Didgeridoo. Il suono del Tempo del Sogno

La musica, i seminari e gli strumenti di Tanni, suonatore di didgeridoo, lo strumento sacro degli aborigeni australiani.

Ai piedi dell'arcobaleno, dice la leggenda, c'è la pentola dell'oro. L'arcobaleno è simbolo di pace e riconciliazione, dello spirito che appare in terra sotto forma di colori e vibrazioni; vero e reale anche se 'illusorio', perfetta metafora della nostra vita che è insieme concreta e fatta di sogni. Come la musica. Che è magica: fisica e spirituale al tempo stesso, materiale e immateriale. E cosa c'è di più musicale dell'arcobaleno? Lo scoprì un personaggio che oggi è noto nel mondo della musica: Tanni, nome d'arte di Walter Mandelli. Era un grafico pubblicitario, poi incontrò la musica e il "Popolo dell'arcobaleno".

Quella rete di persone e gruppi che si incontrano ogni anno per suonare e celebrare insieme, arrivando da ogni angolo del mondo e vivendo insieme nei teepee e nelle tende per una decina di giorni: un moderno 'pow-wow' planetario di migliaia di persone che si scambiano esperienze, musiche, canti: una nuova 'tradizione' nata in Messico e poi diffusasi con un tam tam informale in tutto il mondo. Un raduno in Italia fu tenuto due anni fa nell'Appennino Tosco-emiliano. È una storia raccontata nel libro Il popolo dell'arcobaleno, ed. AAM Terra nuova.

Tanni vi si unì la prima volta nel Sinai, primo di uno dei numerosi viaggi che l'hanno portato in contatto con le tradizioni dei popoli dell'Asia. Qui, fra una salita al monte Sinai e le suonate notturne sulle dune alla luce della Luna, Tanni incontrò Luz (Luz Amparo Boerma), colombiana-olandese, cantante e musicista, ora sua compagna nella vita e nella musica: insieme suonano e tengono seminari. Con lei ha sviluppando un repertorio e uno stile personale che uniscono musiche di differenti paesi e culture in una sintesi originale.

Nel Sinai, Tanni scoprì il didgeridoo, che è diventato la sua passione e attività: studia e pratica la musica come strumento di meditazione e benessere, costruisce artigianalmente didgeridoo in vero eucalipto, raccolto in Italia, utilizzando le tecniche tradizionali, e didgeridoo in agave e bambù (anche questi producono sonorità suggestive e potenti, e sono utili per chi deve esercitarsi). Quelli in eucalipto sono decorati con colori naturali secondo tecniche originali aborigene. Tanni costruisce altri strumenti musicali etnici, pezzi unici: li produce artigianalmente su diretta ispirazione e secondo le tecniche originarie tradizionali dei popoli nativi con cui è entrato in contatto o di cui ha appreso le tecniche in diverse parti del mondo. Fra gli altri, con il bambù realizza i flauti delle pianure dei nativi nordamericani e i flauti indonesiani; e ancora costruisce il Taponaztli (il "tamburo parlante" azteco); il Guiro brasiliano; le Campane a vento e il Bastone della pioggia (tipico di Messico e Cile). Tanni insegna, tiene seminari, suona.

Lo strumento più antico e moderno

Il didgeridoo è probabilmente il più antico strumento musicale della storia umana. In origine era uno strumento assolutamente naturale: un ramo di eucalipto "scavato" dall'interno dalle termiti, suonato soffiando nel cavo. In seguito tuttavia venne anche "lavorato" e perfezionato e decorato con motivi i totemici caratteristici degli aborigeni, per cui era soprattutto lo strumento sacro per le cerimonie. Il nome del didgeridoo deriva dall'interpretazione onomatopeica del suono ritmato data dagli inglesi che, sbarcati in Australia, sentirono il suono ritmato "did-ge-ridoo" provenire dai rami di eucalipto cavi suonati dagli aborigeni. Ma è chiamato in almeno cinquanta modi diversi a seconda del luogo e delle etnie: djalupu, djubini, ganbag, gamalag, maluk, yidaki, yirago, yiraki, yigi yigi. Le sue dimensioni variano: può essere lungo da uno a quattro metri, e avere un diametro interno da un minimo di tre centimetri (all'imboccatura) fino a 30 o più (nella parte finale). Musicalmente è classificato negli aerofoni ad ancia labiale e la sua nota fondamentale è data principalmente dalla lunghezza. Il didgeridoo ha accompagnato vita, feste e cerimonie degli aborigeni australiani, il popolo che al mondo ha conservato le tradizioni più arcaiche al mondo (pare siano vissuti nello stesso modo per 40.000 anni, da quando arrivarono in Australia provenienti forse dal Sud-Est asiatico), che si stanno rivelando tuttavia di una stupefacente attualità. Col didgeridoo gli aborigeni riproducono il suono e l'atmosfera mistica del Tempo del sogno, il periodo mitico della creazione, un Big Bang sonoro in cui gli Esseri ancestrali modellarono il mondo col suono "emergendo" dalla terra. Il rituale musicale ri-crea il mondo: il Tempo del sogno è come una dimensione parallela in cui gli aborigeni "rientrano" quando percorrono il deserto australiano lungo le Vie dei canti: pellegrinaggi cantati ai luoghi segreti dove la creazione prese forma emergendo dal buio e dal silenzio (lo racconta il grande viaggiatore Chatwin nel suo libro Le vie dei canti).

Allo stesso modo, il didgeridoo fa riemergere sensazioni arcaiche e potenti, producendo una sorta di Om che vibra in profondità in tutto l'essere di chi lo suona o l'ascolta, immergendolo in sensazioni difficili da esprimere a parole: ricorda l'amen, i canti gregoriani, i suoni interiori percepiti nella meditazione profonda; ma col didgeridoo si imitano anche suoni naturali e versi di animali. È uno strumento versatile, dalle infinite possibilità: suonandolo si possono produrre armonici, si possono raccontare storie pronunciando parole al suo interno, si può fare accompagnamento ritmico colpendolo con bastoncini.

Paradossalmente, però, sembra di ascoltare anche l'ansare della moderna vita meccanica, il rumore sordo di motori. Proprio perché se ne ottengono sonorità molto particolari e uniche, negli ultimi anni il didgeridoo s'è molto diffuso anche in Occidente ed è sempre più utilizzato da gruppi musicali, artisti e ricercatori ed esecutori di musica etnica, in tutto il mondo. È una guida nei seminari e nelle cerimonie moderne dei ricercatori spirituali: il didgeridoo ha la straordinaria capacità di portare in una dimensione interiore con il suo suono ipnotico e ancestrale. Il didgeridoo viene anche usato a scopo terapeutico, anche se la musicoterapia accademica non ha ancora riconosciuto le sue proprietà terapeutiche. Ma è certo e sperimentato l'effetto rilassante del "massaggio sonoro" effettuato col didgeridoo.

La respirazione circolare

Oggi Tanni è uno dei maestri italiani più noti e apprezzati per la grande versatilità, tecnica, originalità e anche per la capacità di insegnare a viverne l'atmosfera. Oggi tiene corsi e seminari per imparare a suonare il didjeridu. Dice Tanni: "Per suonarlo non occorre essere musicisti, è sufficiente un po' di pratica per ottenere risultati soddisfacenti; saranno poi l'estro, la fantasia e l'inspirazione di ciascuno a fare il resto. Il suono, modulabile in infinite sfumature, si ottiene con un soffio continuo e circolare governato dal diaframma: la 'respirazione circolare' ininterrotta (o 'soffio continuo': il suonatore prende aria dal naso mentre espira quella contenuta nella bocca, affinché il suono sia continuo). È una sorta di meditazione 'attiva', energetica come il Pranayama, la pratica Yoga del respiro e dell'energia. Il didgeridoo risveglia in noi antiche sensazioni che il frenetico mondo tecnologico ha sopito. Se per gli aborigeni è il veicolo del sogno, per noi, può essere anche un modo per ristabilire un rapporto con la respirazione attraverso un esercizio".