La sinergia della croma parlata
Vincenzo
Zitello durante il primo incontro della rassegna La Musica nell'uovo, libreria la
Feltrinelli Libri e Musica di Monza, 11 gennaio 2009.
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Foto Gloria Chiappani Rodichevski
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Ovvero l'arpa e la poesia che si parlano. Dal profondo,
seguendo flussi di pensiero e di sentire, ognuna assecondando il linguaggio
dell'altra. Che si parlano ‑ in un avverbio ‑ sinergicamente.
L'arpa è quella dell'artista di fama internazionale Vincenzo
Zitello e la parola poetica è (lo dico abbassando
decisamente la voce) la mia.
Ho assistito ad alcuni suoi concerti come giornalista, ma
soprattutto come persona interessata alla sua arte: è in questa veste che mi
sono sorpresa a comporre – proprio mentre lui suonava – versi ispiratimi dalla
sua musica. Versi che, successivamente, ho strutturato in una silloge.
Nell'intervista (di cui propongo, qui, uno
stralcio) rilasciatami il 7 febbraio 2009, Vincenzo Zitello ha parlato anche di questa
sinergia.
[…]
In questa nostra chiacchierata siamo partiti
dall'idea del divenire, del tempo che lascia liberi di far fluire la propria
creatività e di realizzarsi come uomini e come artisti e siamo approdati al
concetto di reiterazione, di insistenza, di ossessione dalla quale lasciarsi
scavare, prima di poter portare qualcosa allo scoperto. Trovo che si tratti di
un'antitesi solo apparente, perché un passaggio c'è, forse addirittura un
elemento unificatore: l'energia vitale.
Sì, esistono energie
che veicolano il pensiero, lasciandolo libero di percorrere il suo cammino, di
fermarsi (di scavare come hai detto tu), di riprendere. Alla fine il pensiero
lo ritrovi…
… a raccolto fatto, con qualcosa da porgere alla pubblica
fruizione.
Eh, sì. Certe
creazioni sono possibili perché esistono dei pozzi intergalattici (se vogliamo
definirli così) da cui attingere pensieri ed energie. Le cose, i fatti, i gesti
comunicano fra loro e fanno scaturire una forza alla quale è possibile
accedere. Voglio prendere un esempio molto concreto. Durante alcuni miei
concerti tu hai scritto una serie di poesie che hai, successivamente,
strutturato in una silloge.
Rammento bene la prima volta. Il brano d'apertura del tuo
concerto fu Serenade.
Dopo le prime note infilai la mano nella borsetta, dove tengo sempre la penna e
un blocchetto di carta, e cominciai a scrivere versi ispirati dalla tua musica.
Le tue sono rappresentazioni
di ciò che l'intuito ti detta. La tua poesia è scaturita dalle frequenze del
suono. La musica era lì, è vero, ma era lì che c'eri tu: la poesia che hai
composto è un patrimonio che ti appartiene, tuo e soltanto tuo. Io suonavo e ho
notato che – seduta in prima fila – tu scrivevi; la musica, con le frequenze
dei suoi suoni, era indirizzata a tutti i presenti e tutti l'hanno apprezzata e
anche amata, ma solo tu hai vibrato in quel modo particolare.
Sono relazioni tra
le cose, complesse e – contemporaneamente ‑ semplici, che si instaurano
spontaneamente. È il pensiero che fluisce. Si può parlare di intelligenza della
mano. È chiaro che la mano, in sé, non è intelligente, però il cervello che
l'aiuta a muoversi sembra quasi permetterle una vita propria. Ci sono magie che
fanno sì che le cose si cerchino, si trovino, si tocchino. Siamo di fronte a
sinergie: una cosa che spinge l'altra…
Certo, non è solo giustapposizione ‑ ascolto un brano e
poi, a caldo, scrivo una poesia che lo commenti ‑. È contatto emozionale,
comunicazione non verbale, un legame intuìto,
l'analisi e la sintesi al tempo stesso (capacità proprie della poesia).
Ecco la vera
sinergia. Tu sei come una medium che ‑ entrando in contatto diretto con
le cose che l'arte smuove ‑ aggancia le cose stesse l'una all'altra e le
fa interagire. Questa tua caratteristica la si coglie subito, guardandoti.
Vincenzo, ti ringrazio per aver sostenuto anche con le tue parole
la mia ricerca di sinergie.
[…]