come talvolta amava
firmarsi. Una creatura eterodossa, un atipo. Ine?briante,
se ci si lascia cogliere; totale. Tanto che si ha quasi l’impres?sione che la
parola non abbia più ragione di esprimersi oltre Emily, perché ella ha già
osservato tutto e comunicato tutto. Impressione di una barriera, la Dickinson,
di un limite estremo, dell’ultima follia permessa prima che tutto s’inabissi.
Non è mia intenzione,
qui, stilare una breve guida alla poetessa della Nuova Inghilterra, né
imprigionare i suoi versi in un discorso critico. Desidero solo proporre alcuni
frammenti della sua squisita sensibilità naturalistica per partecipare, assieme
a lei e attraverso di lei, al palpito nascosto delle cose.
Partecipazione che
troppo spesso tralasciamo per affondare nella prosaicità quotidiana, mentre
dovremmo imparare a riemergerne ogni volta, in una, fuga purificatrice verso l’estensione e la
perpetuità:
«Ebbra d’aria son io,
Ubriaca di rugiada
Barcollo da taverne di blu fuso
Per giorni senza fine di estate.»
Mentre dovremmo
apprendere a non tacitare richieste d’amore:
«Se quando i pettirossi torneranno
Io non fossi più viva,
Una briciola date in mia memoria
A quello che ha cravatta di vermiglio…»
e di sole:
«Portami il
tramonto in una tazza…»
e di minuzie:
«Scrivimi…
quanti passetti fa la tartaruga…»
Mentre dovremmo
frantumare l’ovvietà per ricreare mondi minuti ed operosi:
«Fiori lucenti fendevano un calice,
Si libravan su uno stelo
Bandiere contrastate,
Poi pienamente issate aromi agli orli »
e ancora:
«… ha l’erba… le farfalle da covare
E le api da spassare…»
e ancora:
«Un ragno cuciva
Di notte, senza lume,
Sopra un arco bianco…»
Operazioni queste che
dovremmo apprendere le quali non si esauriscono in se stesse, ma che ci
plasmano ad un nuovo
sentire e ci spingono verso una disponibilità a percepire le cose del creato,
ad amarle facendole profondamente nostre. Ed è proprio con questa luminosità che dobbiamo volerci per
sostituire all’abulia la responsabilità, la lotta, la “forza di amare”.
Per concludere leggiamo
ancora una volta Emily e facciamo nostra la sua meditazione per poter “salpare
lasciandoci alle spalle un posto pulito”:
«Se potrò impedire ad un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano;
se potrò alleviare il dolore di una vita
o placare una pena,
o aiutare un pettirosso morente
a rientrare nel suo nido,
non avrò vissuto invano.»
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