Intervista ad Alessio Buccafusca, fotografo di danza

15 giugno 2007

Ad aprile di quest'anno, Lei ha celebrato i trent'anni della Sua carriera artistica con una mostra personale presso l'Istituto Italiano di Cultura di Madrid e il 5 luglio Napoli, Sua città Natale, ospiterà una riedizione della personale. Qual è stata l'accoglienza madrilena e che cosa si aspetta dal pubblico italiano?

Alessio Buccafusca.

© Foto Orathai Bunchuay

La personale di Madrid è stata un successo strepitoso. Era la prima volta che all'Istituto Italiano di Cultura veniva presentata un'esposizione di foto di danza e per me ricevere il patrocinio dell'Ambasciata d'Italia e poterla presentare a Madrid, capitale europea per eccellenza e principale polo di attrazione artistica e culturale nel mondo, in una sede così prestigiosa, è stato uno dei traguardi più intensi della mia carriera. All'inaugurazione erano presenti l'Ambasciatore in persona, la stampa, le autorità, i rappresentanti di organismi culturali ed artistici, tante personalità di rilievo e ‑ ospiti d'eccezione ‑ due danzatori della Compagnia del grande Antonio Gades.

Alle mie spalle avevo l'appoggio della Fondazione Léonide Massine, nella figura del suo presidente, Lorena Coppola, che mi ha sempre sostenuto nei miei progetti. Ho inoltre potuto contare sul sostegno di Roger Salas, giornalista e critico di balletto del giornale spagnolo El País, una persona straordinaria, che, nella sua introduzione al mio catalogo, ha avuto per me parole bellissime. Dal pubblico italiano mi aspetto lo stesso calore che mi ha riservato con tanto entusiasmo Madrid.

Qual è la difficoltà di fotografare il movimento?

Anna Razzi ne Il lago dei cigni, coreografia di Rossella Hightower, regia di Franco Zeffirelli, Teatro alla Scala, 1985.

© Foto Alessio Buccafusca

Potrebbe sembrare una contraddizione fermare un'arte in movimento con la fotografia, che è un'espressione di arte statica. In questo si distingue il vero professionista: è basilare conoscere la tecnica, la coreografia ed assistere alle prove in sala prima di arrivare alla generale del balletto, dove di solito vengono catturati gli scatti più importanti. Il fotografo di danza deve studiare molto bene la coreografia, per saper riconoscere i momenti più importanti delle variazioni, dei pas de deux e dei movimenti d'insieme. La bravura del fotografo consiste proprio nell'immortalare l'attimo, quel preciso attimo, il più intenso, il più nitido, il più impeccabile, il migliore. Provate ad immaginare un fotografo che sbaglia lo scatto di una frazione di secondo nel tentativo di fissare uno splendido salto: oltre a vanificare quello sforzo di strenua ricerca estetica dei danzatori, ottiene un risultato che può essere addirittura grottesco e, se la foto è poi pubblicata dai giornali, oltre a diffondere una brutta foto, può compromettere con quell'immagine la reputazione e la carriera dei danzatori! La perfezione di un movimento di danza è il punto di arrivo di giorni e giorni, ore ed ore di estenuante lavoro, che l'occhio umano non può percepire ma la macchina fotografica sì!

Dunque, fotografare la danza è un'enorme responsabilità che chiunque si avvicina a questo tipo di arte non può e non deve dimenticare, neanche per un istante.

Quando ha scoperto che la fotografia sarebbe stata la Sua strada?

All'età di sei anni già fotografavo con la macchina Contax di mio padre e mi piaceva fotografare quasi tutto, la gente i paesaggi, praticamente tutto ciò che vedevo. Poi è diventato il mio lavoro ed il mio "incontro" con la danza è stato davvero rivelatore in questo senso. Da quando mi sono addentrato in questo mondo straordinario e magnetico, ne ho fatto la mia vera vocazione, un territorio di magia che non lascerò mai, che fa parte ormai di me completamente.

I ricordi che ha conservato di Rudolf Nureyev, al quale ha anche dedicato ‑ nel 2004 ‑ un calendario.

Il ricordo più emozionante che ho di Nureyev è la prima volta che l'ho fotografato nel ruolo di Albrecht con Carla Fracci che interpretava Giselle, nel 1980, al Comunale di Firenze. Poi non potrò mai dimenticare una sua esibizione a Salerno, alla fine della quale, come le più famose rockstar, dava la mano al pubblico. In 30 anni di carriera è stata l'unica volta che ho fotografato un momento simile, davvero unico ed irripetibile nel suo genere, e con grande piacere faccio dono a Morfoedro della foto[1] che ricorda quel momento indimenticabile. Nureyev è stato il divo della danza per antonomasia e non sono d'accordo con quella stampa che, a proposito degli attuali ballerini, spesso afferma: "Ecco il nuovo Nureyev." Ritengo la sua personalità artistica unica!

La generosità della quale ha fatto oggetto il portale da me fondato, Morfoedro, mi conquista. È con commozione, perciò, che La ringrazio; e con la stessa commozione Le esprimo la mia personale gratitudine per quel Suo particolare amore verso la danza che La porta ad adoperarsi per diffonderne la conoscenza in tutti i modi.

Continuiamo a spigolare tra i ricordi: mi può raccontare alcuni fra gli episodi più gratificanti della Sua carriera?

Vladimir Derevianko in Uccello di Fuoco di Uwe Scholz, 2005.

© Foto Alessio Buccafusca

Uno dei miei ricordi più belli è sicuramente quando, nel 1988, ho ricevuto il Premio "Léonide Massine" per l'Arte della Danza. Ero sul suggestivo palco di Positano insieme a Lorella Cuccarini, Gheorghe Iancu, il Sovrintendente Ernani e tanti altri personaggi della danza ed il professor Alberto Testa mi ha consegnato la targa del premio al valore. Ne conservo un ricordo ancora molto emozionante.

Dopo aver ricevuto questo prestigioso premio Lei è diventato membro della Commissione artistica. Quale importanza riveste secondo Lei il Premio nel mondo della danza oggi?

Il Premio "Léonide Massine" per l'Arte della Danza è riconosciuto a livello mondiale: si potrebbe definire l'Oscar della danza. Quest'anno è giunto alla sua 36^ edizione, sempre organizzato brillantemente dall'Azienda di Soggiorno e Turismo di Positano. Nel corso degli anni i più grandi artisti di tutto il mondo ne sono stati insigniti: ha accolto sul suo palco Rudolf Nureyev, Ekaterina Maximova, Vladimir Vassiliev, Carla Fracci, Luciana Savignano, Roberto Bolle e tantissime altre étoiles della danza mondiale, senza dimenticare mai, tuttavia, di lasciare spazio anche ai giovani talenti emergenti, segnalandoli all'attenzione del pubblico e della critica più qualificata.

Prima abbiamo parlato degli episodi più gratificanti della Sua carriera. Ma una delusione ce l'ha?

Giuseppe Picone.

© Foto Alessio Buccafusca

Sì, per me una delusione certamente consiste nel fatto che la televisione di stato non trasmetta quasi mai un balletto! La danza sembra completamente esclusa da qualsiasi distribuzione mediatica e questo è davvero deludente perché impedisce ad un pubblico più vasto una vera conoscenza e la cultura di un'arte tanto leggiadra quanto storicamente importante.

Chi, tra tutti i ballerini che ha fotografato, Le ha lasciato un ricordo particolare, a parte Nureyev, del quale mi ha raccontato?

Sicuramente la coppia Ekaterina Maximova e Vladimir Vassiliev. Loro per me rappresentano la vera sintesi della danza, lei con la sua straordinaria leggerezza e le linee perfette della ballerina, lui con un incredibile "sex appeal", caratteristiche unite alla perfezione tecnica della scuola del Bolshoj. Come coppia nella vita trasmettevano il loro amore sul palcoscenico. Non potrò mai dimenticare il loro pas de deux di Giulietta e Romeo di Béjart all'Arena di Verona, con 20.000 persone ad assistere, o la loro magistrale interpretazione ne Le Corsaire, alle Terme di Caracalla, ma sono tante le loro fantastiche esibizioni!



[1] La fotografia è stata tolta perché verrà pubblicata in un volume che conterrà una serie di opere fotografiche di Alessio Buccafusca.