Quale futuro per lo spettacolo dal vivo?
Una nuova proposta di legge quadro che non risolve i
problemi
Premessa. 1
Alcune considerazioni sulla
proposta di legge. 1
I principi generali ed i compiti dello Stato. 1
Le attività di danza. 3
Il F.U.S. (Fondo Unico dello Spettacolo) 4
Proposta di incentivi a favore delle attività di balletto delle
fondazioni liriche. 5
Proposta di nuovi indicatori di rilevazione del F.U.S. per aumentare la
produzione di danza nei teatri lirici 5
Le Fondazioni lirico-sinfoniche. 6
Ulteriori proposte. 7
Conclusione. 7
La bozza di legge quadro per lo
spettacolo dal vivo presentata nel maggio 2007 dal Sottosegretario del
Ministero Beni Culturali Elena Montecchi 7
Dopo tanti anni di attesa, dopo tante legislature trascorse
senza che nulla avvenisse, dopo tante proposte di legge lasciate nel
dimenticatoio, incontri, conferenze, dichiarazioni, promesse, proteste viene
adesso presentata dal Sottosegretario del Ministero Beni Culturali Elena
Montecchi una bozza di legge quadro sullo spettacolo dal vivo che, anziché dare
chiarezza e garanzie al sistema, è capace solo di aumentarne le incertezze non
garantendo risorse certe e ruoli di competenza, svalutando il significato di
centralità della cultura e, conseguentemente, il vero connotato dello
spettacolo dal vivo che, al contrario, dovrebbe essere considerato come una
delle più importanti "opere pubbliche" dello Stato italiano in quanto
facente parte essenziale della sua identità culturale e della sua immagine
nazionale e internazionale.
Il testo proposto all'art. 1 della bozza di legge determina
i principi fondamentali e detta norme di competenza dello Stato in materia di
spettacolo dal vivo con riferimento al teatro, alla musica, alla danza, al
circo e allo spettacolo viaggiante, comprese le attività degli artisti di
strada e le diverse forme di teatro e di spettacolo urbano. Nei principi
generali, inoltre, viene evidenziato come la Repubblica riconosce lo spettacolo
dal vivo quale patrimonio artistico del Paese e quale strumento di affermazione
dell'identità culturale italiana tutelandone la libera creatività ed
espressione e confermando che lo stesso è parte integrante degli indirizzi
dettati dalle convenzioni Unesco sulla protezione e la promozione della
diversità delle espressioni culturali e sulla salvaguardia del patrimonio culturale
immateriale.
Fin qui nulla da eccepire, salvo poi dissentire su gran
parte del resto della normativa proposta che, invece, sembra al contrario non
tener conto del reale significato della parola patrimonio artistico del Paese
in quanto, anziché unire, tende a decentrare, rinunciando di fatto lo Stato ad
una politica culturale unitaria intesa come fattore indispensabile per rendere
lo spettacolo dal vivo uno strumento essenziale per la crescita del cittadino
nonché fattore di coesione e integrazione sociale, stimolo per le generazioni
future, valore sociale senza barriere, fucina di idee e sperimentazioni,
custode della storia e delle tradizioni artistiche della Nazione.
Passando all'esame degli articoli della bozza di legge
quadro non può non notarsi che all'art. 1 (principi generali), punto 3, vengono
elencati i soggetti garanti della salvaguardia del patrimonio culturale
immateriale in ordine inverso a partire dai Comuni fino allo Stato. Poiché lo
Stato è il garante principale degli indirizzi dettati dalle convenzioni UNESCO
ed allo stesso viene riconosciuta la centralità della politica culturale, non
può, a questo punto, non assumersi il suo ruolo primario in ordine ai compiti
che si prefigge la legge quadro e, dato il suo ruolo centrale, gli altri,
semmai, dovrebbero seguire ma mai precedere.
Dopo l'elencazione dei principi generali che ispirano la
proposta di legge attinenti al sostegno e alla diffusione dello spettacolo dal
vivo in Italia e all'estero, alla valorizzazione della tradizione nazionale e
locale, all'impulso per l'innovazione artistica ed imprenditoria e alle
garanzie da dare per un'ampia fruizione degli spettacoli, risulta
indispensabile aggiungere un punto ulteriore che sembra essere stato quasi
dimenticato e cioè quello relativo alla promozione della formazione delle
figure professionali operanti nel settore dello spettacolo dal vivo in quanto
solo attraverso le stesse possono diventare fattibili le attività connesse.
Nella bozza di legge non è, poi, affrontato all'art. 2
(compiti dello Stato) il problema legato all'accesso al credito dei soggetti
dello spettacolo dal vivo che per poter sopravvivere hanno spesso bisogno di
ricorrere a cospicue anticipazioni prima di ricevere i contributi. Lo Stato ha,
inoltre, il dovere di favorire l'imprenditoria del settore e di agevolare dal
punto fiscale i soggetti privati che intendono investire nello spettacolo.
Finché ciò non avverrà, soprattutto nelle regioni più deboli, difficilmente si
potrà verificare che i privati investano nello spettacolo. Per questo motivo
occorre aggiungere un ulteriore comma che imponga allo Stato di impegnarsi per
una politica di accesso al credito da parte degli operatori dello spettacolo in
modo da favorire sia la crescita delle strutture del settore sia il sostegno
dei privati a mezzo anche di sgravi fiscali.
Al comma l) dell'art. 2 viene promossa e sostenuta dallo
Stato la diffusione del repertorio classico del teatro greco e romano. Questa
eccezione ed evidenziazione di tipologia di spettacolo serve a non disperdere
la grande tradizione italiana nello studio e rappresentazione del repertorio
classico antico. È impegno lodevole ma che non tiene conto di altre situazioni
meritevoli di eccezione ed evidenziazione come lo è la danza, considerata ancor
oggi la cenerentola del settore pur avendo la stessa un gran seguito di
pubblico, di utenti e di operatori, che si dibatte in una crisi senza uscita da
tempo.
La danza, tuttavia, solo grazie alla sua naturale forza di
messaggio soprattutto verso i giovani, si trova posizionata in costante
crescita nelle statistiche della Siae in controtendenza rispetto agli altri
settori. Il che dimostra quanto sia apprezzata e seguita dal pubblico. Basti
pensare, infatti, alle tantissime scuole di danza che esistono nel territorio
nazionale, alle innumerevoli iniziative quali stage, corsi, festival, concorsi
ed al grande indotto prodotto dalla stessa. Ai fini produttivi, però, non
esistono grandi sbocchi perché quest'arte, storicamente la più antica del
mondo, da sempre non viene tenuta nella debita considerazione da parte di
coloro che avrebbero la possibilità di ridarle il posto che merita nell'ambito
delle arti dello spettacolo. Lo Stato ha, quindi, il dovere di restituire pari
dignità, valenza e opportunità alla danza come d'altronde invocato da tutto un
mondo di operatori, di pubblico e di giovani: questi ultimi, in particolare,
pur avendo per anni e anni faticato e studiato, hanno prospettive quasi nulle
di inserirsi nel mondo del lavoro a cui hanno dedicato infanzia e giovinezza
con grandi sacrifici personali.
Si elencano, pertanto, alcune proposte che si ritengono
indispensabili per cercare di migliorare una situazione che sembra portare
verso il precipizio piuttosto che verso la vetta.
Nella bozza di legge va inserito all'ar.2 un ulteriore
comma: quello, cioè, che destina allo Stato la regolamentazione della didattica
di base sia per quanto riguarda le figure operanti nello spettacolo come i
docenti, gli artisti e i tecnici dediti all'insegnamento sia riguardo gli
organismi che intendono istituire corsi di studio, aggiornamento e
specializzazione. Una disciplina che regolamenti la didattica coreutica è ormai
diventata urgente e necessaria in quanto in tutto il territorio nazionale
esiste un diffuso "fai da te" per cui gente non adeguatamente
preparata si cimenta nell'insegnamento procurando danni enormi ai bambini ed ai
giovani che vogliono cimentarsi in questo settore.
Manca, ancora, tra i compiti assegnati allo Stato nella
bozza di legge un riconoscimento ai progetti di alta qualificazione
professionale che, con carattere di continuità, operano nella formazione delle
diverse figure del settore dello spettacolo dal vivo, nell'avviamento al lavoro
degli artisti, nella promozione, promozione, ricerca e insegnamento dedicati
all'infanzia e ai giovani. Aggiungendo questo comma all'art. 2 si darebbe
certezza alle istituzioni che, attraverso progetti di alta qualificazione
professionale, impegnano le proprie forze intellettive, di esperienza e di
conoscenza per cercare di dare un avvenire concreto ai giovani futuri artisti.
Un'adeguata politica di pari opportunità di accesso e
fruizione dello spettacolo dal vivo in tutto il territorio nazionale è la
motivazione che ispira l'introduzione di questo ulteriore compito dello Stato
all'art. 2. È necessario, infatti, che lo Stato stabilisca che la fruizione
dello spettacolo non sia solo di élite bensì sia rivolta a tutti i cittadini in
quanto si tratta di un bene fondamentale appartenente al patrimonio culturale
nazionale dal quale nessuno può essere escluso.
L'art. 2 al punto f) tra i compiti dello Stato impone allo
stesso di provvedere a promuovere e sostenere grandi eventi culturali,
spettacoli, festival e rassegne di rilievo nazionale e internazionale. Lo
Stato, cioè, diventa in parole povere sponsor di eventi e spettacoli compreso
tutto il resto. Il fatto di aver inserito questo comma, a maggior ragione,
rende indispensabile che venga puntualizzato nella legge quadro per lo
spettacolo dal vivo all'art. 2 che lo Stato ha il compito di promuovere e
sostenere le Fondazioni lirico/sinfoniche in quanto strutture di prioritario
interesse nazionale operanti nel settore musicale, evitando in tal modo che i
compiti dello Stato si riducano unicamente a dare sostegno e promozione, come
può farlo uno sponsor qualsiasi, di grandi eventi o spettacoli etc. mentre le
Fondazioni lirico/sinfoniche sembrano quasi dimenticate e non vengono nemmeno
nominate tra i soggetti a cui lo Stato provvede in modo diretto salvo l'accenno
alla sua disciplina al punto b) dell'art. 2 e il successivo art. 10 che
esplicita i principi e i criteri per l'adozione di tale disciplina .
Il Capo II Attività settoriali (Danza), nella bozza di legge
scarno, essenziale e quasi ripetitivo, come lo è d'altronde anche per le
attività teatrali e musicali, va rivisto inserendo alcuni punti fondamentali
che, prendendo spunto dal poco interesse dimostrato dallo Stato e dalle
Istituzioni in genere nei riguardi della danza e dalla situazione di grave
crisi in cui essa versa, non perché non possegga le potenzialità di esprimersi
ad alto livello bensì perché è impossibilitata a farlo, consentano un
riequilibrio in questo settore sempre messo da parte e poco considerato a
scapito di altre realtà di spettacolo. Come già in minima parte esplicitato più
sopra, si deve fare in modo che la danza non debba più sentirsi suddita, non
debba continuare a vivere chiedendo l'elemosina ed aspettando di raccogliere le
briciole lasciate da chi in questo momento è stato volontariamente posizionato
in una situazione di predominanza.
La situazione, in particolare dei corpi di ballo dei nostri
Teatri d'opera, è emblematica. Solo sei fondazioni liriche su tredici
mantengono ancora la propria compagnia stabile. Negli altri si è provveduto ad
abolirla senza che nessuno intervenisse o spendesse una parola perché ciò non
avvenisse. Si sono tagliati così in grandi città italiane numerosi posti di
lavoro, si è per sempre chiusa la speranza di tanti nostri giovani di poter
intraprendere la carriera nella propria città e si sono in un solo colpo
dimezzate le potenzialità di lavoro nell'intero territorio nazionale. La danza
ha pagato e continua a pagare la crisi dei teatri lirici perché è la parte più
debole, in quanto non adeguatamente sostenuta, e deve continuamente lottare per
sopravvivere contro le scelte delle nostre istituzioni non particolarmente
interessate a quest'arte perché più propense verso lirica e concertistica, che
sentono più vicine alla loro professionalità, conoscenza, competenza,
comprensione, capacità e cultura. Si è, dunque, arrivati al paradosso che, per
operare risparmi nei bilanci, fosse meglio eliminare uno dei rami produttivi
dell'organico artistico, quello, cioè, più fragile, meno compreso e ritenuto
più inutile in quanto un'opera si può rappresentare tranquillamente abolendo il
balletto (anche quando è previsto in partitura) e, per mettere in scena
spettacoli di danza, basta ospitare qualche compagnia straniera.
Non bisogna però dimenticare che le fondazioni liriche hanno
quale scopo istituzionale la diffusione e la promozione di tre arti (opere,
concerti e balletti) e non di due come avviene adesso in più della metà dei
nostri teatri d'opera. Le ospitalità di pur prestigiose compagnie
internazionali non bastano per colmare il vuoto e il fabbisogno che si è
abbattuto dopo la cancellazione in molte fondazioni delle loro compagnie di
ballo.
Lo Stato deve porre fine a questa situazione di inferiorità
ed ha il compito di riequilibrarla incentivando e emanando regole per lo
sviluppo della danza, sia per aumentare la produzione nelle fondazioni liriche,
sia per evitare la scomparsa di tante lodevoli compagnie italiane che oggi si
sbracciano per rimanere a galla senza poter garantire nulla ai propri ballerini
che sono puntualmente sottopagati e sempre sull'orlo del precariato. Una
professione, quella del danzatore, che, continuando così, fra qualche anno
difficilmente potrà più essere esercitata in modo degno nel nostro Paese.
Per quanto riguarda la bozza di legge quadro si rende,
pertanto, necessario provvedere ad aggiungere allo scarno e poco significativo
elenco di intenti di promozione da parte dello Stato verso la danza alcuni
punti fondamentali per favorirne lo sviluppo, fermo restando che una legge di
riforma dedicata al settore in questione è diventata ormai di fondamentale
importanza per la sua sopravvivenza.
Al comma g) della bozza di legge quadro, quando viene
dichiarato che la Repubblica favorisce le attività di danza che promuovono con
carattere di continuità la diffusione della presenza italiana all'estero della
stessa, è necessario aggiungere che le stesse potranno contare su accordi di
coproduzione con i Paesi esteri e, in particolare, dell'Unione europea in modo
da far crescere le occasioni di scambio che risultano altamente costruttivi per
la professione di un ballerino e per la visibilità di una compagnia.
Un'altra dimenticanza contenuta nella bozza della legge
quadro si riferisce alla mancata presenza dell'interesse dello Stato vero il
balletto storico di repertorio in quanto al comma b) si favorisce unicamente la
promozione della danza contemporanea, della sperimentazione e della ricerca
coreutica. Lo Stato dimentica che la danza è anche storia e tradizione e,
pertanto, tra i suoi compiti c'è quello di tutelare, conservare e valorizzare
anche il primario ed importante aspetto che riguarda il suo glorioso passato.
La sottoscrizione di protocolli di intesa con il Ministero
della P.I. e con il Ministero della Ricerca Scientifica per l'educazione della
cultura di danza del futuro cittadino, che manca nella proposta di legge e si
rende necessario aggiungere, avrebbe il significato di ribadire l'importanza
della danza nell'istruzione dei giovani.
Un'azione di promozione per la presenza e l'accesso dei
giovani, nel rispetto delle pari opportunità, allo spettacolo di danza
attraverso una via preferenziale sarebbe, inoltre, auspicabile fosse previsto
nella bozza di legge in modo da ampliare sempre più il bagaglio di conoscenza
dei nostri futuri cittadini.
Di importanza fondamentale per un riordino del settore è il
ripristino dell'età pensionabile dei ballerini riportandola a 45 anni per gli
uomini e a 40 anni per le donne, fermo restando il rispetto del diritto di parità
uomo/donna. Un ballerino è come un professionista dello sport: fa un lavoro
usurante, ha iniziato a studiare e faticare per la professione già nella prima
infanzia e, dopo una certa età, per legge di vita, salvo casi eccezionali, non
è più in grado di rendere decorosamente. L'aumento dell'età pensionabile è
stata deleteria per le compagnie di ballo delle Fondazioni liriche dove molti
dei posti stabili sono occupati da elementi anziani per tale genere di
professione e, dunque, ormai poco o per niente utilizzabili per una buona resa
dello spettacolo, impedendo gli stessi, senza averne colpa, il ringiovanimento
del Corpo di ballo e la possibilità di consentire nuove occasioni di lavoro a
tanti altri bravi danzatori, in quanto inseriti nella spesa dell'organico fisso
e, difficilmente, di fronte ad una spesa di personale che non è produttiva ma
che è, in ogni caso, dovuta, un'azienda investe ulteriori risorse. Lo Stato non
può far finta di niente e deve assolutamente ripensare ad una politica giusta e
corretta che tenga conto della peculiarità del lavoro del danzatore che a 50
anni non può essere produttivo come lo è un ventenne o un trentenne. Lo studio
per la sua professione altamente specialistica, iniziato sin dall'infanzia,
dovrebbe essere, altresì, considerato come una motivazione ulteriore per la
diminuzione dell'età pensionabile.
Altra importante regola da inserire è quella che si
riferisce all'insegnamento della danza: arte molto specialistica, che impegna
fisico e psiche, perché possa essere affidata al primo venuto soprattutto in
quanto normalmente si inizia a studiare da bambini e le cattive abitudini
provocate da un insegnamento non competente, poco professionale e maldestro
possono provocare gravi danni alla crescita, alla muscolatura, allo scheletro
del bambino, facendo assumere posture sbagliate e imparare quest'arte in modo
scorretto, compromettendo, infine, anche le potenzialità future di un ragazzo
che da piccolo avrebbe potuto avere le carte in regola per affrontare la
professione ma che al momento del dunque si ritroverà deluso per non poter
competere con i propri coetanei altrimenti preparati e formati. Pertanto, si
ritiene sia necessario che fino ai 14 anni l'insegnamento della danza, come lo
è per l'educazione fisica a scuola, sia riservato soltanto a chi è in possesso
di specifico titolo di studio o di adeguato titolo professionale. Dovrà essere
lo Stato, quale responsabile della salute fisica e psichica dei bambini che si
dedicano a quest'arte e per la tutela degli stessi, a fissare i criteri e le
modalità per lo svolgimento dell'attività didattica di danza.
Con l'articolo 9 della bozza di legge quadro per lo
spettacolo dal vivo lo Stato abolisce il F.U.S. (Fondo unico dello Spettacolo)
delegando di fatto alle Regioni, con le quali verranno creati meccanismi
finanziari di cofinaziamento, le scelte culturali, mantenendo, invece,
direttamente lo Stato stesso la propria responsabilità nei riguardi unicamente
degli spettacoli di rilievo nazionale e internazionale, delle altre attività
promozionali e di sostegno previste nella medesima legge quadro all'art. 2,
oltre che delle fondazioni lirico/sinfoniche.
Da questo articolo, che è poi quello di maggior impatto
perché si riferisce alle risorse finaziarie, emerge fuori, purtroppo,
unicamente il disimpegno dello Stato nei confronti dello spettacolo dal vivo.
Non esiste più un fulcro di partenza, viene meno la centralità di politica
dello Stato nei riguardi dello spettacolo inteso come cultura, in quanto la regionalizzazione,
prevista nella bozza di legge, non farebbe altro che aumentare il dislivello
culturale nel territorio nazionale, dove ci sono Regioni più avanzate in
termini di strutture, di potenzialità produttive, di tradizione culturale, di
ricchezza, di possibilità di investimento rispetto ad altre. Di più, affidare
unicamente alle scelte locali, ancorché confortate dal cofinanziamento statale,
l'investimento culturale disperde di fatto l'identità culturale nazionale e
aumenta il pericolo di operazioni clientelari, parecchio diffuse nel
sottogoverno, volte piuttosto a favorire singole categorie o persone fisiche a
scapito della qualità e del messaggio culturale.
L'articolo 9 non sembra, inoltre, garantire risorse certe,
equilibrio ed unità sull'intervento finanziario pubblico e svilisce il compito
e lo scopo che dovrebbe avere una legge quadro nazionale sullo spettacolo dal
vivo in cui lo Stato ha il dovere di unire e non di disgregare.
L'abolizione del Fus, unita alla regionalizzazione delle
risorse destinate allo spettacolo dal vivo, rischia, pire, di rendere vano il
lavoro di consolidate identità produttive di alto livello legando l'attività
artistica e culturale soprattutto ai cosiddetti grandi eventi e agli spettacoli
di rilievo nazionale ed internazionale (che sono gli oggetti) senza garantire
prospettive di sviluppo alle strutture artistiche (che sono i soggetti), sia
esistenti che nascenti, rinunciando, di fatto, lo Stato ad assumersi le sue
responsabilità nei confronti della centralità ed unicità della cultura intesa
come motore primario della crescita culturale della nazione e sua immagine a
livello internazionale. Il finanziamento deve, dunque, rimanere pubblico e
quello delle Regioni e degli altri enti locali deve essere, semmai, aggiuntivo.
La cultura che nasce dallo spettacolo non può essere solo
quella dei grandi eventi e degli spettacoli di rinomanza nazionale
internazionale ovvero delle produzioni delle fondazioni liriche. Si costruisce
anche con le piccole cose, quali la promozione, la formazione, lo sforzo
imprenditoriale, e con l'impegno, la passione e la competenza di coloro che
contribuiscono a metterla a disposizione della gente e per questo vanno
sostenuti. La cultura dello spettacolo, proprio perché fa parte della nostra
storia e della genialità di tanti artisti italiani del passato e di oggi, va
custodita, alimentata, tramandata. Solo così potrà essere veramente al servizio
di tutti i cittadini e contribuirà ad accrescere il gusto del sapere ed
esaltare le capacità ed i talenti delle nuove generazioni.
Fondamentale è, dunque, rivisitare il Fus e non abolirlo,
aggiustando, invece, quei meccanismi che lo hanno reso di anno in anno non più
affidabile perché legato alle leggi finanziarie che via via si sono succedute.
Il Fus deve essere rivisto anche per renderlo più congruo rispetto a quanto
avviene negli altri Paesi europei. Nel 2006 la Francia ha investito 8,4
miliardi di euro, la Germania 8,0, la Gran Bretagna 5,1, la Spagna 5,1,
l'Italia appena 1,8 (lo 0,29% del bilancio statale).
Assodato che il Fus richiede comunque un maggiore sforzo
finanziario, vanno riviste le percentuali assegnate ai vari comparti e va
rielaborato il regolamento per la ripartizione dei fondi per le fondazioni
lirico-sinfoniche con parametri legati alla produttività, alla qualità, alla
crescita, promozione ed educazione del pubblico, alla formazione dei giovani
futuri operatori, all'inserimento di nuove leve nei propri organici, al
mantenimento dei costi degli organici funzionali, alla collaborazione tra le varie
fondazioni, alla corretta gestione amministrativa. L'art. 9 va dunque
completamente rielaborato.
Come si è anche detto prima riguardo ad un piano per il
rilancio della danza nelle fondazioni liriche, occorre, inoltre, pensare, in
aggiunta di adottare degli incentivi che consentano un'inversione di tendenza
nella programmazione dei teatri lirici in modo di dare maggiori opportunità di
visibilità e di crescita alla stessa.
Pertanto, la proposta che segue traccia una via per nuove
formule di incentivazione.
Allo scopo di favorire lo sviluppo di iniziative di rilancio
produttivo nell'ambito della danza verrà destinata annualmente sul Fondo Unico
dello Spettacolo destinato alle Fondazioni liriche una risorsa a parte da
suddividere tra quelle Fondazioni liriche che:
a) abbiano mantenuto o ripristinato nei loro organici il
Corpo di ballo;
b) abbiano inserito nella produzione annuale spettacoli di
balletto con una percentuale minima del 25% (non più del 5% per compagnie
ospiti) rispetto al programma generale presentato;
c) abbiano istituito la scuola di ballo o centri di
formazione professionale connessi allo studio, preparazione e specializzazione
dei nuovi quadri artistici nel settore della danza;
d) abbiano programmato l'esecuzione di coreografie di nuova
rappresentazione o in prima rappresentazione locale da parte del proprio Corpo
di ballo;
e) abbiano privilegiato l'inserimento nel proprio Corpo di
ballo di nuove leve di danzatori;
f) abbiano assunto l'impegno di prevedere agevolazioni di
accesso in teatro per promuovere la fruizione di spettacoli di balletto da
parte del pubblico facente parte della fascia giovanile;
g) abbiano
programmato iniziative collaterali tendenti alla diffusione della cultura
coreutica attraverso seminari, convegni, conferenze, pubblicazioni, prove e
classi aperte, stages o altra attività propedeutica attinente alla danza.
Ai principi di valutazione sopraelencati verrà assegnato un
parametro in termini di punteggio da 10 ad 1 tenendo presente che ai comma a)
b) c) è per ciascun comma assegnato un parametro di 10; per il comma d) di 5
per ciascuna coreografia in prima assoluta e di 2 per novità locale; per il
comma e) di 2 per ciascun elemento annualmente inserito nel Corpo di Ballo; per
il comma f) di 3; per il comma g) di 1 per ciascuna iniziativa assunta. La
media risultante servirà da punteggio per la ripartizione del contributo.
Un'inversione di tendenza che dia maggior respiro alla danza
nella programmazione dei nostri teatri lirici sarebbe quella, inoltre, di
rivedere gli indicatori del F.U.S. per la rilevazione della produzione che
attualmente prevedono per il ballo un punteggio per ogni spettacolo pari alla
metà di quello destinato ad un'opera pur sapendo bene gli addetti ai lavori che
un balletto di repertorio richiede comunque un notevole impegno finanziario
nonché lavorativo, in termini di tempo quasi sempre superiore ad un'opera
lirica, ed un numero di partecipanti quasi pari ad una rappresentazione
operistica. Il paradosso, invece, è che attualmente un'opera lirica con meno di
100 elementi (cioè un'operina con pochi strumentisti e pochi artisti) viene
considerata con un punteggio più alto di un balletto dove tra orchestra,
solisti, compagnia di ballo ed altri realizzatori si superano di gran lunga i
100 elementi.
Pertanto, si rende indispensabile rivedere tali indicatori
da qui viene la proposta che segue.
Ai fini della ripartizione del FUS l'art. 3 relativo agli
indicatori di rilevazione della produzione del Decreto 10 giugno 1999, n. 239,
andrà rivisto per incentivare le Fondazioni liriche a produrre spettacoli di
balletto e per riequilibrare il rapporto tra lirica e danza, riassegnando a
quest'ultima pari dignità e valenza considerato che una produzione di balletto
di repertorio prevede oltre 100 elementi tra scena e buca orchestrale ed i
costi di produzione possono considerarsi quasi pari a quelli per mettere in
scena un'opera.
I punteggi da attribuire alla produzione con riferimento a
ciascuna singola rappresentazione sono i seguenti:
·‑ Punti 10 per lirica con impiego di oltre 100
elementi
‑ Punti 6,5 per lirica con impiego fino a 100 elementi
‑ Punti 8 (nuovo punteggio. Era precedentemente di
5 punti: meno cioè del punteggio destinato alla lirica con "sotto"
organico) per balletto con orchestra e proprio Corpo di Ballo (3 con
orchestra e compagnia ospite)
‑ Punti 4 per balletto con musica registrata e proprio
Corpo di ballo (2 con musica registrata e compagnia ospite).
Rimangono invariati, infine, i punteggi destinati alle altre
categorie di manifestazioni.
L'art. 10 della bozza di legge quadro è dedicato alla delega
legislativa in materia di fondazioni lirico-sinfoniche. Anche questo articolo
risulta piuttosto scarno considerate le tante problematiche dei nostri teatri
che non possono essere ridotte all'individuazione di appena tre punti
riguardanti, secondo tale bozza di legge, l'adeguamento alla normativa
comunitaria, la riforma dello statuto e la vigilanza della gestione.
Tra i problemi più gravi delle nostre fondazioni c'è quello
della ormai quasi esclusiva politicizzazione degli organi che le amministrano.
Va evidenziata la necessità di regolamentare, soprattutto, la composizione del
Consiglio di Amministrazione che appare in molti casi diventato un organo quasi
monocratico in quanto poco rappresentativo del settore specifico in cui opera
la fondazione poiché le nomine avvengono per lo più per appartenenza politica
piuttosto che per specificità e competenza di ruolo. Per la nomina del
Direttore artistico si deve ritornare alla dizione ex decreto Asciutti per la
quale deve prevedersi che sia scelto tra musicisti o musicologi più rinomati e
di comprovata esperienza teatrale. Anche per il Sovrintendente deve essere
prevista esperienza specifica del settore che andrà a dirigere. Il
Sovrintendente, inoltre, può partecipare alle riunioni del Consiglio di Amministrazione
ma non dovrebbe avere diritto al voto in alcun caso. La presenza di un
rappresentante eletto dai lavoratori, senza diritto al voto, sarebbe, inoltre,
auspicabile perché avrebbe il significato di dare un importante segnale di
mutata democrazia in seno al Consiglio di Amministrazione.
Manca, inoltre, la necessaria rivisitazione periodica degli
organici funzionali: cosa che, pur prevista dalla precedente legge, non viene
effettuata ormai da circa 10 anni. Si auspica che venga individuato un percorso
che provveda alla stabilizzazione dei precari in quanto nel settore delle
fondazioni liriche è ormai diffuso l'utilizzo costante di personale a tempo
determinato che, pur se consente al lavoratore un impiego a volte anche per
quasi tutto l'anno, nei momenti critici della gestione della fondazione
potrebbe comportare l'improvvisa perdita dello stesso dopo anni dedicati al
proprio teatro mettendo così dall'oggi al domani sul lastrico un professionista
e la sua famiglia.
La conservazione dei diritti, delle attribuzioni, delle
situazioni giuridiche e delle prerogative già riconosciute dalla legge 367/1998
è, in aggiunta, da ribadirsi per evitare uno sconvolgimento che possa azzerare
d'un colpo quanto faticosamente le fondazioni lirico/sinfoniche hanno costruito,
anche grazie alle leggi precedenti, e per legittimare il proprio ruolo quali
enti prioritari di interesse nazionale.
Per riconoscere pari opportunità alla danza nelle fondazioni
liriche, sarebbe fondamentale aggiungere un ulteriore comma che impegni lo
Stato ad adoperarsi attraverso incentivi mirati all'aumento della sua
produttività.
Lo Stato, infine, dovrebbe impegnare le fondazioni
lirico/sinfoniche a incentivare la politica di specializzazione e di
aggiornamento professionale dei propri quadri artistici, amministrativi e
tecnici nonché di istituzione di corsi di studio per l'avviamento al lavoro e
di promozione ed educazione del pubblico soprattutto dei giovani. Le
fondazioni, quindi, oltre ad una funzione produttiva dovrebbero avere tra i
propri scopi istituzionali anche quello di ampliare la conoscenza dei cittadini
attraverso iniziative promozionali e di istruire i futuri possibili lavoratori
del settore con l'istituzione di corsi di studio o scuole di canto, danza,
strumentistica o rivolte ad altre figure professionali operanti nello
spettacolo.
Al capo IV (disposizioni) della bozza di legge quadro, che
risulta ancora in corso di valutazione tecnica, si rende necessario aggiungere
due punti di estrema importanza per il settore.
Anzitutto l'approvazione da parte dello Stato di una
regolamentazione della professione di agente o di produttore in modo da porre
fine al monopolio di predominanza di alcuni agenti, disciplinando la materia in
modo che ci siano delle regole chiare che diano garanzie sia all'artista sia a
chi produce lo spettacolo e consentano una concorrenza leale fra i
professionisti che vanno iscritti ad un albo professionale.
Il secondo punto, infine, attiene alla rivisitazione degli
aspetti istituzionali delle Accademie, Conservatori etc. con la finalità di
pervenire ad una regolamentazione nazionale della didattica di base e del
percorso di idoneità all'insegnamento. Oltremodo indispensabile è, inoltre,
intervenire per la tutela dei fruitori, cioè gli studenti, alla verifica, con
precise condizioni e regole, di tutti quegli organismi che oggi nascono con
troppa facilità per occuparsi di corsi di studio e di specializzazione nel
settore dello spettacolo. Per diventare un artista occorre studiare tanto ma,
se chi insegna non è in grado di farlo, si rovina un giovane. Il che, stante
che lo studio, tra l'altro, costa molto sia in termini finanziari che di tempo,
impegno e sacrificio, equivale ad una truffa vera e propria.
La legge quadro per lo spettacolo dal vivo deve essere a
questo punto un'occasione che non può stavolta andare persa come è già successo
in passato. Bisogna, dunque, dare un proprio contributo di idee, ognuno con le
proprie esperienze e competenze, perché si comprenda l'importanza che la cultura
prodotta da questo settore ha per l'educazione del cittadino, per la crescita
dell'imprenditoria, del lavoro e della produzione, per la sperimentazione e la
ricerca, per la nascita di nuovi talenti, per la doverosa conservazione della
storia e delle tradizioni di un popolo, ma soprattutto per il ruolo che occupa
di strumento per l'affermazione in seno alla nostra Repubblica dell'identità
artistica e culturale italiana e dell'immagine che la stessa rappresenta in
tutto il mondo.
Fonte:
http://www.fistel.org/pdf/07%2005%2003%20BOZZA%20LEGGE%20SPETTACOLO.pdf
in
http://www.fistel.org
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
ART. 1.
(Principi generali)
1. La Repubblica riconosce lo spettacolo dal vivo patrimonio
artistico del Paese e strumento di affermazione dell'identità culturale
italiana nelle sue molteplici articolazioni; ne tutela la libera creatività ed
espressione.
2. Lo spettacolo dal vivo è parte integrante degli indirizzi
dettati dalle Convenzioni UNESCO sulla protezione e la promozione della
diversità delle espressioni culturali e sulla salvaguardia del patrimonio
culturale immateriale.
3. I Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni
e lo Stato:
a) assicurano il sostegno e la diffusione dello spettacolo
dal vivo in Italia e all'estero;
b) valorizzano la tradizione nazionale e locale;
c) stimolano l'innovazione artistica e imprenditoriale;
d) garantiscono le più ampie possibilità di fruizione delle
diverse forme di spettacolo dal vivo.
4. Fanno parte dello spettacolo dal vivo il teatro, la
musica, la danza, il circo e lo spettacolo viaggiante, comprese le attività
degli artisti di strada e le diverse forme di teatro e di spettacolo urbano.
ART. 2.
(Compiti dello Stato)
Nel rispetto degli articoli 117 e 118 della Costituzione, lo
Stato provvede - in varie forme e nelle materie di propria competenza - a
promuovere e sostenere:
a) la diffusione dello spettacolo dal vivo, quale strumento
di formazione della conoscenza europea, attivando i rapporti di collaborazione
e di interscambio tra i Paesi europei.
b) Accordi per la coproduzione di spettacoli dal vivo con i
Paesi esteri, in particolare con i Paesi membri dell'UE, con i Paesi
interessati da significativi flussi turistici e con i Paesi di maggiore
destinazione e provenienza di flussi migratori, al fine di promuovere il
dialogo e l'integrazione tra le diverse culture;
c) Gli autori, gli artisti, tutti gli operatori dello
spettacolo dal vivo, comprese le nuove figure professionali connesse allo
sviluppo delle nuove tecnologie, nonché la tutela della libertà artistica ed
espressiva e proprietà intellettuale;
d) La storia del teatro e delle tecniche di recitazione e di
scrittura teatrale; l'insegnamento della musica, dei suoi caratteri storici,
della educazione all'ascolto e della pratica strumentale e corale; della storia
della danza; della pratica coreutica; della tradizione circense. A tal fine,
nel rispetto dell'autonomia scolastica, favorisce l'inserimento delle relative
discipline tra le materie di studio delle scuole dell'infanzia e del primo
ciclo dell'istruzione;
e) L'istruzione e l'alta formazione nelle discipline dello
spettacolo dal vivo, con riferimento ai conservatori di musica, alle accademie
delle belle arti, agli istituti superiori per le industrie artistiche e alle
accademie nazione d'arte drammatica e di danza, nel rispetto dell'autonomia di
tali istituzioni, anche in relazione alle nuove tecnologie e alle nuove figure
professionali;
f) Grandi eventi culturali, spettacoli, festival e rassegne
di rilievo nazionale e internazionale, allo scopo di incentivare le occasione
di confronto e di rappresentazione dello spettacolo dal vivo;
g) Intese attraverso il contratto di servizio tra lo Stato e
la Società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e con le
emittenti radiotelevisive nazionali e internazionali per destinare adeguati
spazi di informazione specializzata e di programmazione delle produzioni di
spettacolo dal vivo;
h) L'esercizio di attività di monitoraggio e di osservatorio
sull'impiego delle risorse finanziarie statali a sostegno dello spettacolo dal
vivo;
i) La conservazione del patrimonio storico ed artistico,
anche attraverso la costituzione di un archivio nazionale dello spettacolo dal
vivo;
l) La diffusione del repertorio classico del teatro greco e
romano, anche attraverso accordi di cooperazione culturale con i Paesi
dell'area mediterranea;
m) coordinare le iniziative regionali e interregionali di
programmazione e sostegno di eventi e spettacoli che abbiano un rilievo
nazionale e internazionale; secondo quanto previsto dall'art. 3 comma 1, lett.
a) ;
n) disciplinare le fondazioni lirico sinfoniche secondo
quanto stabilito dal successivo art. 10;
o) individuare appositi strumenti di finanziamento delle
attività concernenti lo spettacolo dal vivo direttamente imputabili al bilancio
erariale, secondo quanto previsto dal successivo articolo 9;
ART. 3.
(Compiti delle Regioni)
Le Regioni nella loro potestà legislativa e amministrativa,
provvedono a :
a) promuovere ed elaborare, con il concorso delle Province e
dei Comuni, un piano di programmazione regionale dello spettacolo dal vivo al
fine di favorirne la diffusione ed il radicamento territoriale;
b) valorizzare, attraverso progetti finalizzati, la cultura,
la storia, le tradizioni regionali e le lingue locali;
c) promuovere, nelle scuole dell'infanzia, primaria e
secondaria di primo e secondo grado, l'insegnamento della storia del teatro,
delle tecniche di recitazione e di scrittura teatrale; della musica, dei suoi
caratteri storici; della educazione all'ascolto e della pratica strumentale e
corale; della storia della danza; della pratica coreutica; della tradizione
circense;
d) favorire la formazione, l'aggiornamento e la creazione di
nuovi profili professionali;
e) promuovere nuovi talenti e l'imprenditoria, con
particolare attenzione a quella giovanile e femminile;
f) organizzare l'offerta di turismo culturale;
g) individuare e sostenere forme di aggregazione e
cooperazione territoriale tra le diverse Istituzioni, i soggetti dello
spettacolo, il mondo della scuola, dell'università, della ricerca,
dell'innovazione e dell'impresa;
h) tutelare il patrimonio dello spettacolo dal vivo
attraverso progetti di catalogazione e di conservazione, anche audiovisivi, in
rete con l'archivio nazionale;
i) verificare l'efficacia dell'intervento pubblico sul
territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attività di osservatorio
e di monitoraggio in collegamento con le attività svolte dallo Stato;
j) promuovere fondi di garanzia per agevolare l'accesso al
credito.
ART. 4
(Compiti di Province, Comuni e Città Metropolitane)
Ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, le Province,
i Comuni e le Città metropolitane sono titolari, oltre che di funzioni
amministrative proprie, di quelle conferite con apposita legge statale o
regionale.
In particolare esse:
a) partecipano alla definizione della programmazione
regionale per lo spettacolo dal vivo;
b) partecipano, anche in forma associata, con assunzioni dei
relativi oneri, alla costituzione e alla gestione di soggetti stabili dello
spettacolo dal vivo, alla promozione e al sostegno di altri soggetti operanti
nel proprio ambito territoriale e, in collaborazione con le regioni, al
sostegno della distribuzione di spettacoli con erogazione di servizi correlati;
c) provvedono in concorso con le regioni, alla formazione,
alla qualificazione e aggiornamento professionali e alla rilevazione di dati
attinenti allo spettacolo dal vivo;
d) favoriscono, nell'attività di promozione e di sostegno
dello spettacolo dal vivo, la cooperazione con il sistema scolastico e
universitario, con le attività produttive e commerciali, con l'associazionismo
e con le comunità locali;
e) concorrono alla promozione e al sostegno dello spettacolo
dal vivo anche mediante interventi di costruzione nonché mediante il recupero,
il restauro e l'adeguamento funzionale e tecnologico delle strutture e degli
immobili di proprietà da destinare ad attività multidisciplinari.
f) Effettuano il rilascio di autorizzazione
all'installazione a all'esercizio di circhi, parchi di divertimento e
spettacoli viaggianti, predisponendo periodicamente l'elenco delle aree
disponibili a ospitare tali attività e regolamentando le relative concessioni.
CAPO II
ATTIVITA' SETTORIALI
ART. 5
(Attività teatrali)
Le attività teatrali, quali espressioni artistiche e mezzo
di promozione culturale, costituiscono aspetto fondamentale della cultura
nazionale, di insostituibile valore sociale, economico e formativo;
La Repubblica tutela e valorizza le attività teatrali e ne
favorisce la interdisciplinarietà, lo sviluppo - senza distinzione di generi -
la produzione, la promozione, la ricerca e la distribuzione.
La Repubblica tutela e valorizza le attività teatrali e i
festival che, con carattere di continuità, promuovono:
a) un rapporto di stabilità tra organizzazioni di artisti e
tecnici con la collettività di un territorio per realizzare progetti integrati
di produzione, promozione e ospitalità;
b) la tradizione, l'innovazione, la drammaturgia
contemporanea, il teatro urbano, il teatro di figura e di strada, il teatro per
l'infanzia e le nuove generazioni;
c) itinerari geografici che valorizzino l'incontro tra
domanda e offerta teatrale, con particolare riguardo alle aree del Paese meno
servite, in un'ottica di equilibrio e pari opportunità nella fruizione dei
servizi culturali;
d) una qualificata azione di distribuzione delle dello
spettacolo, di promozione, di formazione dello spettatore, in particolare
quello giovanile, anche attraverso l'utilizzo di mezzi audiovisivi e anche
avvalendosi, d'intesa con le scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni
teatrali finanziate;
e) La formazione, la qualificazione e l'aggiornamento
professionali del personale artistico e tecnico, con particolare riguardo alle
nuove generazioni, nonché l'impiego di nuove tecnologie;
f) l'organizzazione di eventi, festival, manifestazioni per
il confronto tra le diverse espressioni e tendenze artistiche sia italiane che
straniere;
g) La diffusione e la qualificazione della presenza del
teatro italiano all'estero.
ART. 6
(Attività musicali)
Le attività musicali, quali espressione artistica e mezzo di
promozione culturale, costituiscono aspetto fondamentale della cultura
nazionale, di insostituibile valore sociale, economico e formativo;
La Repubblica tutela e valorizza le attività musicali, in
tutti i loro generi e manifestazioni, favorendone lo sviluppo, la ricerca, la
multidisciplinarità, la promozione e la distribuzione.
La Repubblica tutela e valorizza le attività musicali e i
festival che, con carattere di continuità, promuovono:
a) la conservazione del patrimonio storico della musica di
tutti i generi, degli archivi delle istituzioni, nonché la raccolta e la
diffusione di documenti o statistiche di interesse musicale;
b) la produzione contemporanea di nuovi autori e la
promozione di interpreti ed esecutori;
c) la sperimentazione e la ricerca di nuovi linguaggi musicali;
d) la diffusione della cultura musicale sull'intero
territorio nazionale attraverso: itinerari geografici che valorizzino
l'incontro tra domanda e offerta della musica, anche con particolare riguardo
alle aree del Paese meno servite, in un'ottica di equilibrio e di pari
opportunità nella fruizione di servizi culturali; la distribuzione di opere e
di concerti, nonché la promozione e la formazione dello spettatore, in
particolare giovanile, avvalendosi, d'intesa con le scuole di ogni ordine e
grado, delle istituzioni musicali finanziate;
e) l'organizzazione di eventi e manifestazioni di carattere
promozionale e di confronto tra le diverse espressioni e tendenze artistiche
sia italiane che straniere;
f) lo studio dello strumento musicale, del canto e della
composizione, e il suo perfezionamento, anche attraverso forme di
collaborazione con le istituzioni scolastiche ed universitarie, nonché la
realizzazione di corsi e di concorsi di alta qualificazione professionale;
g) la formazione di complessi musicali di carattere
professionale, con particolare riguardo alle forme espressive delle nuove
generazioni;
h) la diffusione e la promozione all'estero della produzione
musicale nazionale dei compositori e degli interpreti musicali qualificati,
anche attraverso programmi pluriennali;
i) la diffusione della musica leggera, popolare e per le
immagini, quale importante forma espressiva contemporanea e patrimonio
artistico culturale d rilevante interesse sociale.
ART. 7.
(Attività di danza)
Le attività di danza, quali espressioni artistiche e mezzo
di promozione culturale, costituiscono, in tutti i loro generi e
manifestazioni, aspetto fondamentale della cultura nazionale, di insostituibile
valore sociale, economico e formativo;
La Repubblica favorisce lo sviluppo delle attività di danza
che, con carattere di continuità, promuovono:
a) un rapporto costante tra organizzazioni di artisti e
tecnici con la collettività di un territorio per realizzare progetti integrati
di particolare valenza culturale, a carattere interdisciplinare, di produzione,
promozione e scambio;
b) la danza contemporanea, la sperimentazione e la ricerca
della nuova espressività coreutica;
c) itinerari geografici che valorizzino l'incontro tra
domanda e offerta della danza, con particolare riguardo alle aree del Paese
meno servite, in un'ottica di equilibrio e pari opportunità nella fruizione dei
servizi culturali;
d) una qualificata azione di distribuzione delle attività di
danza, di promozione - anche attraverso i mezzi audiovisivi - nonché di
formazione del pubblico, in particolare quello giovanile, volta a diffondere la
cultura della danza e a sostenerne l'attività produttiva;
e) La formazione, la qualificazione e l'aggiornamento
professionali del personale artistico e tecnico nonché l'impiego di nuove
tecnologie;
f) eventi e manifestazioni a carattere promozionale e di
confronto tra le diverse espressioni e tendenze artistiche sia italiane che
straniere;
g) La diffusione della presenza delle attività di danza
italiana all'estero.
CAPO III -DELEGHE
ART. 9. (Delega legislativa al Governo per il riordino e il
riassetto del sistema di finanziamento dello spettacolo dal vivo)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro
mesi dalla data in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi
di riordino e di riassetto della disciplina di finanziamento dello spettacolo
dal vivo, in coerenza con la disciplina di riordino dell'ordinamento
finanziario di comuni, province, città metropolitane, regioni (legge delega sul
c.d. federalismo fiscale).
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma precedente il
Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) abolizione del Fondo unico dello spettacolo previsto
dalla legge 30 aprile 1985, n.163;
b) contestuale disciplina delle modalità di individuazione e
di trasferimento delle risorse dell'abrogato Fondo Unico dello spettacolo
destinate al finanziamento transitorio delle attività di promozione e sostegno
dello spettacolo dal vivo di competenza regionale e locale, al netto delle
somme relative alle attività di competenza dello Stato individuate dall'art. 2
della presente legge.
La disciplina transitoria deve contenere:
I. la durata di efficacia del regime transitorio stabilita
in un termine certo;
II. l'individuazione di criteri di coordinamento finanziario
per assicurare una gestione delle risorse da parte delle regioni improntata a
criteri di efficacia, efficienza, economicità e responsabilità, prevedendo
altresì strumenti di verifica e controllo delle azioni programmate e
realizzate;
III. la previsione di misure di adeguamento e di correzione
dei trasferimenti in ragione dell'andamento delle gestioni finanziarie
documentate in appositi strumenti contabili in relazione ai parametri di
coordinamento stabiliti al punto precedente.
c) istituzione nel bilancio dello Stato di un apposito Fondo
statale per il finanziamento degli spettacoli dal vivo di rilievo nazionale e
internazionale e delle altre attività promozionali e di sostegno di competenza
dello Stato, come individuate dall'art. 2 della presente legge, ivi comprese
quelle delle fondazioni lirico -sinfoniche, nonché disciplina di criteri e
modalità di 2007-2009 si provvede con le risorse del fondo per i grandi eventi
previsto dall'articolo 1, comma 1140 della legge 27 dicembre 2006 n.296 (legge
finanziaria per il 2007), al comma per il finanziamento dello spettacolo dal
vivo, provvedendo all'abolizione delle diverse forme di finanziamento esistenti
nella legislazione vigente e al contestuale trasferimento delle relative risorse
nel fondo suddetto.
d) Istituzione, in relazione alle attività di promozione e
di sostegno di iniziativa regionale e locale, di meccanismi finanziari per il
cofinanziamento statale di progetti regionali e locali, anche attraverso
specifici accordi programmatici, nei quali definire gli obiettivi, le azioni, i
tempi di realizzazione, le risorse finanziare necessarie per sostenere le
spese, le quote e le modalità di compartecipazione alla spesa, le misure di
rendicontazione, gli strumenti di garanzia e controllo per l'attuazione di
accordi di cofinanziamento tra lo Stato e le autonomie programmatici previsto
dall'articolo 1, comma 1136, della legge 27 dicembre 2006, n 296 (legge
finanziaria per il 2007).
e) Razionalizzazione degli organismi consultivi del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali in materia di spettacolo, secondo
quanto previsto dall'articolo 29 del decreto legge 4 luglio 2006, n.223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 e istituzione
del Consiglio Superiore dello spettacolo.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su
proposta del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, di concerto con il
Ministro dell'Economia e delle Finanze.
4. Sui decreti legislativi è acquisito il parere della Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281
e delle competenti commissioni parlamentari, che si esprimono nei sessanta
giorni successivi alla data di assegnazione degli schemi dei decreti
legislativi medesimi. Decorso inutilmente tale termine il Governo può adottare
comunque i decreti legislativi.
5. Disposizioni correttive ed integrativi dei decreti
legislativi di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto degli
stessi principi e criteri direttivi e con le medesime procedure di cui al
presente articolo, entro tre anni dalla data della loro entrata in vigore.
ART. 10
(Delega legislativa in materia di fondazioni
lirico-sinfoniche)
1. In attuazione dell'articolo 2 comma 1 lett. n) della
presente legge, il Governo è delegato ad adottare entro ventiquattro mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi
per la disciplina delle fondazioni lirico-sinfoniche.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1, senza
determinare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, si attengono ai
seguenti principi e criteri direttivi;
a) adeguamento alla normativa comunitaria e agli accordi
internazionali;
b) individuazione degli indirizzi per la riforma dello
statuto, al fine di assicurare la partecipazione di soggetti privati negli
organi di governo e nelle politiche di sostegno finanziario, il conseguimento
di migliori livelli di efficienza gestionale e di più efficace controllo
sull'impiego dei finanziamenti pubblici previsti dalla legislazione vigente;
c) riforma della vigilanza sulla gestione
economico-finanziaria e introduzione di nuove forme di controllo e di
incentivazione dell'efficienza ed efficacia nella gestione, nonché del
conseguimento del miglioramento dei risultati gestionali
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su
proposta del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze. Sui decreti legislativi è acquisito il
parere delle competenti commissioni parlamentari, che si esprimono nei sessanta
giorni successivi alla data di assegnazione degli schemi dei decreti
legislativi medesimi. Decorso inutilmente tale termine il Governo può adottare
comunque i decreti legislativi.
4. Disposizioni correttive e integrative dei decreti
legislativi di cui al comma 1 possono essere adottate, nel rispetto degli
stessi principi e criteri direttivi e con le medesime procedure di cui al
presente articolo, entro tre anni dalla data della loro entrata in vigore.
CAPO IV
DISPOSIZIONI (ancora in corso di valutazione tecnica)
Disciplina per il trasferimento della quota delle risorse
FUS destinata alle attività cinematografiche nei fondi per il cinema
Disciplina transitoria
Abrogazioni