

INTERVISTATRICE: E la tua "conversione" alla danza antica?

GONDONI: È avvenuta grazie all'incontro con il compianto Andrea Francalanci, fondatore della compagnia "Il Ballarino" (che ha avuto molta eco). Andrea è stato uno dei precursori della danza antica in Italia e successivamente ha avuto la cattedra di danza antica (settore Rinascimento) alla Sorbona: è divenuto un epicentro in Europa. La tesi da lui sostenuta era che anticamente la danza non fosse nata come risposta ad esigenze di puro diletto. Tesi che espose in un convegno alla Sorbona e che fece scalpore. Io, durante quel convegno, ero la sua assistente e facevo le dimostrazioni: una giornata era dedicata al Rinascimento e una al Barocco. Lo ricordo benissimo: la sua tesi fece scalpore, ma nel contempo attrasse un personaggio come Francine Lancelot (cultrice, all'Opéra, di danza barocca e fondatrice della compagnia "Ris et Danceries") che si alzò in piedi esclamando: "Bravo!" Fu allora che Andrea, invitato da Francine, entrò alla Sorbona dando il via ad un'importante collaborazione con lei.

INTERVISTATRICE: Quindi voi proseguite sul cammino aperto da Francalanci.

BENDONI: Sì, anche se a volte ci permettiamo di uscire dallo strettamente filologico per inserire nelle nostre danze alcuni elementi di spettacolarità, derivanti dalla contaminazione tra generi: arti marziali, tarantella…

INTERVISTATRICE: A proposito di altri generi, mi affascina la formazione variegata di Bruna. Mi permetti una divagazione? Le claquettes: stile negro vs quello bianco.

GONDONI: Il tip tap negro è molto legato al movimento dei piedi, mentre quello bianco spazia con il corpo. Ebbi un insegnante di tip tap negro come Basil Patterson: straordinario! All'inizio della tua formazione sei una spugna, assorbi tutti i generi cui ti accosti; successivamente stai a vedere che cosa il tuo corpo riconosce. Ricordo che adoravo l'insegnamento di Patterson e il tipo di movimento che riuscivo a creare con il mio corpo. Guarda.

Bruna si alza e accenna alcuni passi.

BENDONI: Che bello!

INTERVISTATRICE: Bruna, sei straordinaria. Mi rincresce che questa intervista non la stiamo riprendendo con una cinepresa: ne varrebbe la pena!

GONDONI: Ma dai! Mi piacevano le claquettes, ma quando ho optato per la danza antica ho dovuto "ripulirmi" perché i movimenti sono molto diversi: ogni genere di danza ha le proprie caratteristiche. Anche il butoh è un genere interessantissimo.

INTERVISTATRICE: Eh sì. Purtroppo non è molto conosciuto: se ne parla non a sufficienza ed è un peccato perché, una volta fatto il salto di mentalità, il butoh apre nuove finestre del sentire.

GONDONI: Il butoh scava in un'interiorità in cui ritrovi un mondo vastissimo, mentre l'esteriorità significa rottura, esporsi, farsi male.

INTERVISTATRICE: L'ultima parte di quest'intervista vorrei dedicarla agli stage che tenete: per principianti e per allievi di livello intermedio-avanzato. Quali tipi di allievi frequentano i vostri corsi?

GONDONI: Ai nostri corsi si accosta chiunque, con qualsiasi formazione culturale. Ho però notato che, tra i principianti, sono molti gli insegnanti di filosofia e di materie umanistiche. E gli uomini sono i più stravaganti! Evidentemente vedono sollecitata qualche loro curiosità. Ciò che conduce a seguire stage come i nostri è sicuramente amore per la danza, ma forse prima ancora è una curiosità intellettuale che noi cerchiamo di soddisfare.

INTERVISTATRICE: Come?

GONDONI: Incuriosendo, a nostra volta, gli allievi attraverso la spiegazione di alcuni elementi che - sotto un’apparente neutralità - celano persino simboli esoterici. In una danza a tre, ad esempio, il tre è numero magico, cabalistico. Quando si danno queste spiegazioni, gli allievi si calano maggiormente nella danza che stanno studiando.

INTERVISTATRICE: La contestualizzano dal punto di vista storico, insomma, riuscendo a farne comprendere, almeno parzialmente, il portato. E qui torniamo al discorso del testo non avulso dal contesto.

GONDONI: Il punto di partenza e di arrivo, in fondo, è lo stesso.

INTERVISTATRICE: La contestualizzazione storico-culturale si avvale di etichette altisonanti: quando siete alle prese con allievi che seguono i vostri stage senza intenti professionali, quanto contestualizzate?

GONDONI: Il necessario per incuriosire, come dicevamo sopra, senza entrare nel merito di approfondimenti filosofici. Comunque una parte del corso è dedicata alla ricostruzione delle danze. Si parte da un testo porgendo a tutti gli allievi l'opportunità di dare il proprio apporto per ricostruire la danza anche attraverso soluzioni nuove. Esistono infatti testi che riportano la stessa danza con particolari diversi.