Intervista a Carlo Carugati, collezionista d'auto d'epoca

15 ottobre 2009

Un'asta di auto d'epoca.

© Foto Carlo Carugati, 2006

Che cosa significa essere collezionista oggi?

Premesso che oggi si colleziona di tutto e di più, il collezionista è colui che nel suo desiderio vorrebbe poter creare un museo, piccolo o grande, nel quale raccogliere la sua passione. E la conferma viene ogni volta che ci si imbatte nella collezione di coloro che riescono a raggiungere questo obiettivo: creare un museo. Guidati da queste persone, si vede dalla luce emanata dai loro occhi, dall'enfasi con la quale raccontano il ritrovamento di quello o quell'altro pezzo, la voglia di condividere con gli altri questa passione. È in definitiva un modo di lasciare una nostra traccia nel futuro, partendo dalla ricerca di cose del passato o raccolte durante la nostra vita.

E collezionista d'auto d'epoca?

L'automobile è uno degli oggetti che ha cambiato il nostro modo di vivere, di spostarci, di incontrarci con gli altri. Amata e odiata al tempo stesso è stata nostra partner in avventure solitarie, complice in romantiche passioni. Le cure che prestano gli appassionati di auto d'epoca ai loro oggetti non ha paragone con altre collezioni, se non di altri mezzi meccanici, come motociclette, camion, autobus o mezzi ancora più impegnativi come gli aerei. Il collezionista di auto d'epoca rivive nell'uso dell'oggetto, il tempo in cui l'oggetto è stato creato. In alcuni raduni ci si veste anche in base all'epoca dell'auto e si sono viste manifestazioni dove anche l'ambientazione musicale era assolutamente datata al periodo. Nell'auto d'epoca si rivive l'esperienza positiva avuta con i genitori o con il nonno o con uno zio. Molto spesso il profumo (per qualcuno l'odore), di un vecchio interno ci riporta alla nostra fanciullezza, quando erano altri alla guida e noi spettatori di un tempo passato. Può capitare di acquistare una vettura solo per il numero di targa e poi restaurarla come era quella di nostro padre o nostro nonno o solo come l'avevamo vista su un vecchio dépliant dell'epoca. Tutta questa passione, è un po'il tentativo di realizzare quella macchina del tempo, sogno di tutti gli scienziati, che oggi esiste solo nei film. È un modo per impossessarsi di parte di quel tempo che fugge e che non torna più.

Ricordo che la tua passione per le automobili risale all'infanzia. Allora collezionavi modellini, oggi automobili d'epoca. Quando hai deciso di fare il salto?

Se per collezione si parte dal secondo pezzo in poi, tutto cominciò alla fine del 1982. A maggio di quell'anno avevo lasciato la mia prima passione lavorativa, la televisione privata, ed ero passato nel settore commerciale auto nuove, assumendo l'incarico di consulente alle vendite per una Concessionaria Opel. Nell'agosto del 1980 avevo acquistato la mia prima auto, una Lancia Delta 1500 (eletta auto dell'anno 1980), che usavo solo nei fine settimana. Non stava bene recarmi al lavoro in una Concessionaria Opel con una Lancia, praticamente nuova. Chiesi così a mia madre di prestarmi la sua 500. Ma, dopo sei mesi, giustamente, la mamma cominciò a lamentarsi che la 500 serviva anche a lei e così cominciai a pensare di prendere una seconda vettura. Capitò, per coincidenza, che un mio collega ritirò una vettura che colpì subito il mio cuore, quando la vidi la sera, dopo la chiusura dell'officina. Si trattava di una Opel Kadett A 1000 del 1963, una vettura a due porte con le codine all'americana ancora con l'impianto a 6 volt. La vettura aveva solo 58.000 chilometri e la dimostrazione che tale chilometraggio era originale stava non solo nel libretto dei tagliandi, ma anche nel fatto che le gomme posteriori e quella di scorta erano ancora le sue originali, con la fascia bianca di prima immatricolazione. La vettura, di un azzurro medio, mi rammentò che avevo quel modellino della Dinky Toys (di colore rosso), che il padre di un mio ex compagno di classe delle elementari l'aveva avuta e che anche un nostro vicino di casa ne aveva posseduta una che aveva acquistato, usata, negli anni Settanta. Fu un amore a prima vista; inoltre si trattava di una Opel e chi poteva lamentarsi se mi recavo al lavoro in una Concessionaria Opel con una loro vettura di quasi venti anni? La trattativa con il titolare fu veloce: sapevo a quanto era in carico. Mi fu chiesto quale fosse lo scopo del mio acquisto; risposi: «Mi serve una vettura Opel per venire a lavorare!» A tale risposta mi venne proposto che, se l'avessi preparata bene e non l'avessi rivenduta, mi sarebbe stata concessa per la simbolica cifra di 10.000 lire. Quando dissi a casa che avevo comperato un'automobile funzionante ed originale per 10.000 lire, quasi non ci credettero. Pagai 125.000 lire di passaggio di proprietà, 220.000 lire di carrozziere e nella primavera del 1983 rifeci i freni con 90.000 lire. La Kadett esiste ancora e oggi ha circa 98.000 chilometri. Questo, direi, fu il momento del salto di qualità, anche se la collezione dei modellini continua ancora, sebbene con più moderazione.

Qual è la consistenza della tua collezione?

Un'Opel Kadett che riunisce la famiglia Carugati. Da sinistra: Nino, Marisa, Raffaele, Carlo, Mirko e, al volante, Roberto.

© Foto Francesca Barbieri, 2007

Il problema di tutti i collezionisti è lo spazio. Certo servono anche i soldi da investire, ma se non sai dove ricoverare un'automobile, l'acquisto non si può fare. Ero arrivato a mettere insieme oltre 15 vetture, usufruendo anche di spazi aziendali messimi a disposizione dalla Concessionaria. Purtroppo imprevisti aziendali, che si conclusero con la cessione della Concessionaria, per me comportarono di dovermi confrontare con gli spazi ed oggi comunque ho sette veicoli di interesse storico tutti ricoverati al coperto, ognuno con una storia e dei ricordi…

Dimmi tre aggettivi con i quali definiresti la passione per le auto di cui stiamo parlando in quest'intervista.

Cuore, cultura, buon sentimento.

Spesso vedo sollevato il problema che le auto d'epoca inquinano. Che cosa ne pensi?

Su questo punto ci sarebbero da scrivere libri. Cercherò di essere sintetico e schematico. Innanzitutto non esiste mezzo meccanico ad inquinamento zero. Tutto ciò che si muove produce polveri: dal consumo dei pneumatici a quello dei freni, se non vogliamo parlare dei motori. Fatta questa premessa, per il tema auto d'epoca dobbiamo subito dividere le auto euro 0 dette anche non catalitiche da quelle d'epoca. All'interno poi delle euro 0 dobbiamo fare una distinzione tra quelle a benzina e quelle a diesel. Come finalmente è stato riconosciuto, la problematica maggiore relativa al famoso PM 10 è creata dalla maggioranza dalle vetture a gasolio, tanto che le emissioni di una euro 1 o 2 a gasolio sono tre volte superiori a quelle di una euro 0 a benzina. Inoltre, una ricerca della F.I.V.A, la Federazione Internazionale Veicoli Anciens, eseguita sui 23 paesi membri, ha determinato che la percorrenza media delle vetture di interesse storico è di 1500 chilometri medi all'anno che, paragonati a quelli dei veicoli moderni, rappresentano meno dello 0,1% del totale dei chilometri di tutti gli altri veicoli. Vale anche la pena riportare la definizione F.I.V.A. di veicolo storico: "Veicolo storico è qualsiasi veicolo stradale a motore – e i suoi accessori – di età superiore a 25 anni, conservato in maniera appropriata e rispettosa dell'ambiente e in condizioni storicamente corrette." In conclusione gli appassionati di auto d'epoca, come dico sempre io, portano con le loro auto cultura non inquinamento…

L'acquisto a un'asta è un modo di arricchire la propria collezione. Altri modi?

L'acquisto ad un'asta di una vettura d'epoca è un acquisto emozionale dettato o da un prezzo allettante o da rarità ed importanza dell'oggetto che il collezionista vuole a tutti i costi accaparrarsi. Ma l'asta è un evento che si svolge in un ambito e momento preciso. Nella realtà gli appassionati, tutti i giorni con contatto diretto, si volgono alla ricerca di vetture d'epoca.

Qual è il tipo di clientela?

La passione per l'auto d'epoca oggi sta allargando i suoi confini. Oggi, affiancati ai classici potenziali acquirenti (professionisti, commercialisti, avvocati, medici, architetti, personaggi del mondo dello spettacolo e della cultura), la platea si è allargata a tutti coloro che ricercano la vettura dei loro genitori, o la vettura che da giovani era nei loro sogni e che non si potevano permettere. Vi è anche la nuova schiera degli appassionati dell'ultima ora, coloro che oltre ad unire il piacere di un veicolo d'epoca, solitamente un veicolo scoperto, vogliono aggiungere l'investimento. È anche questo un aspetto che può essere importante per qualcuno. Mediamente questo pubblico, scottato dalle fluttuazioni della borsa, da un sistema finanziario che non ha saputo o voluto tutelare il risparmiatore, ha da investire 30-50.000,00 euro. L'auto d'epoca, per queste persone, può essere un'ottima soluzione per poter vivere una piacevole esperienza in auto d'epoca, anche frequentando i vari e bei raduni organizzati da ormai tanti e svariati club ed associazioni e trovarsi un domani ancora il loro capitale, magari rivalutato in base al veicolo posseduto. In tutto questo non dimentichiamo le nuove generazioni che si stanno avvicinando con sempre maggiore interesse al veicolo storico. Sono giovani dallo spirito anticonformista ma molto caparbi. Una delle vetture maggiormente scelte è il Volkswagen Maggiolino nelle varie versioni, berlina, cabriolet e molto in voga le versioni Tipo 2, il cosiddetto Bulli, il pulmino che negli anni Sessanta identificava i "figli dei fiori". Oggi tali mezzi vengono restaurati completamente da questi ragazzi con l'orgoglio di un mezzo "loro" fino all'ultima vite.

Quali sono i più importanti musei italiani d'auto d'epoca? E stranieri?

Il più conosciuto in Italia è il Museo dell'Automobile di Torino dedicato ad un pioniere dell'automobilismo il conte Carlo Biscaretti di Ruffia. L'unificazione dei marchi italiani sotto un'unica proprietà, la Fiat, non ha portato al momento, benefici effetti per la situazione museale. Il museo Lancia non esiste più. Esistono il museo dell'Archivio Storico Fiat e ‑ anche se è sempre a rischio di chiusura ‑ il Museo dell'Alfa Romeo di Arese. A Maranello (Modena) vi è la Galleria Ferrari. Non esiste ad esempio un museo Maserati, se non una collezione privata, la collezione Panini, sempre in provincia di Modena. Privato è, dopo l'acquisizione del marchio da parte di Audi, anche il museo Lamborghini. Sempre parlando di privato, eccelle per gli investimenti fatti ‑ non solo per la notevole quantità di mezzi esposti, ma anche per l'investimento strutturale ‑ il Museo Nicolis di Villafranca (Verona). Luciano Nicolis è un imprenditore nel settore della riconversione della carta. Dopo la fine della guerra ha cominciato a raccogliere ‑ girando per le cascine e le campagne ‑ mezzi, motori articoli vari. Anche lui, da buon collezionista, aveva il sogno non espresso di aprire un museo, cosa che agli inizi degli anni 2000 è diventata una realtà ed è per gli appassionati italiani un punto di riferimento come sogno da poter realizzare. A Romano d'Ezzelino (Vincenza), vi è invece il Museo Bonfanti che organizza periodicamente delle mostre a tema automobilistico ed ha un interessante archivio documentale a disposizione degli appassionati. A Brescia vi è il Museo della Mille Miglia che il 7 novembre 2009 festeggia il primo lustro: un museo dedicato alla corsa più bella del mondo. All'estero, sono i costruttori che hanno l'orgoglio di poter tenere alto l'interesse per la storia del loro passato:ecco così che Volkswagen, Mercedes, BMW, Porsche, Peugeot, Saab, Opel hanno un loro museo. Purtroppo, anche in questo settore, abbiamo molto da imparare dagli stranieri.

Le problematiche legate al restauro di questo tipo di automobili.

Le problematiche di un restauro corretto si possono così schematizzare; documentazione di archivio su modello, finiture, materiali, colori, abbinamenti interni; scelta degli operatori che dovranno lavorare sul mezzo: carrozzeria, officina meccanica, elettrauto; reperimento dei ricambi esausti o non riparabili. Anche qui vi è da dire, purtroppo, che, mentre per le vetture inglesi si trova quasi tutto, per alcuni modelli italiani, anche degli anni Settanta-Ottanta, si fa veramente fatica a trovare determinati particolari. Poi ci sono i casi come la classica Fiat 500, che oggi si può rifare completamente e quasi meglio di come usciva dalla fabbrica. L'importante è avere le idee chiare su qual è l'obiettivo e perché si vuole restaurare un veicolo. Oggi molto spesso il restauro ben fatto di un mezzo costa di più del valore commerciale dello stesso. Quindi, se ci si attiva per un restauro per poi tenere il mezzo, va tutto bene; capita invece di persone che ‑ forse per i tempi lunghi di un restauro difficile ‑ arrivati alla fine, vogliono cedere il veicolo. In questi casi il rischio di perdita sulla spesa eseguita è reale. Riassumendo si può dire che un'auto d'epoca è come un'obbligazione: rende a lungo temine; nel breve periodo può avere delle fluttuazioni.

Mi dai qualche nome tra i più interessanti designer d'automobili?

Tra quelli ancora in attività, sicuramente Pininfarina è il più apprezzato. Personalmente mi piace molto anche Giugiaro, dalla cui matita è uscita la mia Lancia Delta. Zagato è un altro designer che ha disegnato belle vetture, nel passato, su meccanica Alfa Romeo e Lancia: oggi è in attività il centro studi omonimo. Ma, nel passato, in particolare nell'hinterland di Torino, vi erano vari "carrozzieri", così chiamati perché vestivano le meccaniche, in particolare Fiat, con loro livree. Qui abbiamo nomi come Vignale, Moretti, Fissore, Frua, Scioneri, Siata. A Milano avevamo la prestigiosa Carrozzeria Touring Superleggera. Avevamo costruttori di esemplari numerati come la LMX che montava meccaniche Ford americana. Tutte aziende che prima o dopo la crisi energetica ed economica del 1973 furono costrette a chiudere. Ma di loro restano alcune vetture che, ad ogni sguardo, ci fanno intravedere due elementi fondamentali che proseguono con gli amanti delle auto d'epoca: la passione e la visione di un sogno, che per alcuni si è realizzato.

Automobili celebri: l'Isotta Fraschini di Gabriele D'Annunzio, la Bugatti rossa sulla quale trovò la morte Isadora Duncan. Altre celebrità a quattro ruote?

La Porsche 356 Speedster di James Deen, sulla quale morì per incidente stradale; la Jaguar E type 3,8 1^ serie nera di Diabolik; l'Alfa Romeo Duetto coda lunga (detto "osso di seppia") del film Il laureato con Dustin Hofmann; la Lancia Aurelia B 24 del film Il sorpasso con Vittorio Gassman: la Fiat 850 Spider del film L'automobile con Anna Magnani…

Passo direttamente alla domanda, sottintendendo le allusioni storiche al futurismo e al culto per la macchina e per la velocità, l'interpretazione pittorica e scultorea della bicicletta da parte di un Fortunato Depero e di un Marcel Duchamp e altro ancora. Come potrebbero, a tuo avviso, essere coinvolte le automobili nell'arte? Riterresti un tale coinvolgimento interessante? A che livello?

Nel 2005, alla Fiera di Padova, l'A.A.V.S. (Associazione Amatori Veicoli Storici) (www.aavs.it), del cui direttivo faccio parte, organizzò un convegno dal titolo provocatorio: L’auto è arte? La mia recensione dell'evento è stata pubblicata qui: http://www.virtualcar.it/?p=96. Partecipò anche Vittorio Sgarbi e senza dubbio tutti furono concordi che la vettura, come espressione del genio dell’uomo, è arte. Come accade a tutti i migliori artisti, ci sono opere che sono delle terribili croste e questo succede anche nel disegno e nella costruzione delle automobili.