La Dame aux camélias

31 marzo 2007

 

Il cast 1

Il magnifico debutto di Emanuela Montanari 2

Le scelte perfette di John Neumeier. 2

Massimo Murru e il Prélude n. 24. Errore. Il segnalibro non è definito.

 

Il cast

Alessandra Ferri.

© Foto Marco Brescia ‑ Teatro alla Scala

Dal 20 al 31 marzo 2007 è stata rappresentata al Teatro alla Scala La Dame aux camélias, con musica di Fryderyk Chopin e coreografia di John Neumeier, ripresa da Victor Hughes e Ilse Wiedmann. Il pianista è stato Roberto Cominati e l'Orchestra del Teatro alla Scala è stata diretta da Kevin Rhodes.

I protagonisti della rappresentazione del 31 marzo sono stati Emanuela Montanari nel ruolo di Marguerite Gautier, Massimo Murru in quello di Armand Duval, Bryan Hewison in quello di Monsieur Duval, Simona Chiesa in quello di Nanine, Matthew Endicott in quello di Le Duc, Deborah Gismondi in quello di Prudence, Riccardo Massimi in quello di Le Comte de N., Marta Romagna in quello di Manon, Francesco Ventriglia in quello di Des Grieux, Lara Montanaro in quello di Olympia, Alessandro Grillo in quello di Gaston Rieux. Pianista in scena è stato Marcello Spaccarotella.

Protagonista, inoltre, è stato il Corpo di ballo del Teatro alla Scala.

Il magnifico debutto di Emanuela Montanari

" Emanuela Montanari? Dicono che sia bravissima…"

"Non sono riuscita a trovare i biglietti per le recite con la Ferri, ma devo dire che la Montanari non la fa rimpiangere."

Giudizi del pubblico ‑ dati l'uno prima che il sipario si alzasse e l'altro durante l'intervallo precedente l'ultimo atto ‑ che mi piace citare letteralmente perché vi leggo tutta la dedizione del ballettomane. Giudizi veri laddove sottolineano la bravura di Emanuela Montanari, qui al suo debutto nella Dame aux camélias. Per tutto il Corpo di ballo, comunque, la Dame è un debutto perché è proprio in questa stagione 2006-2007 che il nome di John Neumeier entra nell'orbita scaligera con la sua Dame.

Molto matura, Emanuela Montanari ha convinto (soprattutto nel secondo e nel terzo atto) e commosso, interpretando il ruolo che ricordiamo dell'indimenticabile e indimenticata Marcia Haydée.

Della solista scaligera voglio innanzitutto sottolineare che ha reso in modo molto accurato la psicologia della Dame a partire dal secondo atto.

Facile sarebbe stato ridurre, nell'atto centrale del dramma, i pas de deux di Marguerite e di Armand ‑ rimasti soli dopo che la donna ha significativamente gettato la propria preziosa collana a Monsieur Duval rifiutando così agiatezze e sicurezza sociale ‑ al senso d'una tregua nel destino, vissuta come adolescenziale e, perciò stesso, incosciente felicità: una felicità, cioè, che voglia smemorarsi dell'ineluttabile. La solista scaligera ha invece modulato il ruolo della protagonista lenendo Marguerite con il balsamo di quella maturità composta che le permetterà di comprendere la differenza fra lo stordimento dell'infatuazione e la pienezza dell'amore vero e duraturo, scegliendo quest'ultimo.

Splendida è stata Emanuela Montanari anche nel colloquio con Monsieur Duval (secondo atto) perché ha reso perfettamente il pietire da parte della protagonista la compassione dell'altro, il suo lottare opponendo un intimo e disperato rifiuto all'ineluttabile ed infine il suo staccarsi dall'uomo, in una vera e propria presa di coscienza: comprende infatti, Marguerite, che deve mutare il suo iniziale rifiuto in accettazione per l'amore sincero e profondo che porta ad Armand.

Le scelte perfette di John Neumeier

L'annuncio della visita di Monsieur Duval che Nanine, la cameriera della Dame, aveva dato alla donna, è stato ambientato nel secondo Prélude dei Vingt-quatre chopiniani. Non poteva essere più adatta la scelta operata da John Neumeier[1]. Il "sentiment d'accablement et d'amertume" di cui parla Alfred Cortot a proposito di questo preludio[2] sembra addirittura rivestire l'importanza d'un prodromo, nell'economia del "dance drama" del coreografo statunitense: Marguerite Gautier, infatti, al termine del colloquio con il padre di Armand, si troverà sola di fronte a tutta la gravosa amarezza cui la sua condizione di demi-mondaine la sottopone.

Il colloquio tra il prudenziale Monsieur Duval e la devastata Marguerite, invece, è accompagnato dal Prélude n. 15: scelta, questa, tanto felice quanto la precedente. Ricorro ancora una volta alle parole illuminanti di Alfred Cortot. Il pianista svizzero spiega: "Toute la partie du prélude qui, enharmoniquement évolue en ut dièze mineur, doit créer cette impression de cauchemar, d'hallucination horrifiée […]". E continua: "Et il faut qu'au retour du sujet initial, en ré bémol, le thème ne réapparaisse pas exactement dans le caractère doucement mélancolique du début, mais qu'il ait revêtu, au contact tragique des sonorité fatales de la partie médiane, un accent d'épuisement douloureux et presque d'angoisse, qui justifie ce grand soupir par quoi on essaie, sans y parvenir, d'effacer le souvenir d'une vision désespérante, et qui clôt cette admirable pièce dans une impression d'indicible abandon."

È esattamente quella tragica "partie médiane" in do diesis minore che sostiene la vera e propria presa di coscienza della protagonista, di cui ho parlato sopra. Il ritorno al tema iniziale, in re bemolle, accompagna una Marguerite che, dopo essere caduta a terra ed aver sussultato all'inattesa carezza d'un impietosito Duval padre il quale ha però ottenuto ciò che voleva, si sente prostrata. Duval, allora, la fa rialzare e compie una serie di gesti che culminano ‑ per lei ‑ nella certezza della propria solitudine: l'uomo la bacia sulla fronte, l'abbraccia, prende i propri cappello e cappotto, le bacia la mano ed infine se ne va.

Tutti questi stati d'animo e queste sottigliezze psicologiche, Emanuela Montanari le ha rese tangibili in modo egregio.

Massimo Murru e il Prélude n. 24

Vorrei proporre un'altra scelta musicale perfetta compiuta da John Neumeier: quella ‑ al termine del secondo atto ‑ del Prélude n. 24 ("surprenante et dramatique manifestation du génie de Chopin", come lo definisce Alfred Cortot).

Nanine porge ad Armand la lettera in cui Marguerite gli annuncia la rottura della loro relazione.

La lettura della drammatica missiva viene calata nella tempesta del ventiquattresimo preludio. Nell'apprendere il contenuto, infatti, in Armand esplodono rabbia e disperazione che ben possiamo identificare nell'"ardeur passionnée" e nella "fierté indomptable" che Cortot definisce come le caratteristiche della linea melodica della mano destra.

L'innamorato respinto riprende la lettera che aveva buttato, poi l'appallottola; afferra il cappello di Manguerite per gettarlo quindi lontano da sé. E corre per tutto il palcoscenico, uscendo ed entrando dalle quinte, con gesti travolgenti, addirittura sprezzanti. Armand è un uomo che è stato abbandonato dalla propria ragione; un animale impazzito perché si sente braccato.

Massimu Murru è stato magistrale in questa scena clou.

Eleganza, raffinatezza e signorilità: ecco tre termini che userei per definire l'étoile scaligera. Nel ruolo di Armand Duval, Murru elegante e raffinato è stato quando l'abbiamo visto vivere i momenti più felici del proprio amore; signorile ‑ pur non rassegnandosi, romanticamente, alla perdita ‑ nell'espressione del proprio dolore. Nella scena che conclude il secondo atto, Murru ha invece concesso piena libertà d'espressione alle proprie qualità drammatiche, calamitando l'attenzione del pubblico.

La sua partnership con Emanuela Montanari, in questo debutto scaligero, ha dato risultati di grande levatura regalando una recita che non posso non definire inobliabile.



[1] John Neumeier, per la sua Dame, ha scelto le musiche di Chopin: le composizioni pianistiche per i momenti d'intimità e per i pas de deux e le composizioni orchestrali per i momenti di coralità. Chopin, dunque, e non già ‑ come potrebbe parere naturale ‑ il Verdi de La traviata, mediato da un'orchestrazione ad hoc. Perché? Neumeier stesso l'ha spiegato nell'incontro del 12 marzo 2007 al Ridotto scaligero dei palchi "A. Toscanini": "I did not want to do a ballet where people were reminded to an opera." Scegliendo La traviata, il coreografo avrebbe indotto ‑ suo malgrado ‑ il pubblico a ricreare nella propria mente le voci liriche dei personaggi verdiani, distogliendolo perciò dal "dance drama". Il coreografo, anche consultandosi con il musicologo Gerhart Markson, optò quindi per il compositore polacco: scelta che gli sembrò calzantissima per il parallelismo biografico che corre tra Marie Duplessis e lo stesso Chopin (minati dalla tisi entrambi e morti a distanza di due anni l'uno dall'altra).

[2] "Toutes les notes, tous les silences même, compris dans la mélodie de la main droite, qui flotte, plainte douloureuse et poignante, au-dessous du rythme monotone de la basse, sont empreints d'une signification intense, alors que cependant le caractère général du morceau n'excède jamais le ton concentré de la méditation. La justesse de l'interprétation est donc liée ici au choix de sonorités réellement suggestives d'un sentiment d'accablement et d'amertume."


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