Tocchiamo i dolenti tasti della danza in Italia

Premessa

La danza è un'arte che ha radici forti ed antichissime: possiamo ben dire che è la prima forma espressiva che l'uomo abbia mai sperimentato e conosciuto con il suo corpo. Sin dall'antichità, ancor prima dell'uso della parola scritta, l'essere umano esprimeva se stesso attraverso i movimenti del corpo ai quali dava il significato di simbolo per mostrare emozioni, stati d'animo, descrivere esperienze di vita (nascite, fidanzamenti, matrimoni, lutti, guerre), esorcizzare la natura, richiedere la benevolenza delle forze divine, per corteggiare, per narrare, per comunicare.

La danza fa parte della storia dell'uomo, si è trasformata nei secoli ed è sempre esistita. Con essa, attraverso i movimenti significativi del corpo, l'uomo comunica ed il gesto ne è il linguaggio: lo strumento di comunicazione. La danza può dunque definirsi la madre delle arti.

La danza ed il balletto hanno avuto una grande tradizione in Italia. Soprattutto nell'Ottocento ballerine di origine italiana hanno portato alto il nome della nostra Nazione e fatto la storia del balletto: Maria Taglioni, Carlotta Grisi, Fanny Cerrito, Pierina Legnani, Antonietta Dell'Era, come vi sono stati altresì coreografi fondamentali nella crescita della popolarità della danza, anch'essi italiani, quali Filippo Taglioni, Salvatore Viganò, Carlo Blasis. La tradizione è felicemente proseguita nel Novecento con grandi étoiles italiane, protagoniste della danza internazionale, e, ancora adesso, nel secondo millennio.

La situazione della danza in Italia

Tantissime scuole di danza, tantissimi allievi, tantissimi praticanti, tantissimi appassionati, pubblico caloroso e desideroso di rivivere il repertorio, incuriosito dalle nuove tendenze… eppure, intorno quasi nulla. Cosa viene offerto in cambio? Molto poco: fondazioni liriche, che, pur finanziate dallo Stato, quasi nella totalità, eliminano il proprio corpo di ballo stabile che dovrebbe essere garantito invece da quei finanziamenti; compagnie (anche di elevato livello artistico) che vivacchiano alla ricerca disperata di reperire i fondi per la loro sopravvivenza ovvero compagnie raccogliticce che attingono ai finanziamenti statali a scapito di realtà artistiche di maggior livello; disinteresse da parte degli sponsor e delle istituzioni deputate; beghe, invidie, gelosie degli addetti ai lavori; critica per lo più condizionata. In conclusione: la danza = tradizione, cultura, arte, non abita più qui. Cosa ha provocato questo sfacelo?

 

Prima riflessione: la commercializzazione di quest'arte. Quante di queste tantissime scuole sono oggi realmente idonee a formare ballerini all'altezza? Ed, inoltre, come mai nella maggior parte di esse, non esiste una selezione dei migliori, non è richiesta l'idoneità fisica degli allievi, non si pensa che in quel momento si sta insegnando un mestiere, non è necessario un diploma per dare lezioni? In molte scuole di danza si da e si prende di tutto e di più. Tanto tutti possono insegnare e tutti possono imparare a danzare e, comunque, chi paga va accontentato ed, inoltre, per i titolari di una scuola la propria è sempre la migliore delle altre. Questo è un "business" che va solo a danno dei giovani. Esistono, per onor del vero, molte eccezioni e chiaramente non si può generalizzare ma l'impressione è che la mancanza di professionalità e l’improvvisazione dilaghi un po' per tutta la penisola: basta avere uno spazio in una palestra e si improvvisano corsi di danza e, in conclusione, poi, la cosa più importante è preparare un fastoso saggio in modo da far credere che la danza sia un'apparenza fatta di luci, di suoni e di bei costumi e non invece un'arte difficile fatta di tecnica, di perfezione e di grazia. Infine, si può anche dire che poiché costa (e molto!) pagarsi le lezioni e connessi (abbigliamento, stages, perfezionamenti, concorsi, saggi) chi non ha possibilità economiche, pur essendo dotato, raramente può proseguire in questa professione.

 

Seconda riflessione: quante sono le compagnie di danza italiane che hanno un'audience internazionale? Si possono contare con le dita della mano. Tradizionalmente, le più forti, sono quelle collegate ai teatri storici nazionali e cioè quelle della Scala di Milano, dell'Opera di Roma ed del San Carlo di Napoli che si possono permettere di mettere in scena il repertorio storico a buon livello. Solo i teatri di Milano, Roma e Napoli, infatti, hanno mantenuto la scuola di danza e ciò ha in un certo senso agevolato il ricambio nei rispettivi corpi di ballo ed aperto alcune prospettive (peraltro sempre troppo poche) ai propri allievi che posseggono senza dubbio una preparazione di livello alto. Purtroppo, la meritoria scelta di questi Teatri, al contrario di quanto praticato in quasi tutte le altre fondazioni liriche che hanno eliminato il ballo per risparmiare, non ha avuto e non ha in cambio alcun incentivo o riconoscimento da parte dello Stato che ne dovrebbe essere invece garante considerata, altresì, la grave situazione sempre più diffusa in tutta la penisola che provocherà prima o poi la definitiva scomparsa della danza italiana sui palcoscenici nazionali ed internazionali.

 

Terza riflessione: cosa fa lo Stato per sostenere la danza? Esiste presso il Ministero del Beni culturali ed ambientali una Commissione Nazionale per la danza. È questa una Commissione che giudica i programmi di danza delle Fondazioni liriche ai fini della qualità per accedere al contributo del Fondo Unico dello Spettacolo e che distribuisce, altresì, i finanziamenti alle compagnie di danza nazionali secondo vari parametri. Una Commissione per la Danza, istituita dal Ministero deputato a tale attività, dovrebbe anche avere compiti di indirizzo e lottare per la sopravvivenza della danza. Le Fondazioni liriche sono finanziate dallo Stato a mezzo del famoso Fondo Unico per lo Spettacolo attraverso vari parametri percentuali: un parametro di media storica relativa ai fondi percepiti nel passato, uno attinente alla quantità di manifestazioni svolte nel triennio, uno relativo alla qualità dei programmi ed, infine, uno relativo al costo del personale riconosciuto in organico. Per quanto riguarda il parametro relativo alle manifestazioni effettuate, le stesse sono quantificate secondo vari punteggi: un'opera lirica con oltre 100 elementi vale 10 punti mentre fino a 100 elementi vale 6,5 punti; il balletto vale 5 punti se eseguito con orchestra e corpo di ballo della Fondazione; 4 punti se con orchestra e compagnia esterna; 3 punti se con base registrata e corpo di ballo della Fondazione e 2 punti se con base registrata e compagnia esterna. È evidente che un "Lago dei Cigni" con orchestra (80 elementi circa) e 40-50 ballerini più étoiles, primi ballerini e solisti viene considerato esattamente la metà di un'opera lirica. Eppure per mettere in scena il "Lago", in forma tradizionale ed all'altezza di un pubblico esigente come è quello del balletto, occorrono scene, costumi, scarpine, parrucche etc. (tanto quanto necessita per un'opera lirica), un direttore d'orchestra, un coreografo più assistenti, maestri di ballo, pianista, regista, scenografo, costumista oltre che la compagnia di ballo e l'orchestra. Invece, cosa fa il nostro Ministero? Considera la danza un optional, inferiore (addirittura la metà) rispetto all'opera, sicché i teatri preferiscono prendere più punti con la lirica, che rende di più, per aumentare l’aliquota di finanziamento. La Commissione per la danza ed i teatri italiani dove ancora la danza vive dovrebbero a questo punto farsi promotori di un emendamento riguardo al regolamento per la ripartizione del Fondo unico dello Spettacolo: un emendamento che in primo luogo dia forza a quei teatri che hanno mantenuto un proprio Corpo di ballo ed investito nel futuro con la propria scuola di ballo rispetto a quelli che hanno smantellato tutto, in modo che non si verifichino ancora perdite di questo genere in quelle poche Fondazioni nelle quali ancora il Ballo fa parte delle masse artistiche ed, in secondo luogo, dovrebbero pretendere un riequilibrio del punteggio destinato alla danza da portare quanto meno ad un parametro superiore al 6,5 che viene valutato per un'opera lirica con meno 100 elementi. Un punteggio, per esempio, di 8 (balletto con orchestra e corpo di ballo della Fondazione) darebbe un ottimo incentivo ai Teatri nazionali per mantenere in vita il Corpo di ballo e nello stesso programmare balletti nelle proprie stagioni.

 

Quarta riflessione: il mezzo principe di comunicazione (la TV) propone solo ciò che fa audience o si ritiene possa attirare il grande pubblico dei telespettatori. Programmi senza alcun contenuto artistico impostati soltanto sul favore che incontrano tra la gente e, quindi, serie tipo "Saranno famosi" o "Amici" che, certamente, hanno avvicinato molti giovani a qualcosa che assomiglia alla danza ma non sono serviti a far conoscere la "vera" danza. La crescita della danza, inoltre, non può dipendere da false illusioni di facile guadagno mostrando veline che servono da riempitivo o ballerinette in competizione. Il mezzo pubblico televisivo deve essere anche un veicolo di informazione culturale e non è certo corretto trasmettere, quelle poche volte che avviene, la danza quella "vera" in orari improbabili in cui la gente è a dormire o al lavoro.

 

Quinta e più riflessioni: L'aumento a 52 dell'età pensionabile dei ballerini (c’è anche la possibilità che si arrivi a 60) è stata una norma suicida per il settore. Un ballerino è come un professionista dello sport, come un pilota o come qualsiasi altro lavoratore che eserciti una professione dove sono necessari idoneità di fisico e notevoli riflessi. Dopo una certa età, però, per legge di vita, salvo casi eccezionali, non si è più in grado di rendere decorosamente. L'aumento dell'età pensionabile è stata deleteria per le compagnie di ballo delle Fondazioni liriche dove i posti stabili (e questo è un altro problema) sono occupati da elementi ormai poco o per niente utilizzabili per una buona resa dello spettacolo. Bisogna assolutamente ripristinare la norma che come massimo termine per il diritto alla pensione prevedeva i 40-45 anni e ciò, anche e soprattutto, per una forma di rispetto nei confronti di coloro che, in ogni caso, nel loro passato hanno sudato e faticato sul palcoscenico dando il meglio di loro stessi. Senza averne colpa, costoro impediscono, di fatto, il ringiovanimento del Corpo di ballo in quanto sono inseriti in un budget finanziario di organico fisso e, difficilmente, di fronte ad una spesa di personale che non è produttiva ma che è, in ogni caso, dovuta, un'azienda investe ulteriori risorse. Se si ritiene che la norma dell'età pensionabile non possa essere cambiata, allora bisogna trovare delle soluzioni alternative di impiego produttivo in altri settori delle Fondazioni mantenendo lo stato giuridico, in modo da far concludere il servizio reso sempre all'età prevista per i tersicorei, e facendo accettare nello stesso tempo (ahimè: questa è la difficoltà più grande) al ballerino che, dopo una certa età, ci si deve sottoporre obbligatoriamente a visita di idoneità. Un violinista con un problema al braccio o alle dita non può più suonare, un ballerino se perde la linea o se decade muscolarmente non può più ballare. Infine, la danza è un'arte che pretende armonia di gesti, di movimenti, di visione e la sicurezza del posto stabile con relativa età che avanza non giova per una buona resa della compagnia (meglio contratti per più anni ma a scadenza e con eventuali rinnovi). La danza può per certi versi essere considerata alla stregua dello sport: bisogna essere sempre competitivi. Si aggiunga, poi, che l'obbligo della "classe" per tre giorni la settimana, prescritto dal Contratto nazionale di lavoro dei tersicorei, è veramente l'ultima "trovata" per incentivare il disimpegno di chi lavora in questo settore. Una persona che usa il proprio corpo per lavoro è come uno che pratica sport (e un ballerino fa parte di questa categoria) e non può, quindi, permettersi di non allenarsi giornalmente.

Conclusione

Occorre, a questo punto, una riflessione approfondita e matura da parte delle istituzioni, di tutti gli operatori della danza e dei Sindacati per dare un segnale costruttivo al settore e per riportare sulla giusta strada la professione del danzatore che è fatta di studio costante e serio, di fatica, di impegno, di forza di volontà ma che, assieme all'amore per la propria professione e alla passione per quest'arte meravigliosa, potrà anche dare grandi soddisfazioni per chi lavora in questo campo e futuro ai tanti allievi che studiano con la speranza di realizzare i loro sogni… altrimenti si può dire che è già iniziata la discesa verso la fine della "nostra" danza.