La situazione della danza in Italia
e all'estero. 1
Fotografare il movimento. 3
Diffondere la conoscenza della
danza. 3
Arte e libertà. 4
I ballettomani 4
Le doti necessarie nel campo della
danza. 5
I sogni e i desideri dei bambini
che studiano danza classica. 5
La figura del ballerino oggi 6
Carriera e famiglia. 6
Danza etnica. 7
Le fonti delle citazioni sono rilevabili facendo clic sul
nome dell'interlocutore.
Da più parti e continuamente si afferma che la situazione
estera sia nettamente migliore di quella italiana.
Luciana
Savignano in Bolero di Maurice Béjart.
©
Foto Alessio Buccafusca
|
Gloria Chiappani Rodichevski ne ha parlato con Frédéric Olivieri, direttore della
Compagnia di Ballo del Teatro alla Scala
Sono frasi fatte! Diciamo però che in Italia le istituzioni
che riguardano la danza sono mal strutturate. Pensi solo al fatto che a marzo
andrà in vigore la legge che impone il possesso di un diploma a chi vuole
insegnare danza. All'estero già da tempo occorre un diploma statale per aprire
una scuola privata, mentre per insegnare al conservatorio occorre anche il
riconoscimento di un'apposita commissione. Insomma, a chi apre in Italia una
scuola di danza fino al sei marzo non viene imposto il possesso di alcun
diploma.
Comunque in Italia c'è un profondo senso artistico e un
gusto per la danza. Il pubblico italiano è portato per il balletto, lo ama:
occorrerebbe perciò incentivare una cultura in questa direzione per educare
meglio alla comprensione della danza. Certi spettacoli di danza sia classica
sia contemporanea vale la pena di proporli e di spiegarli. […]
Non dimentichiamo poi che delle più grandi ballerine e dei
più grandi ballerini, una buona metà è italiana: c'è un'italiana all'inizio
della danza, Maria Taglioni; poi cito Fracci, Ferri, Bolle, Murru… Be', ogni
paese ha grandi nomi: in Francia ci sono Chauviré e Guillem. Quello che però
intendo sottolineare è che l'Italia ha una tradizione. Purtroppo
l'atteggiamento dei critici o dei politici è stato quello di mescolare tutto:
danza classica e hip-hop, non sono la stessa cosa! Nelle conferenze stampa
spesso evidenzio in modo chiaro che il balletto è un'arte esattamente come lo
sono la musica e il cinema.
In Italy there are not rosy prospects about the future of ballet
(cutting down of funds, risk of increasing the retirement age, etc). Are you
optimistic or pessimistic about the future of ballet and dance in your country?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Karen Anne Webb, critica statunitense di
danza
Tough call.
I think artistically the talent is certainly here, and people are producing
some very wonderful work on these little shoestring budgets. Economically, this
is a difficult time. It’s a little like the big newspapers valuing sports and
sensation over literate reporting of the arts: I’m not sure how much our
federal government truly values the serious performing arts. I think dance will
survive because artists (as a broad generalization) produce because they’re
driven to produce, and they will find a way. That way may not be easy: dancers
in the full-time companies around here have, for instance, had their contract
weeks shortened, and a lot of smaller companies survive because their dancers
are committed people who keep day jobs and dance in their spare time. One thing
you have to admit the old Communist regimes had in their favor was state
support of the arts! In a country like ours that is supposedly enlightened, I
think if the government truly wanted to find a way to support the arts like it
was doing 20 years ago, it would. I weep for the day we’ve put so much money
into defense that we find ourselves living in a country that is no longer worth
defending.
La situazione della danza in Italia non si può certo definire
rosea. È all'estero che troviamo tutt'altra sensibilità.
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Patrizia Manieri, già étoile del
Teatro San Carlo di Napoli
È vero. Prendiamo il Teatro San Carlo: da qualche anno a
questa parte al stagione di balletto è formata da una sola programmazione. Il 3
e il 4 agosto avremo il Lago dei cigni, ma è un fuori programma. Non so
dire perché si sia creata tale situazione presso il Teatro. È come se si
remasse contro la danza; contro quel poco che è rimasto, della danza. Alla fine
è un cane che si morde la coda: la direzione dice che il Corpo di ballo non è
in forma, ma se non lo si fa danzare… Eppure l'interesse per il balletto c'è.
Lo scorso anno, infatti, Elisabetta Terabust programmò il Lago in sei
recite e ci fu il tutto esaurito. Devo dire che al San Carlo anche l'opera
lirica attraversa una crisi: sono saltate due opere programmate per settembre.
Mancano i soldi. Non è come la Scala, dove gli imprenditori investono: gli
sponsor del nostro Teatro sono unicamente la Regione e la Provincia.
Il 29 aprile 2007 si è celebrata "Giornata mondiale della
Danza", della quale Lei è stata testimonial a Napoli. Prima
domanda: vista la situazione in cui versa la danza oggi in Italia, quale
importanza rivestono le celebrazioni della "Giornata Mondiale della
Danza"? Seconda domanda: ribadita la non rosea situazione di cui sopra,
qual è la responsabilità di un testimonial?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Patrizia Manieri, già étoile del
Teatro San Carlo di Napoli
Alla prima domanda rispondo che la "Giornata" è
importante perché qualsiasi cosa si faccia per la danza è importante: lezioni
aperte, articoli sui giornali, sfilate, mostre fotografiche… Con un blando
gioco di parole voglio dire: che si faccia qualcosa, è già qualcosa.
Alla seconda domanda oppongo un'altra domanda: se non mi
adopero io come testimonial, io che amo la danza, chi si deve assumere
questo ruolo? Essere testimonial è […] una manifestazione di amore per
la danza; è cercare di agire, pur nei limiti delle proprie possibilità: non si
è fatto nulla di eclatante, poiché non è stata data la possibilità, ma qualcosa
si è fatto. […] Che ci stiano isolando è palese. Ma se la danza è diventata la
Cenerentola degli enti lirici, è imperativo non toglierla di mezzo, questa
povera Cenerentola!
Come valuta la situazione della
danza in Italia?
Lilli Alù l'ha chiesto a Antoniy
Uzunov, responsabile dei Piccoli Danzatori del Teatro Massimo di Palermo
Il problema della formazione dei danzatori sta alla base
della grave situazione della danza in Italia, senza sottovalutare altri
problemi fondamentali quali la legislazione che riguarda l’età pensionistica
dei ballerini e le poche risorse destinate alle attività di Danza
Sappiamo che in Italia la danza non
versa in condizioni ottimali. Tu che cosa hai da dire al riguardo?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Lorena Coppola, presidente della Fondazione
Léonide Massine
Dico che ci vuole più gente con competenze prettamente
artistiche nei “posti di comando” in cui si decide circa la fattibilità o meno
delle produzioni, e che ci vuole molta più apertura mentale anche da parte
degli stessi artisti, molti dei quali purtroppo, fa male dirlo, spesso si
lasciano sovrastare da sterili gelosie e rivalità a vari livelli. Tutto ciò è
estremamente improduttivo e dannoso per la danza. Sostengo che, in generale, ci
vuole molta più sensibilità verso la danza e all’interno della stessa danza, in
direzione di spinte costruttive, volte all’unico obiettivo comune di far
rinascere quest’arte così sublime. Solo così le cose potranno davvero cambiare.
Cosa vuol dire essere un danzatore
oggi?
Lilli Alù l'ha chiesto a Monica
Perego, ballerina freelance
Oggi come allora, è una lotta continua con te stessa per
cercare di raggiungere il massimo della perfezione, ma purtroppo con un
problema in più rispetto al passato in quanto la situazione della danza,
soprattutto in Italia, è sempre più precaria per mancanza di fondi e quindi di
contratti.
En Italie en général la situation des compagnies de danse classique n'est
pas heureuse: les fonds manquent, une vraie culture de la danse n'est pas
suffisamment développée, etc. Le Teatro alla Scala c'est une exception.
Qu’est-ce que pouvez-vous me dire de la France?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a "Haydn", ballettomane ed uomo di
cultura
En France, la
situation de la danse classique n’est pas forcément brillante non plus. Des
efforts significatifs ont été consentis pour la danse contemporaine, avec la
création et le développement de ce que nous appelons les Centres Chorégraphiques
Nationaux, installés dans de nombreuses grandes villes de Province. Il y a
aussi eu la construction du Centre National de la Danse, à Pantin, juste à côté
de Paris, qui a été inauguré l’an passé.
Pour le
classique, les choses sont plus mitigées. Il y a de moins en moins de
compagnies «classiques» dans les grandes villes françaises, hormis Paris. Le
Ballet du Rhin, qui fut jadis dirigé par Jean Babilée puis Jean Sarelli, ne
programme pratiquement plus de chorégraphies classiques. Idem pour le Ballet
National de Lyon. Pour Marseille, les changements récents à la direction du
ballet ne permettent pas encore de se faire une idée exacte de ce que seront
les orientations de la compagnie pour les années à venir. Seuls Toulouse et
surtout Bordeaux font encore de la résistance. Si vous voulez voir un Lac
des cygnes ailleurs qu’à Paris, c’est au Grand Théâtre de Bordeaux qu’il
faut vous rendre! Le problème, c’est pour qu’une troupe de ballet classique
soit viable, il faut au minimum qu’elle comporte quarante ou cinquante
personnes. L’essentiel du répertoire, qui nous vient de l’époque romantique,
est constitué d’uvres conçues à l’origine pour des théâtres prestigieux, comme
l’Opéra de Paris ou le Mariinsky, qui disposaient de ressources financières conséquentes.
Ces ouvrages, pour être représentés dans des conditions satisfaisantes,
nécessitent des effectifs assez importants, tant au niveau des danseurs que des
musiciens qui les accompagnent. Alors maintenant, en ces temps de restrictions
budgétaires, l’Etat et les municipalités rechignent de plus en plus à
subventionner un art considéré trop souvent comme «élitiste», quand ce n’est
pas carrément ringard, et préfèrent allouer des crédits à des activités
possédant une image plus «jeune», plus médiatique. C’est malheureux, mais les
choses sont ainsi.
Qual è la difficoltà di fotografare il movimento?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto ad Alessio Buccafusca, fotografo di danza
Potrebbe sembrare una contraddizione fermare un'arte in
movimento con la fotografia, che è un'espressione di arte statica. In questo si
distingue il vero professionista: è basilare conoscere la tecnica, la
coreografia ed assistere alle prove in sala prima di arrivare alla generale del
balletto, dove di solito vengono catturati gli scatti più importanti. Il
fotografo di danza deve studiare molto bene la coreografia, per saper
riconoscere i momenti più importanti delle variazioni, dei pas de deux e
dei movimenti d'insieme. La bravura del fotografo consiste proprio
nell'immortalare l'attimo, quel preciso attimo, il più intenso, il più nitido,
il più impeccabile, il migliore. Provate ad immaginare un fotografo che sbaglia
lo scatto di una frazione di secondo nel tentativo di fissare uno splendido
salto: oltre a vanificare quello sforzo di strenua ricerca estetica dei
danzatori, ottiene un risultato che può essere addirittura grottesco e, se la
foto è poi pubblicata dai giornali, oltre a diffondere una brutta foto, può
compromettere con quell'immagine la reputazione e la carriera dei danzatori! La
perfezione di un movimento di danza è il punto di arrivo di giorni e giorni,
ore ed ore di estenuante lavoro, che l'occhio umano non può percepire ma la
macchina fotografica sì!
Dunque, fotografare la danza è un'enorme responsabilità che
chiunque si avvicina a questo tipo di arte non può e non deve dimenticare,
neanche per un istante.
Come occorrerebbe procedere per
avviare la gente ad una conoscenza seria del balletto classico?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Gilda Gelati, prima ballerina scaligera
Effettivamente in Italia esiste poca cultura ballettistica
(mi riferisco al balletto classico). In questo periodo c'è stato un ritorno
grazie a trasmissioni quali "Amici" di Maria De Filippi, il che non
va male, però occorrerebbe far conoscere il vero balletto classico attraverso
trasmissioni televisive oserei dire più serie. Mi spiego: non voglio proprio affermare
che "Amici" non sia seria, però le esigenze sono altre. Anni fa c'era
ad esempio "Maratona d'estate" di Vittoria Ottolenghi, dove si
potevano vedere delle rarità, ma poi è terminata.
Le scuole di danza private delle
città di provincia: che mondo è?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Gilda Gelati, prima ballerina scaligera
Un mondo a parte. Organizzano anche concorsi, ma è tutto
fine a se stesso, rimane tutto lì. Non aprono sbocchi per chi vuole entrare nel
teatro come professionista.
Quel est le rôle des balletomanes dans la diffusion active de la danse?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a "Haydn", ballettomane ed uomo di
cultura
Difficile à
évaluer. En France du moins. En Russie ou en Angleterre, il y a des groupes de
passionnés qui ont une influence non négligeable sur les orientations prises
par les autorités compétentes en matière de politique artistique, dans le
domaine du ballet. Je ne crois pas, par exemple, qu’Alexeï Ratmansky au Bolchoï
ou Monica Mason au Royal Ballet puissent faire tout ce qu’ils veulent;
l’emprise du public est réelle. A l’Opéra de Paris, les choses sont
différentes, et le poids des balletomanes sur les décisions de la Direction me
semble relativement restreint, même si les doléances du public l’objet d’un
examen attentif. Certaines associations, comme l’A.R.O.P. (Association Pour le
Rayonnement de l’Opéra de Paris), qui par ailleurs décerne chaque année un prix
à de jeunes danseurs de la maison, disposent d’un certain pouvoir.
Quanto è importante nutrire il pubblico anche della danza
moderna e contemporanea, oltre che dei classici?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Gabriele Gandini, direttore artistico di
Teatri S.p.A.
È necessario proporre, confrontarsi, lanciare delle sfide.
Anche se indubbiamente i ballettomani sono più attaccati ai grandi balletti
classici, per il pubblico ritengo sia interessante vedere altro.
È percezione diffusa che i gusti del pubblico siano orientati
verso i balletti narrativi, verso i grandi classici, che vengono preferiti ai
più difficilmente decodificabili lavori contemporanei. Il pubblico pare insomma
non stancarsi facilmente di Laghi, Giselles, Belle addormentate,
Romei e Giuliette. Ritengo, tuttavia, che esso vada educato e fatto
crescere (e non solo nel campo della danza, ma in quello dell'arte e della
cultura in genere. Apro e chiudo questa parentesi perché non vorrei esaltarne
la vis polemica, parlando del ruolo educativo che dovrebbe avere la
scuola in primis e la società poi e che potrebbe-dovrebbe avere il
piccolo schermo). Secondo Lei nelle stagioni di balletto in quale percentuale
occorrerebbe presenziasse la danza classica e in quale quella contemporanea?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Patrizia Manieri, già étoile del
Teatro San Carlo di Napoli
Nella stessa percentuale. Le faccio l'esempio del cinema. Io
amo il cinema e mi reco molto spesso nelle sale. Se vado a vedere un film che
racconta una storia, poniamo una storia d'amore, noto che la gente si emoziona:
è come se ci fosse ancora tanto desiderio d'amore e una profonda esigenza di
emozionarsi (probabilmente in contrasto con i tempi in cui viviamo). Tuttavia
c'è anche parecchia voglia di contemporaneità: immagini rielaborate con il
computer, estremizzazione del futuro…. Avverto, in sintesi, che esiste la
necessità di entrambe le tendenze, quindi non è possibile privilegiare l'una o
l'altra. Tornando alla danza, sicuramente quella non classica rappresenta uno
stimolo ed è formativa: per il pubblico, certo, ma pure per i giovani
ballerini.
L'esigenza di libertà che avverte un artista.
Gloria Chiappani Rodichevski ne ha parlato con il ballerino
Fabio Grossi
[…] desidero ricollegarmi ad un concetto fondamentale per
l'Arte, dopo aver parlato di bellezza e di verità, che è […] l'esigenza di
libertà. Non l'assenza di regole ma lo stato dell'essere che, intelligentemente,
le trascende. E mi riferisco a […] una delle personalità più originali del
teatro di danza (che diviene "teatro-danza") della nostra epoca, Pina
Bausch, la quale parafrasando le parole del suo grande maestro ‑
l'espressionista tedesco Kurt Jooss ‑ ha sottolineato la vitale necessità
di esprimersi con libertà, in quanto nella danza non esistono regole se non
quelle da contraddire. Rivelando propositi quasi rivoluzionari nei confronti di
qualunque canone precostituito, la sua gestualità ‑ che attinge dal
quotidiano per arrivare all'assoluto ‑ non ha confini perché traduce i
sentimenti e i sentimenti di confini non ne hanno.
Quelle est, d'après vous, la vraie psychologie des balletomanes?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a "Haydn", ballettomane ed uomo di
cultura
J’avoue que je
n’en sais rien. Je pense qu’on trouve de tout chez les balletomanes. Je ne
crois pas qu’on puisse parler de psychologie type. Il y a des comportements qui
se rapprochent de ceux des lyricomanes: certains sont des fans inconditionnels
de tel ou tel danseur ou danseuse, et sont prêts à tout pour voir leurs
spectacles. Maria Callas ou Renata Tebaldi avaient leurs admirateurs
passionnés, tout comme Svetlana Zakharova ou Sylvie Guillem aujourd’hui. Il y a
évidemment aussi des gens qui pratiquent la danse, en professionnel ou en
amateur, et dont l’appétit chorégraphique est insatiable; alors, en plus de
leurs propres séances de travail, ils vont voir les spectacles des autres! Mais
c’est difficile d’établir un profil psychologique précis du balletomane.
Quali doti deve avere un allievo per
riuscire nel campo della danza?
Lilli Alù l'ha chiesto a Antoniy
Uzunov, responsabile dei Piccoli Danzatori del Teatro Massimo di Palermo
L’età più adatta per iniziare lo studio della danza è di
9-10 anni. Gli esami di ammissione nelle istituzioni ufficiali sono molto
rigidi: vengono esaminati l’aspetto esteriore dei candidati, l’espressività, la
corporatura e i muscoli, la flessibilità, il salto, l’incedere, le capacità
artistiche e la musicalità. Ovviamente le buone doti fisiche sono
indispensabili per lo studio della danza. Danza, però, significa prima di
tutto: Fatica, Sacrificio e Amore.
Quali sono le doti principali che
deve possedere un ballerino per considerarsi tale?
Lilli Alù l'ha chiesto a Antoniy
Uzunov, responsabile dei Piccoli Danzatori del Teatro Massimo di Palermo
Le caratteristiche principali di un artista del ballo,
secondo me, sono: laboriosità, laboriosità, laboriosità.
Lilli Alù ha ascoltato per Morfoedro i Piccoli Danzatori del Teatro Massimo di
Palermo
La danza è la mia
vita. […] Il mio sogno da grande è fare la ballerina.
Per me la danza è
un’espressione sublime di quello che si intende per arte, dove tutto è dominato
dall’armonia dei movimenti, dalla passione e dalla rigorosità. I miei sogni
sono quelli di andare a studiare all’estero ed un giorno diventare una stella
della danza.
Sono orgogliosa di questa esperienza e spero che l’emozione
che ne deriva si prolunghi nel tempo, perché, inutile dirlo, sogno i nastri
alle caviglie anche per quando sarò grande.
Per me la danza è
la cosa più bella del mondo. Quando ballo è come se dimenticassi tutto ciò che mi
circonda. È una sensazione fortissima: è come un’energia che si scatena
all’interno e mi dà la forza di ballare con entusiasmo. Da grande vorrei tanto
diventare una brava ballerina. Spero quindi che tutti questi sacrifici, miei e
dei miei genitori, un giorno vengano ricompensati. Al massimo mi accontento di
diventare una show-girl che balla sulle musiche dei suoi cantanti preferiti.
Ritengo che in
futuro continuerò a studiare danza perché i miei sogni sono quelli di diventare
una grande ballerina e, possibilmente, dei più importanti teatri del mondo.
Il mio sogno nel cassetto è quello di poter danzare su
palcoscenici più importanti del mondo ad iniziare proprio dal nostro Teatro
Massimo.
In futuro sicuramente continuerò a studiare danza. Per me la
danza è qualcosa di emozionante perché quando salgo sul palcoscenico sembra che
volo!! Tutto questo è il mio sogno!!
Io vivo per danzare
perché la danza per me è importante come la vita stessa. Lei è legata a tutti i
miei sogni, primo fra tutti brillare su di un palcoscenico. Vorrei tanto
diventare la prima ballerina del Teatro dell’Opéra di Parigi. Ci vorrà pazienza
e determinazione ma spero tanto che diventi realtà perché Danza è Arte, è
eleganza ed è passione. Io pretendo tanto da me perché so che posso dare tanto.
Spero che quel che desidero per la mia carriera di ballerina si realizzi perché
io non smetterò mai di danzare.
L’esperienza che sto vivendo al Teatro è molto bella ed
emozionante e mi riempie di gioia giorno per giorno. Più ci vado e più mi
entusiasma anche perché ritengo che questo sarà il mio lavoro futuro. La danza
per me è tutta la mia vita ed il mio sogno più grande è quello di diventare una
grande ballerina.
Penso che nella mia vita continuerò a danzare perché per me
la danza è tutto. Mi piacerebbe andare alla Scala o a Parigi e…. diventare una
grande ballerina!
[…] ballare bene è adesso il mio unico scopo. Voglio in
futuro continuare a studiare danza e spero di diventare un ballerino del teatro
di Parigi ma, soprattutto, diventare famoso a livello internazionale.
Per me la danza è uno stile di vita, un modo di
comportamento che dà armonia e melodia al corpo ed alla mente. Nella mia,
seppur ancora breve, carriera di ballerina ho partecipato a diversi stage con
ballerini molto famosi ed ogni volta li ho guardati con tanta ammirazione Ciò
mi ha sempre stimolato a studiare con profonda dedizione con la speranza che un
domani il mio lavoro possa portare buoni frutti e che io possa diventare una
ballerina ammirata e stimata per le mie qualità.
La figura del ballerino oggi ha
qualcosa in più rispetto ieri?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Maria Cristina Bucci, diplomata
all'Atelier di Teatro Danza della Civica Scuola d'Arte Drammatica "Paolo
Grassi" di Milano.
Condivido l'idea di Marinella Guatterini che oggi un
danzatore, che non deve per forza essere anche coreografo, debba poter contare
su una buona preparazione culturale. Non solo sulla storia della danza, ma
anche sulla musica (saperla leggere, per esempio, è un grande vantaggio), le
arti visive, la letteratura, la poesia, la storia. Quasi mai queste nozioni
sono usate in sala prove, tuttavia arricchiscono la sensibilità e forniscono
materiale di lavoro.
Pensi che per una ballerina
affermata, sempre in giro per il mondo, sia possibile conciliare la professione
con il matrimonio, i figli?
Lilli Alù l'ha chiesto a Monica
Perego, ballerina freelance
A mio parere è possibile, ma difficile, trovare una persona
che capisca il nostro amore per quest'arte e tutto quello che comporta. Per
quanto riguarda invece aver figli, sono un po' tradizionalista e credo che una
madre dovrebbe dedicare a loro tutta se stessa.
La maternità è un momento critico
per una ballerina. Quanto tempo prima del parto deve smettere di danzare e
quanto tempo dopo può ricominciare?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Gilda Gelati, prima ballerina scaligera
Cambia da persona a persona. Io non ho bambini, comunque
vedo che le mie colleghe si fermano quasi subito, anche perché un bambino lo si
fa a ventinove-trent'anni, non a venti, altrimenti ci si rovina la carriera.
Dopo il parto passano quattro-cinque mesi prima di ricominciare non dico a
ballare, ma a fare gli esercizi.
Mi puoi parlare della cosiddetta
danza del ventre?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Sabah Benziadi, danzatrice orientale
Hai fatto bene a specificare "cosiddetta". Infatti
tale denominazione è occidentale: danza del ventre, belly dance, danse
du ventre. In realtà si tratta di danza orientale e ne esistono due tipi:
"raks" che rappresenta lo stile classico autentico, e
"sharki", che rappresenta lo "stile cabaret". Questo
secondo tipo veniva infatti eseguito nei cabaret ed è lì che sono state
inventate quelle movenze spinte che provocano l'erotismo negli avventori. Mi
hanno raccontato alcune anziane donne egiziane ed algerine che un tempo non
esistevano movimenti erotici: essi furono inventati in epoca coloniale a
beneficio dei soldati francesi e inglesi. Il proprietario del locale in cui le
ballerine si esibivano, esigeva infatti da loro uno stile di danza erotico
perché, grazie a tali esibizioni, gli uomini si trattenevano nel locale tutto
il giorno e consumavano. Io non amo quel tipo di stile spinto: mi piace,
invece, lo stile pulito. E la danza del ventre, chiamiamola così, è sensuale ma
non erotica. La ballerina deve per forza essere sensuale. La danza parte dello
sguardo che è sensuale ma non erotico, dalle mani, dal sorriso che non deve
essere stampato sulla faccia. Insomma, è importante il comportamento di ogni
parte del corpo perché qualsiasi movimento ha la propria espressione. Ad
esempio la danza tuareg la si esegue, oltre che con il bacino, anche con i
capelli!
La danza orientale insegnata da un
occidentale: che cosa ne pensi?
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Sabah Benziadi, danzatrice orientale
In occidente si trovano video didattici orribili! Sono stati
prodotti da persone (magari danzatrici classiche) che hanno seguito un corso di
danza orientale e che quindi si improvvisano insegnanti di tale disciplina. La
cosa che mi fa inorridire è che viene intercalato qualche (dico qualche) passo
orientale a passi di danza contemporanea e jazz. Gli stage andrebbero
condotti da professionisti, anzi, da professioniste! In Italia, invece, girano
sempre gli stessi nomi che, tra l'altro, non sono tra i più qualificati: si
tratta di ballerine occidentali oppure di uomini. Perché uomini? Per guadagnare
a quest'arte anche la fetta maschile. E perché ballerine occidentali? Forse
perché, invitando ballerine orientali, si teme di depauperare la bravura delle
insegnanti italiane.
L'Andalusia: una terra con una
tradizione di danza molto particolare.
Gloria Chiappani Rodichevski l'ha chiesto a Lorena Coppola, presidente della Fondazione
Léonide Massine
L’Andalusia è la patria del flamenco. La tradizione di danza
andalusa è un argomento vastissimo, che richiederebbe una trattazione a parte.
Sintetizzando, mi sento di dire che il flamenco nasce in Andalusia ma poi
diviene cultura universale. Il flamenco non è solo arte o tecnica, ma un modo
di sentire e di esprimersi. Qualcuno ha scritto che “… essere flamenco è avere
un'altra carne, un'altra anima, altre passioni, un'altra pelle, altri istinti,
desideri; è avere un'altra visione del mondo, con il senso grande; il destino
nella coscienza, la musica nei nervi, fierezza indipendente, allegria con
lacrime; è il dolore, la vita e l'amore che incupiscono. Essere flamenchi
significa odiare la routine e il metodo che castra; immergersi nel canto, nel
vino e nei baci; trasformare la vita in un'arte sottile, capricciosa e libera;
senza accettare le catene della mediocrità; giocarsi tutto in una scommessa;
assaporarsi, darsi, sentirsi, vivere!”