Museo Fondazione Luciana Matalon, Milano

Il pavimento del Museo Fondazione Luciana Matalon

Scopro l'esistenza del Museo Fondazione Luciana Matalon di Milano per caso.

Quando mi reco a Milano per seguire qualche manifestazione culturale del centro, raggiungo il capoluogo in treno e copro a piedi la strada che dalla stazione Cadorna conduce in piazza Duomo. Mi piace farlo.

Il 2 marzo 2005 sono a Milano per partecipare all'incontro, che si tiene al Teatro alla Scala, con Angelin Preljocaj e con Jacopo Godani, coreografi di Europa che debutterà dopo qualche giorno al Teatro degli Arcimboldi. Sul cammino che mi porta, come dicevo, dalla stazione Cadorna a piazza Duomo, "inciampo" nel 67 di Foro Bonaparte e vi scopro un museo nel quale, dopo circa un'ora, verrà inaugurata una mostra di sculture e di incisioni appartenenti alla maturità di Fausto Melotti.

Apro la porta e trovo uno dei curatori della mostra, Pier Luigi Senna, il quale mi spiega che, tornando dopo un'ora, potrò presenziare all'inaugurazione della mostra. Dichiaratagli la ragione per la quale mi è impossibile tornare, egli mi offre seduta stante una visita guidata sia alla mostra sia alla parte museale. Accetto volentieri, rammaricandomi di avere poco tempo. Mi renderò tuttavia conto, al termine della visita, di averla capitalizzata benissimo, quell'esiguità di tempo, essendo riuscita a godermi la mostra ed avendo tratto suggestioni dalle opere di Luciana Matalon, esposte al Museo.

La Matalon, scultrice, pittrice e designer di gioielli, ha concepito uno spazio, quello della Fondazione, come "un ampliamento di orizzonti" e "una struttura ricettiva attenta soprattutto ai giovani artisti" e l'ha aperto al pubblico nel novembre 2000.

L'intenzione dello staff che si occupa delle scelte espositive, mi rende noto Pier Luigi Senna, è quella di dar corso ad almeno un paio di mostre all'anno, di grosso peso e richiamo, affiancandole da rassegne e/o personali "minori". Non essendo, mi spiega sempre il mio interlocutore, lo spazio espositivo etichettato "di tendenza" ‑ non intendendolo cioè legato ad un particolare genere o movimento ‑, si preferisce dare spazio ad artisti che presentino qualche affinità o contiguità con l'opera di Luciana Matalon, anche se in modo non tassativo.

Ma veniamo allo spazio fisico del museo.

Esso comprende settecento metri quadrati che si estendono su due piani. Centotrenta metri quadrati di pavimento del Museo, sono stati "inventati" dalla stessa Matalon, che ha usato speciali resine epossidiche, autolivellanti, trasparenti e riflettenti per creare un universo che abbiamo quasi timore di profanare camminandovi sopra. Un tema ricorrente, quello cosmico, come ricorrente è il richiamo alla memoria e alla mente: Dagli scavi della memoria, Nelle paludi della memoria, Negli anfratti della memoria, Negli anfratti della mente, Paesaggio mentale, Nell'abside della mente cerco cieli solitari.

Attorno ad altri temi-simboli si snodano le sculture e i quadri della fondatrice del Museo che da lei prende il nome: il tema dell'isola, quello dell'axis mundi, quello della piramide, quello della scala intesa come cammino spesso verso l'irraggiungibile. Il simbolo della scala (che è protagonista della scultura Nell'abside della mente cerco cieli solitari) è divenuto il logo del Museo. E che cosa meglio di una scala - mezzo per salire, per raggiungere ciò che la nostra finitezza d'uomini non ci permette - poteva essere scelto come logo per uno spazio museale ed espositivo che Luciana Matalon ha creato quale luogo dove l'orizzonte si amplia promettendo ricche visioni?