Intervista a Yuki Imaizumi, allieva della prima ballerina del Teatro San Carlo di Napoli, Prisca Picano

17 giugno 2007

Foto Tomoyuki Tsuruta

Ventunenne, proveniente dal Giappone, con l'amore per la danza che La permea: come mai ha scelto di lasciare il Giappone per venire a studiare danza in Italia, al Teatro alla Scala di Milano?

Quando ero bambina ho visto Giselle con il Tokyo Ballet, uno spettacolo in cui ballava Alessandra Ferri. Non sapevo chi fosse: solo dopo aver letto una sua intervista ho saputo che era una ballerina della Scala. Mi è venuto immediatamente e intuitivamente il desiderio di diventare come lei. Dopo che mi sono diplomata al liceo di Hiroshima ‑ avevo 18 anni ‑ ho fatto un'audizione della scuola della Scala e sono entrata al settimo corso. Alla fine dell'anno sono tornata in Giappone, ma successivamente sono ritornata a Milano per studiare con Prisca Picano, prima ballerina del Teatro San Carlo di Napoli, che avevo conosciuto nel periodo della Scala.

Con quali ballerini è venuta in contatto quando studiava alla Scala?

Con le signore Anna Maria Prina e Amelia Colombini. Danza contemporanea l'ho studiata con la signora Emanuela Tagliavia.

Mi può parlare di Prisca Picano, con la quale studia attualmente?

È una persona molto divertente, affettuosa, piena d'amore per la danza. E non guarda non solo alla tecnica ma a come sono io. Da lei ho imparato che avere tecnica e un bel fisico è importante, ma la danza vera non si esaurisce nel binomio tecnica e bellezza. Si deve avere il cuore appassionato. Si deve studiare senza limiti. Prisca Picano dice, inoltre, che la danza è preghiera.

Che importanza riveste, dunque, Prisca Picano per Lei?

Le dico solo che ora sto girando l'Europa per prendere lezioni da diverse compagnie, ma torno sempre da Prisca. A volte è molto duro studiare con lei perché è severa, però è il mio punto di riferimento.

Lei ha studiato danza classica, ma anche danza contemporanea. Quali autori contemporanei ha affrontato?

Foto Tomoyuki Tsuruta

Sì, ho studiato anche danza contemporanea, ma la mia base è costituita dalla danza classica. Tra gli autori contemporanei mi interessano Nacio Duato, Jiri Kylian e Matthew Bourn.

Fra le tecniche che ha studiato ci sono Graham e Limón. Me ne può parlare?

Nella tecnica Graham imparare la giusta contrazione è la cosa più importante. Comincia tutto da lì. Alcuni maestri dicono che per avere la giusta contrazione ci vogliono dieci anni di studio. La tecnica Limón si basa molto sul peso del corpo: il peso della testa, delle braccia, del bacino… Usare il peso è divertente: da qui nasce la dinamica nei movimenti. Noto però che, in tutte e due le tecniche, si dà importanza all'anima perché sono fatte per mostrare l'emozione.

Visto che Lei è giapponese, Le chiedo di parlarmi di un genere affascinante: il Butoh.

A questo proposito le dico che a me interessa molto "Sankaijuku", una compagnia di Butoh fondata a Parigi. Sono rimasta scioccata quando ho assistito ad un loro spettacolo perché ho visto e sentito tutte le emozioni che provavano i ballerini. Mi piace vedere anche il "Mai". È la danza giapponese tradizionale che ballano le donne vestite in Kimono. I movimenti sono esattamente il contrario di quelli della danza classica: con i piedi en dedans, le ginocchia piegate, i fianchi ben sistemati, non si salta, né si gira e non si alzano mai le gambe. Eppure le emozioni dei danzatori sono tangibili.

Qual è o quali sono le ballerine che Lei predilige?

Alessandra Ferri, Paola Cantalupo (Les Ballets de Monte-Carlo), Takako Asakawa (ex prima ballerina della Martha Graham Dance Company).

E i ballerini?

Mikhail Barishnikov e Manuel Legris.

E un balletto narrativo che ama particolarmente?

Mi piacciono tutti i balletti. È difficile scegliere, ma se dovessi farlo, forse direi La Bayadère.

Il più grande coreografo del passato, secondo Lei, chi è?

George Balanchine. Mi piacciono molto i suoi balletti. I movimenti sono fatti completamente per la musica: si deve avere il corpo che suona come un'orchestra, cioè tu devi diventare la musica per interpretare i suoi balletti. Poi quei passi piccoli e velocissimi sono stupendi! E la velocità nelle gambe è assai difficile da ottenere.

E il più grande coreografo contemporaneo?

Jean-Christophe Maillot, direttore di Les Ballets de Monte-Carlo. Mi sono innamorata dei suoi balletti e dei suoi ballerini e anche di come usa le luci, le musiche, i costumi. Non riesco a non guardare i piedi dei danzatori e la qualità dei loro movimenti: le ballerine si mettono sulle punte, ma ballano come se fossero a piedi nudi. Stupendi!

Qual è il passo della danza classica più difficile, a Suo avviso?

Sono tutti faticosi, però forse è più difficile avere il cuore che la tecnica. Secondo me la danza classica deve essere il sogno del pubblico. Noi ballerini ‑ con i passi ‑ dobbiamo esprimere leggerezza, splendore, bellezza, fantasia, eleganza. Se non abbiamo il cuore che sente leggerezza, bellezza, fantasia, eleganza, i passi servono soltanto per mostrare la tecnica, perciò il pubblico non può sentire la vera danza. Ad esempio: perché dobbiamo studiare sempre la sbarra e il centro? Per capire come possiamo mettere i nostri sentimenti nei nostri passi.

Lei ha un sogno non ancora realizzato? E uno che, invece, ha già realizzato?

Ho avuto tanti sogni e alcuni sono riuscita a realizzarli, ma ho lottato per farlo e questo mi ha aiutata a diventare così come sono. Ringrazio Dio che mi ha dato due genitori comprensivi e il corpo adatto alla danza. Certo, avrei voluto avere le gambe lunghe, il collo del piede più bello e vorrei ballare in una compagnia, ma Dio mi ama così come sono e io mi metto nelle sue mani. Egli mi indica la strada in ogni momento, anche quando sento che non c'è niente davanti a me. Il mio desiderio è andare avanti con la guida di Dio. E sarò certo molto felice se ci sarà un posto per lodarLo con la mia danza.

Termino con una domanda che esula dall'argomento danza. I nomi propri giapponesi hanno sempre un significato dall'alto contenuto poetico. Che cosa significa Yuki?

Il mio nome è formato da due caratteri che significano amicizia e speranza. I miei genitori mi ricordano sempre l'essenza del mio nome: "Vogliamo che tu riempia sempre la tua vita di amicizia e di speranza. Lasciale fluire intorno a te." Quando ballo in scena, spero che il pubblico senta che il mio cuore è pieno di amicizia e di speranza.