Intervista a Candida Sorrentino, ballerina del Teatro San Carlo

3 settembre 2007

Vladimir Derevianko e Candida Sorrentino nel pas de deux da Paganini alla Maratona di danza al Teatro Romano di Spoleto (18 agosto 2007).

© Foto Alessio Buccafusca

Cominciamo dall'inizio. Tu mi hai raccontato che ‑ da bambina ‑ hai voluto intraprendere lo studio della danza, spinta da un bisogno incoercibile. Tra l'altro i tuoi genitori non si sono mai occupati di quest'arte, esercitando professioni nell'ambito scientifico. Mi puoi raccontare questi tuoi inizi?

Forse sono nata danzando! Una inspiegabile, fortissima disposizione naturale era dentro di me. Abusando del termine, mi piace parlare di vocazione.

I miei genitori, estranei al mondo del balletto ‑ mio padre è ginecologo e mia madre farmacista ‑ hanno assecondato sempre con entusiasmo questo mio bisogno di danzare.

Ho dovuto raggiungere l'età scolare per intraprendere l'impegnativo studio che consente, dopo tanti anni, di esprimersi in questa arte con l'adeguata e imprescindibile tecnica.

Con chi hai studiato e dove ti sei diplomata?

Ho iniziato gli studi presso un'accreditata scuola della mia città, poi ho proseguito il mio percorso nella scuola di ballo del Teatro di San Carlo. La direttrice, signora Anna Razzi, mi ha accolto con entusiasmo, credendo nelle mie qualità tecnico-artistiche e incoraggiandomi sempre. Quando ho conseguito il diploma, danzavo già da un anno nella compagnia del Teatro di San Carlo, avendo superato a pieni voti la mia prima audizione. È stato un anno molto impegnativo, ma sono riuscita a conciliare la preparazione al diploma, il lavoro in Compagnia e gli studi universitari. Frequento infatti la facoltà di Scienze della comunicazione.

Una delle tappe della tua giovanissima vita artistica è stata la vincita del Premio Positano "Léonide Massine" per l'arte della danza, nel 2005.

L'assegnazione del Premio Positano ha segnato sicuramente la mia vita artistica. Ha rappresentato per me il primo, grande riconoscimento ufficiale. Il coinvolgente ruolo che ho interpretato per l'occasione, l'incanto del luogo e i grandissimi consensi ottenuti resteranno tra i miei ricordi più cari.

Recentemente hai danzato alla Royal Albert Hall Il lago dei cigni di Derek Deane, che ‑ nella versione coreografica di Riccardo Nuñez ‑ hai ballato poi a luglio all'Arena flegrea.

È stata grande gratificazione per me l'essere ingaggiata dall'English National Ballet e indescrivibile emozione danzare alla Royal Albert Hall Il lago dei cigni con la coreografia di Derek Deane: quindici repliche per seimila persone ogni serata! Poi Wine Eagling, direttore della compagnia inglese, mi ha invitata a partecipare come "Artist of the Company" al Concert for Diana, grandioso evento commemorativo al Wembley Stadium di Londra. L'entusiasmo del pubblico per una performance decisamente inconsueta in un concerto è stato incontenibile! Lo stesso Eagling mi ha ancora proposto una tournée a Versailles con la sua compagnia, ma il richiamo del San Carlo è troppo forte per me. Contemporaneamente infatti, la signora Razzi, attuale direttrice anche della Compagnia di Balletto del teatro partenopeo, mi ha convocata per partecipare ad una produzione estiva. Lei mi esprime sempre sentimenti di profonda stima e mi trasmette entusiasmo e ottimismo per il futuro della danza nel nostro teatro. Così sono ritornata a Napoli e ho danzato ancora Il lago dei cigni all'Arena Flegrea nella versione di Riccardo Nuñez che già in precedenti rappresentazioni mi aveva attribuito ruolo di prima ballerina col "pas de trois" del primo atto.

E recentissima è l'emozione che hai regalato al pubblico di Spoleto (ma che ‑ credo di poter affermare ‑ ti sei anche regalata) durante la Maratona di danza dello scorso 18 agosto: un pas de deux da Paganini, balletto creato da Vladimir Vasiliev per Vladimir Derevianko. Proprio accanto a Derevianko tu hai impersonato la musa di Paganini. Perché sei stata scelta? Che cosa ha significato per te danzare con un grandissimo come Derevianko? Qual è il messaggio più importante che il ballerino russo ti ha dato? Tra l'altro la stampa ha scritto che proprio questo tuo successo ti ha fruttato la consacrazione a prima ballerina. Forza, raccontami tutto!

Danzare con Vladimir Derevianko è stata un'esperienza sconvolgente! Quanto sono riuscita a trasmettere è quanto ho realmente sentito, io, musa ispiratrice di Paganini-Derevianko! Vladimir Derevianko è una persona straordinaria in palcoscenico così come nella quotidianità della vita. Un grande come lui riesce a suscitare fortissime emozioni perché ha dentro di sé qualcosa di indefinibilmente speciale! Con delicatezza e nel contempo con estrema determinazione l'eccezionale artista mi ha guidata all'interiorizzazione del personaggio che dovevo interpretare. E io l'ho portato sulla scena.

Il perché della scelta ritengo sia più giusto girarlo a lui. Mi piace credere che anche lui mi abbia vista un po' speciale.

Dopo questo successo, e giunta a ventidue splendidi anni d'età, che cosa vedi e che cosa cerchi davanti a te?

Le straordinarie esperienze artistiche già vissute alla mia giovane età mi spingono ad avere una visione ottimistica del futuro anche in un periodo così difficile per la danza. È già da molto che la nostra arte soffre, ma io sono sempre riuscita a danzare. Non mi sono mai fermata, sono stata in Francia, in Germania, in Svizzera, in Inghilterra. Conoscere altre realtà mi ha aperto la mente a vedute più ampie, mi ha aiutato a credere nelle mie capacità, mi ha dato forza. E questa forza io la porto dentro sempre.

Parlando di formazione so che tu ritieni che un ballerino debba avere anche una cultura complementare a quella prettamente tersicorea. È proprio il tuo caso, dato che hai alle spalle una maturità classica ed ora frequenti la facoltà di Scienza della comunicazione.

Sì, sono convinta che solo una cultura "ad ampio spettro" consenta di esprimersi pienamente in ogni forma artistica. I miei studi umanistici al liceo e gli attuali studi universitari hanno contribuito e contribuiscono in maniera determinante alla mia crescita professionale.

Durante la nostra conversazione occorsa qualche giorno fa, ci scambiammo alcune idee sull'opportunità di lasciar spazio ai giovani. È lapalissiano e umano che i grandi vogliano restare sulla scena il più a lungo possibile, perché hanno dato tanto e tanto sentono di poter dare. C'è però chi afferma che lasciare spazio ai giovani è sia un atto di generosità nei confronti di questi ultimi sia un modo di continuare a donare, perché è proprio affiancando questi giovani per "passare" loro l'arte tersicorea che il patrimonio artistico di ogni grande non va perduto. Dal tuo punto di vista ‑ che è quello di una giovane determinata a farsi strada per perseguire quello che nella tua vita occupa il posto privilegiato ‑ e stante quanto appena affermato, quale dovrebbe essere il "comportamento ideale" di un artista arrivato?

Sarebbe auspicabile che i "ballerini arrivati" e ormai avviati alla conclusione della carriera, pur continuando ad avere le loro gratificazioni in scena finché possibile, trasmettessero la propria arte ai più giovani, consentendo loro di sostituirli durante le repliche di una rappresentazione. Purtroppo quasi sempre ciò non avviene e non è permesso nemmeno di studiarlo il ruolo!

Vogliamo mettere in relazione questo con la situazione attuale della danza in Italia? L'estero viene solitamente indicato come un luogo privilegiato per la danza rispetto a quanto avviene nella nostra penisola: che cosa fa la differenza?

Le compagnie estere danno sicuramente più spazio ai giovani: vedi l'Opéra di Parigi o il Royal Ballet e l'E.N.B. londinesi. In esse si realizza ciò che io precedentemente auspicavo. Ai ballerini di grande esperienza si affiancano i giovani, preparati e pronti ad un ricambio generazionale. Inoltre all'estero c'è più cultura della danza, maggior numero di spettacoli e pertanto più lavoro per i ballerini.

In Italia, dunque, che cosa occorrerebbe concretamente fare per poter risanare questa situazione?

Prendere esempio dalle grandi compagnie estere e promuovere in tutti i modi l'interesse per la danza.

L'esperienza più gratificante che tu hai avuto fino ad ora.

Senza alcun dubbio danzare con Vladimir Derevianko.

Il tuo ricordo meno piacevole, se ne hai uno.

La vita artistica è fatta purtroppo anche di eventi che procurano grandi sofferenze. Io però rimuovo rapidamente tali eventi dai ricordi lasciando spazio alle memorie più belle.

Ed ora facciamo come a scuola. Per l'ultima domanda ti chiedo l'argomento a piacere.

Vogliamo parlare un po' del "mio" amato Teatro di San Carlo? Quanto sta succedendo è veramente inaudito! Maltrattato, usato, ridotto a oggetto di polemiche di ogni genere! Ha visto passare sul suo palcoscenico i più grandi artisti impegnati in opere, balletti, concerti di altissimo livello, ma ormai da tempo vive gravi difficoltà. E in una situazione così critica il settore più penalizzato è quello della danza! Se ne scrive pochissimo e i tagli più grandi vengono fatti al balletto al quale per la prossima stagione è destinata una sola produzione! C'è da chiedersi il perché, se tanti affezionati del Massimo napoletano amano il balletto e lo sostengono. Non è lontano il "tutto esaurito" per il Romeo e Giulietta di Mac Millan ripreso da Derek Deane e per il più recente Il lago dei cigni con la coreografia di Riccardo Nuñez. Al di là del budget, una maggiore equità di distribuzione delle risorse darebbe sicuramente meritata dignità ad un'arte attualmente così svilita nel teatro più antico d'Europa ancora in attivo.

A Candida Sorrentino è stata dedicata una galleria fotografica grazie agli scatti di Alessio Buccafusca.