Intervista a Pina Testa, la musa di un Paganini tutto tersicoreo
26 marzo 2008
Pina, desidererei che cominciassimo quest'intervista partendo
dall'occasione che mi ha permesso di incontrarti a Firenze, durante la terza
edizione di "Danza in fiera" (21-24 febbraio 2008): due tue
fotografie e una tua testimonianza sono presenti in L'Effimero in posa, il libro che ho scritto sul fotografo di danza
Alessio Buccafusca e che verrà pubblicato dalla Fondazione Léonide Massine.
Pina Testa tra Vladimir Derevianko e
Vladimir Vasiliev a "Danza in fiera" di Firenze (21-24 febbraio
2008).
© Foto Alexandre Rodichevski
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La mia testimonianza in L'Effimero
in posa è stata per me l'occasione sia di ricordare l'inizio del mio
rapporto professionale con Alessio Buccafusca sia di fare luce sulla
delicatezza del lavoro in uno studio di posa. Come tu ricordi nel tuo libro, io
sono stata la prima ballerina alla quale Alessio ha fatto un book fotografico e il nostro è stato un
motivarci a vicenda: il rapporto tra fotografo e ballerino è infatti molto
importante.
Venendo alle due fotografie che citi, in esse sono stata
ritratta assieme a Vladimir Vasiliev, Ekaterina Maximova, Vladimir Derevianko,
Zarko Prebil e ai ballerini del Teatro San Carlo di Napoli (teatro alla cui
Compagnia di Balletto appartenevo). Eravamo nel 1987, dopo uno spettacolo
costituito da tre balletti: Pulcinella (coreografia
di Léonide Massine), Paganini (coreografia
di Vladimir Vasiliev) e Gaîté parisienne (coreografia
di Léonide Massine). In Gaîté ero la
ballerina di cancan, mentre in Paganini
interpretavo la Musa, accanto a Volodia Derevianko. Non mi dimenticherò mai
quei momenti! Volodia aveva 25 anni e io 26. Interpretai la Musa di Paganini da
solista. Fu dopo quella rappresentazione che venni nominata prima ballerina. Ci
sono alcune persone che devo ringraziare per aver creduto in me ed avermi
quindi dato una simile opportunità: il sovrintendente Renzo Giacchieri, Volodia
Vasiliev, Volodia Derevianko e Ekaterina Maximova. Cogliendo quell'opportunità,
mi sono trovata ad avere gli occhi di tutti puntati su di me. È stato un grande
esame, ma ho potuto coronare il sogno della mia vita: ballare con Derevianko.
Al suo fianco era come se fossi stata da sempre una prima ballerina, perché
Volodia è un artista e una persona completa. Ha una tecnica ed un'espressività
formidabili e ti aiuta molto. Si era creata un'intesa profonda, tra noi: quando
ballavamo ci sentivamo isolati in un mondo nostro, al di fuori del tempo.
E che cosa mi racconti di Vasiliev e della Maximova?
Mi hanno trasformata. La Maximova ha curato la mia
espressività in generale e quella delle braccia in particolare. Io mi
apprestavo ad interpretare la Musa di Paganini, quindi dovevo entrare nello spirito
giusto. La Musa è un essere che non esiste nella realtà di Paganini, ma che lui
sente profondamente: lei è nell'ombra, è lontana, tuttavia lui ne avverte –
forte ‑ la presenza.
Derevianko, Vasiliev, Maximova e Prebil: a tutti loro devo
moltissimo, perché sono stati con me in un momento decisivo della mia carriera.
Dopo i miei genitori oso definirli le persone più importanti della mia vita.
Vogliamo tornare a parlare di fotografia? Che cosa rappresenta
per te la fotografia?
Pina Testa tra Vladimir Derevianko e
Vladimir Vasiliev a "Danza in fiera" di Firenze (21-24 febbraio
2008).
© Foto Alexandre Rodichevski
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Quello che mi colpisce sempre di una fotografia è che provo
una forte emozione, guardandola. Mentre balli sei molto concentrata e non badi
al fotografo, ma quando – successivamente ‑ vedi il risultato dello
scatto, ti rendi conto di quanto il fotografo sia riuscito a coglierti. Proprio
in quel momento hai dunque la conferma che sei stata in grado di trasmettere
ciò che provavi durante la tua esibizione.
Le tue emozioni hanno, insomma, lasciato l'alveo della tua
interiorità uscendo allo scoperto e riverberandosi sul pubblico. E in tal modo
si sono oggettivate; storicizzate, addirittura, se consideriamo la fotografia
come un investimento che il presente fa nei confronti del futuro, creando sin
d'ora ciò che nel futuro diverrà ricordo e memoria.
Certo: se una fotografia è fatta bene, può diventare magia.
Le belle fotografie, soprattutto di danza, sono difficili da ottenere perché di
un ballerino occorre saper cogliere l'attimo espressivo oltre che quello in cui
si sta esprimendo in un modo tecnicamente perfetto. Quando Alessio Buccafusca
mi fotografava, sentivo che mi voleva bene: mi scattava delle foto
"amandomi". Altri mi hanno ritratta, ma con Alessio si era creata una
sintonia tale da permettergli di cogliere sempre i miei attimi giusti.
Ed ora vorrei accennare alle tue attuali attività. Sei
fondatrice e coreografa della Compagnia "Balletto Salernitano",
responsabile del settore danza del Teatro delle Arti di Salerno, coreografa del
"Premio Charlot" di Pæstum e del Teatro Comunale "Giuseppe Verdi"
di Salerno. Inoltre hai fondato la scuola di danza "Professional
ballet" a Salerno.
Pina Testa nello studio di posa di Alessio
Buccafusca (1977).
© Foto Alessio Buccafusca
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La scuola compie trent'anni nel 2008: il 6 giugno ci saranno
i festeggiamenti. Questa scuola è la mia vita e consta di 250 allievi. Un altro
evento in cui credo molto è il "Chianciano Dance Studio" (http://www.chiancianodancestudio.com),
lo stage nazionale che ho fondato quattro anni fa a Chianciano, una terra che
ritengo fertile in quanto a danza. La sfida che ci siamo lanciati è stata
quella di seguire gli allievi dello stage oltre la danza: offriamo infatti loro
l'opportunità di partecipare a gite culturali ma anche di rilassarsi attraverso
momenti ludici come la discoteca. I ragazzi sono sempre seguiti, mai lasciati a
se stessi: vogliamo essere presenti, per la loro sicurezza, non costringendoli,
però, in un clima rigido e asettico.
Lo scorso anno, a "Chianciano Dance Studio", ho
invitato come ospite Volodia Derevianko. Era da lungo tempo che non ci
vedevamo: come ti puoi immaginare è stata una grande emozione.
Pina Testa insegnante: che cosa diresti ad un allievo
determinato ad intraprendere la carriera di ballerino?
Primo: occorre cercare di perseguire i propri obiettivi
senza crearsi false aspettative. Secondo: alla base di tutto c'è il lavoro,
l'allenamento fisico. Ogni giorno c'è l'appuntamento con la sbarra alle 10: da
questo non si può prescindere perché è ciò che ti forma.
Quindi il "secondo" è in realtà un primo ex aequo.
Gloria Chiappani Rodichevski mentre
intervista la ballerina Pina Testa, durante "Danza in fiera" a
Firenze (21-24 febbraio 2008).
© Foto Alessio Buccafusca
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Espressione brillante, la tua! Quello che i ragazzi devono
imparare è che nella danza il rapporto con gli altri non è facile perché si è costantemente
in competizione, ma non sempre serenamente. Danzare è un'audizione continua.
Tocchiamo, adesso, il tema della disciplina. Prendi una trasmissione
come Amici di Maria De Filippi: lì
non esiste disciplina! La danza è un'altra cosa. Il rispetto per l'insegnante,
invece, è fondamentale; la competizione tra insegnante e allievo – come c'è in Amici ‑ è inammissibile. Diceva la
signora Milly Wanda Clerici (prima ballerina della Scala e, per un certo
periodo, direttrice della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo) che da ogni
insegnante c'è qualcosa da imparare, anche dal peggiore. Inoltre è molto
importante studiare con diversi maestri perché l'allievo deve poter trovare
l'insegnante adatto al proprio carattere. Deve, cioè, crearsi una simbiosi:
solo così l'allievo può crescere.