Intervista a Marina Berati, attivista vegan

3 febbraio 2006

Cominci a raccontarsi da dove vuole e continui seguendo i temi che Le sembra più interessante esporre.

Di me, ai fini di questa intervista, posso dire di essere, ormai da circa dodici anni, una attivista per gli animali, impegnata su vari fronti, soprattutto quello della diffusione dello stile di vita vegan, della lotta alla vivisezione e alla caccia. Non sono però attivista "di mestiere", perché il mio lavoro è quello dell'ingegnere informatico.

Perché si diventa vegetariani? E vegan?

Le ragioni per diventare vegetariani e per diventare vegan sono esattamente le stesse, non ci sono ragioni per diventare vegetariani e altre per diventare vegan, è solo che, solitamente, la scelta vegetariana è la più ovvia, e solo dopo si scopre che, per gli stessi motivi per cui si diventa vegetariani, occorre diventare vegan. Oggi però capita sempre più spesso, proprio perché la diffusione di informazioni sull'argomento è molto maggiore di un tempo, che una persona diventi direttamente vegan, o diventi vegetariana e diventi vegan dopo pochi mesi.

La ragione principale, quella che fa scattare la decisione nella stragrande maggioranza delle persone che fanno questa scelta, è la questione etica: a un certo punto ci si rende conto che non è ammissibile far soffrire e uccidere animali, esseri senzienti come noi, come il nostro cane e il nostro gatto, solo per soddisfare il nostro palato. E così si smette di mangiarli. Poi (o anche subito) si capisce che anche per la produzione di latte e di uova gli animali devono necessariamente essere uccisi, e allora si diventa vegan.

Altre ragioni possono essere quella ecologista e umanitaria: gli animali sono "fabbriche di proteine alla rovescia", cioè per produrre un chilo di "cibo" animale (in forma di carne, latte e uova) consumano, mediamente, 15 chili di cibo vegetale (cereali, soia e altre leguminose). Questo significa un impatto ambientale altissimo (per consumo di energia, acqua, sostanze chimiche, smaltimento delle deiezioni, ecc.) e uno spreco enorme di risorse (terra, acqua, cibo) in un mondo sempre più affamato e assetato.

Oppure c'è la motivazione salutistica: si sceglie di mangiare vegetariano o, meglio ancora, vegan, per proteggere la propria salute e prevenire le malattie degenerative.

Ci sono medici che affermano che la carne è insostituibile per l'uomo, quindi negano che si possa vivere in salute da vegetariani o vegan. Che cos'ha da dire in proposito, Lei che fa parte della redazione di "Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana"?

Purtroppo i medici sono mediamente molto poco preparati sull'aspetto "nutrizione": all'università viene studiato pochissimo, e su testi troppo vecchi. E in generale, ben pochi medici hanno la volontà e l'interesse di tenersi aggiornati leggendo le riviste medico-scientifiche che riportano studi sull'argomento. Così, anziché basarsi sulla scienza, ci si basa sui "consigli della nonna", che purtroppo, però, anche se spesso hanno del buono, a volte sono completamente infondati.

Quindi, chiunque voglia sapere qual è lo stato dell'arte sull'argomento, può far riferimento al sito di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, www.scienzavegetariana.it e tener presente quello che afferma l'ADA (Associazione dei Dietisti Americani, un po' come il nostro ordine dei medici, ma formato solo da specialisti in nutrizione) nella sua "Posizione Ufficiale sulle Diete Vegetariane": "L'American Dietetic Association ed i Dietitians of Canada affermano che le diete vegetariane correttamente bilanciate sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale e che comportano benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie." E inoltre: "Le diete vegane, lacto-vegetariane e lacto-ovo-vegetariane ben bilanciate sono adeguate a tutti gli stadi del ciclo vitale, inclusi gravidanza ed allattamento. Le diete vegane, lacto-vegetariane e lacto-ovo-vegetariane adeguatamente pianificate soddisfano i fabbisogni nutrizionali dei bambini nella prima e seconda infanzia e degli adolescenti, e promuovono una crescita normale. Le diete vegetariane nell'infanzia e nell'adolescenza possono essere d'ausilio nello stabilire sani schemi alimentari, validi per tutta la durata della vita, e possono offrire alcuni importanti vantaggi nutrizionali."

Lei ha pubblicato lo scorso anno per le Edizioni Sonda il libro Diventa vegan in 10 mosse. Può sintetizzarle, queste dieci mosse?

Il libro è una sorta di manuale, che riporta l'esperienza personale mia e di Massimo Tettamanti, l'altro autore, nel nostro "percorso" vegan. Solo i primi due "passi" spiegano "perché" essere vegan. Tutti gli altri spiegano il "come".

I passi sono:

1. Non mangiare animali: perché?

2. Scopri che anche latte e uova uccidono.

3. Fatti da mangiare. Qui si spiega che cosa mangia solitamente una persona vegan.

4. Rimani in forma. Qui viene affrontato l'argomento "salute".

5. Affronta il mondo. Si prendono in considerazione i rapporti con gli altri: come cambiano, fatta questa scelta?

6. Non solo cibo. Qui vengono analizzati altri aspetti della vita vegan: l'abbigliamento, i prodotti per l'igiene personale, gli animali domestici, ecc.

7. Rispondi a tono. Vengono analizzate tutte le "domande frequenti" che ci si sente porre.

8. Conosci i tuoi simili. Questo è un capitolo autoironico sui difetti dei vegan!

9. Battiti e combatti! Affronta il tema dell'attivismo.

10. Un bilancio. Sono le conclusioni

Quali sono i riscontri che ha avuto, fino ad ora, il Suo libro? La sua lettura è riuscita a convincere qualcuno al grande passo?

Abbiamo visto che il libro funziona bene sulle persone sensibili verso gli animali, portate a rispettarli, che però non hanno ancora riflettuto sulla scelta vegetariana o vegan. Su queste persone il libro risulta convincente, e più d'una ha "fatto il grande passo". Ha ottenuto buoni risultati anche su persone vegetariane, che dopo la lettura sono diventate vegan.

Su chi non ha sensibilità verso gli animali non funziona molto, perché non può arrivare al loro cuore.

Spesso ci si trova di fronte a chi afferma che, con tutti i problemi reali che sovrastano l'umanità, è assurdo perdere le proprie energie per gli animali. Che cosa ne pensa?

Di solito queste persone non fanno nulla nemmeno per gli umani.

La cosa importante è non nuocere: aiutando gli animali non si nuoce alle persone, anzi, se si fa la scelta vegan si contribuisce a risparmiare moltissime risorse, preziose in un mondo sovrappopolato e con troppe disuguaglianze nell'uso delle risorse.

Viceversa, non è facendo del male agli animali che si aiutano le persone, di certo una persona che va a caccia, che indossa una pelliccia, che abbandona un animale non aiuta a risolvere i problemi del mondo comportandosi così, e quindi se smette di farlo aiuta gli animali e non danneggia nessuno.

Qualsiasi attività che aiuti chi soffre, è degna di rispetto, è solo il non fare nulla per gli altri che non è rispettabile.

Che cosa ha da dire ad un carnivoro irriducibile?

Nulla. Di solito se uno si dichiara così, significa che non è interessato al dialogo, e sarebbe solo un inutile muro-contro-muro.

E ad un vegetariano?

A un vegetariano chiedo di leggere la mia lettera aperta.

E ad un vegan?

A un vegan chiedo di diventare attivista!

E a chi non si pone il problema animalista?

Dipende se si tratta comunque di una persona sensibile alla sofferenza altrui, e che ha un senso della giustizia profondamente radicato in sé. In questo caso, occorre fargli conoscere la realtà dello sfruttamento e dell'uccisione degli animali, facendogli capire che è in suo potere non prendervi parte.

Lei è a conoscenza di casi di vegetariani che sono retrocessi per problemi di salute? E per debolezza etica?

Per problemi di salute, no, non si pone proprio il caso, l'alimentazione vegetariana può solo migliorare la salute. È chiaro che se uno mangia solo insalata e patatine fritte col ketch-up questa dieta non è adeguata, ma non lo è nemmeno se al posto dell'insalata mangia un hamburger, quindi il problema non è che la dieta è vegetariana, ma che non è equilibrata.

Casi di persone, invece, che hanno fatto questa scelta con leggerezza, magari per moda, senza esserne convinti, ce ne sono, e queste persona cambieranno idea non appena cambia il vento.

Chi invece ha veramente capito il problema, e deciso che non vuole ammazzare esseri senzienti per motivi futili, non tornerà più indietro.

A che cosa non rinuncerebbe mai, nella vita?

Non credo ci siano cose a cui non potrei rinunciare.

Tranne il portare avanti la mia vita rispettando il diritto di vivere di tutti gli animali e il battermi per loro, con tutta l'energia che possiedo.

Ed ora apriamoci una parentesi letteraria: le Sue reazioni in qualità di animalista di fronte ad una poesia come New York. Ufficio e denuncia[1] di Federico García Lorca.

Io non lo so quale situazione abbia ispirato García Lorca a scrivere questa poesia, né se quello che lui voleva trasmettere è quello che io ricevo leggendola: il pensiero dell'ecatombe di animali che ha luogo ogni giorno, in tutto il mondo, tortura prima, e morte dopo, sistematica e voluta e pianifica, ma nascosta e ignorata da tutti, come se non esistesse. Si consumano i "prodotti" (la bistecca, il farmaco, la pelliccia), ma non si sa, o non si vuole sapere, da dove vengono, e quanta sofferenza sono costati.

Restiamo sempre nell'universo lorchiano. La prima volta che lessi il Llanto per la morte del torero Ignacio Sánchez Mejías[2], apprezzai naturalmente la bellezza della poesia, ma non potei esimermi dal dissociarmi - io, animalista - dal dolore lorchiano, dato che il torero era morto a causa del toro contro cui stava combattendo. Trova questo mio sdoppiamento lecito, o Lei rifiuta quella poesia in blocco, visto il tema?

Non saprei dire se sia possibile scindere la forma - la bellezza delle parole - dal contenuto - il dolore per la morte di una persona che in vita si divertiva ad ammazzare animali che non avevano scelto di combattere con lui e che prima delle morte venivano torturati, e non combattevano mai ad armi pari… e che, nonostante questo, stavolta avevano "vinto" (almeno, fino alla prossima corrida).

Una persona così non è certo un eroe.

Se una persona la trovo disprezzabile in vita, non la posso rispettare solo perché è morta, e quindi non posso sentire in alcun modo le emozioni del poeta che piange il suo amico. Se non posso sentire le emozioni, allora il testo diventa freddo e muto, e come tale, non credo nemmeno di poterlo definire "bello".



[1] New York

Ufficio e denuncia

Sotto le moltiplicazioni
c'è una goccia di sangue d'anitra;
sotto le divisioni
c'è una goccia di sangue di marinaio.
Sotto le somme, un fiume di sangue tenero;
un fiume che scorre cantando
nei dormitori delle periferie,
ed è argento, cemento, o brezza
nell'alba ingannevole di New York.
Esistono le montagne. Lo so.
E le lenti per la sapienza.
Lo so. Ma io non sono venuto a vedere il cielo.
Sono venuto a vedere il torbido sangue,
il sangue che porta le macchine alle cateratte
e lo spirito alla lingua del cobra.
Tutti i giorni si ammazzano in New York
quattro milioni di anitre,
cinque milioni di porci,
duemila colombe per il piacere degli agonizzanti,
un milione di vacche,
un milione d'agnelli
e due milioni di galli,
che fanno i cieli a pezzi.
È meglio singhiozzare affilando il coltello
o assassinare i cani nelle allucinanti partite di caccia,
che sopportare all'alba
gli interminabili treni di latte,
gli interminabili treni di sangue
e i treni di rose ammanettate
dai commercianti di profumi.
Le anitre e le colombe,
i maiali e gli agnelli
metton le loro gocce di sangue
sotto le moltiplicazioni,
e i terribili urli delle vacche munte
riempiono di dolore la valle
dove l'Hudson s'ubriaca d'olio.
Io denuncio a tutta la gente
che ignora l'altra metà,
la metà irredimibile
che alza i suoi monti di cemento
dove battono i cuori
degli animaletti che si dimenticano
e dove cadremo tutti
nell'ultima festa delle buche.
Vi sputo sulla faccia.
L'altra metà m'ascolta
divorando, cantando, volando, nella sua purezza,
come i bambini nelle portinerie
che tolgono fragili bastoncini
ai buchi dove si ossidano
le antenne degli insetti.
Non è l'inferno, è la strada.
Non è la morte. È la bottega della frutta.
C'è un mondo di fiumi spezzati e distanze inaccessibili
nella zampina di questo gatto spezzata dall'automobile,
e io sento il canto del lombrico
nel cuore di molte bambine.
Ossido, fermento, terra scossa.
Terra, tu stesso che nuoti nei numeri dell'ufficio.
Che faccio? Ordinare i paesaggi?
Ordinare gli amori che dopo sono fotografie,
che dopo sono pezzi di legno e rigurgiti di sangue?
No, no; io denuncio.
Denuncio la congiura
di questi uffici deserti
che non trasmettono le agonie,
che cancellano i programmi della selva,
e m'offro per esser mangiato dalle vacche munte
quando i loro gridi riempiono la valle
dove l'Hudson s'ubriaca di olio.

Tratto da Poeta en Nueva York, in Federico García Lorca, Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1983. Traduzione di Carlo Bo

 

[2] Lamento per Ignacio Sanchez Mejias

1.
Il cozzo e la morte

Alle cinque della sera.
Eran le cinque in punto della sera.
Un bambino portò il lenzuolo bianco
alle cinque della sera.
Una sporta di calce già pronta
alle cinque della sera.
Il resto era morte e solo morte
alle cinque della sera.

Il vento portò via i cotoni
alle cinque della sera.
E l'ossido seminò cristallo e nichel
alle cinque della sera.
Già combatton la colomba e il leopardo
alle cinque della sera.
E una coscia con un corno desolato
alle cinque della sera.
Cominciarono i suoni di bordone
alle cinque della sera.
Le campane d'arsenico e il fumo
alle cinque della sera.
Negli angoli gruppi di silenzio
alle cinque della sera.
Solo il toro ha il cuore in alto!
alle cinque della sera.
Quando venne il sudore di neve
alle cinque della sera,
quando l'arena si coperse di iodio
alle cinque della sera,
la morte pose le uova nella ferita
alle cinque della sera.
Alle cinque della sera.
Alle cinque in punto della sera.

Una bara con ruote è il letto
alle cinque della sera.
Ossa e flauti suonano nelle sue orecchie
alle cinque della sera.
Il toro già mugghiava dalla fronte
alle cinque della sera.
La stanza s'iridava d'agonia
alle cinque della sera.
Da lontano già viene la cancrena
alle cinque della sera.
Tromba di giglio per i verdi inguini
alle cinque della sera.
Le ferite bruciavan come soli
alle cinque della sera.
E la folla rompeva le finestre
alle cinque della sera.
Alle cinque della sera.
Ah! che terribili cinque della sera.
Eran le cinque a tutti gli orologi!
Eran le cinque nell'ombra della sera.

2.
Il sangue versato

Non voglio vederlo!

Di' alla luna che venga,
ch'io non voglio vedere il sangue
d'Ignazio sopra l'arena.

Non voglio vederlo!

La luna spalancata.
Cavallo di quiete nubi,
e l'arena grigia del sonno
con salici sullo steccato.

Non voglio vederlo!
Il mio ricordo si brucia.
Ditelo ai gelsomini
con il loro piccolo bianco!

Non voglio vederlo!

La vacca del vecchio mondo
passava la sua triste lingua
sopra un muso di sangue
sparso sopra l'arena,
e i tori di Guisando,
quasi morte e quasi pietra,
muggirono come due secoli
stanchi di batter la terra.
No,
non voglio vederlo!

Sui gradini salí Ignazio
con tutta la sua morte addosso.
Cercava l'alba,
ma alba non era.
Cerca il suo dritto profilo,
e il sogno lo disorienta.
Cercava il suo bel corpo
e trovò il suo sangue aperto.
Non ditemi di vederlo!
Non voglio sentir lo zampillo
ogni volta con meno forza:
questo getto che illumina
le gradinate e si rovescia
sopra il velluto e il cuoio
della folla assetata.
Chi mi grida d'affacciarmi!
Non ditemi di vederlo.
Non si chiusero i suoi occhi
quando vide le corna vicino,
ma le madri terribili
alzarono la testa.
E dagli allevamenti
venne un vento di voci segrete
che gridavano ai tori celesti,
mandriani di pallida nebbia.
Non ci fu principe di Siviglia
da poterglisi paragonare,
né spada come la sua spada
né cuore così vero.
Come un fiume di leoni
la sua forza meravigliosa,
e come un torso marmoreo
la sua armoniosa prudenza.
Aria di Roma andalusa
gli profumava la testa
dove il suo riso era un nardo
di sale e d'intelligenza.
Che gran torero nell'arena!
Che buon montanaro sulle montagne!
Come delicato con le spighe!
Come duro con gli speroni!
Tenero con la rugiada!
Abbagliante nella fiera!
Tremendo con le ultime
banderillas di tenebra.

Ma ormai dorme senza fine.
Ormai i muschi e le erbe
aprono con dita sicure
il fiore del suo teschio.
E già viene cantando il suo sangue:
cantando per maremme e praterie,
sdrucciolando sulle corna intirizzite,
vacillando senz'anima nella nebbia,
inciampando con mille zoccoli
come una lunga, scura, triste lingua,
per formare una pozza d'agonia
vicino al Guadalquivir delle stelle.
O bianco muro di Spagna!
O nero toro di pena!
O sangue forte d'Ignazio!
O usignolo delle sue vene!
No.
Non voglio vederlo!
Non c'è calice che lo contenga,
non rondini che se lo bevano,
non c'è brina di luce che lo ghiacci,
né canto né diluvio di gigli,
non c'è cristallo che lo copra d'argento.
No.
E non voglio vederlo!!

3.
Corpo presente

La pietra è una fronte dove i sogni gemono
senz'aver acqua curva né cipressi ghiacciati.
La pietra è una spalla per portare il tempo
con alberi di lagrime e nastri e pianeti.

Ho visto piogge grigie correre verso le onde
alzando le tenere braccia crivellate
per non essere prese dalla pietra stesa
che scioglie le loro membra senza bere il sangue.

Perché la pietra coglie semenze e nuvole,
scheletri d'allodole e lupi di penombre,
ma non dà suoni, né cristalli, né fuoco,
ma arene e arene e altre arene senza muri.

Ora sta sulla pietra Ignazio il ben nato.
Ormai è finito. Che c'è? Contemplate la sua figura:
la morte l'ha coperto di pallidi zolfi
e gli ha messo una testa di scuro minotauro.

Ormai è finito. La pioggia entra nella sua bocca.
Il vento come pazzo il suo petto ha scavato,
e l'Amore, imbevuto di lacrime di neve,
si riscalda in cima agli allevamenti.

Che cosa dicono? Un silenzio putrido riposa.
Siamo con un corpo presente che si sfuma,
con una forma chiara da usignoli
e la vedemmo riempirsi di buchi senza fondo.

Chi increspa il sudario? Non è vero quello che dice!
Qui nessuno canta, né piange nell'angolo,
né pianta gli speroni né spaventa il serpente:
qui non desidero altro che gli occhi rotondi
per veder questo corpo senza possibile riposo.

Voglio vedere qui gli uomini di voce dura.
Quelli che domano cavalli e dominano i fiumi:
gli uomini cui risuona lo scheletro e cantano
con una bocca piena di sole e di sassi.

Qui io voglio vederli. Davanti alla pietra.
Davanti a questo corpo con le redini rotte.
Voglio che mi mostrino l'uscita
per questo capitano legato dalla morte.

Voglio che mi insegnino un canto come un fiume
ch'abbia dolci nebbie e profonde rive
per portar via il corpo d'Ignazio e che si perda
senz'ascoltare il doppio fiato dei tori.

Si perda nell'arena rotonda della luna
che appare, quando è bimba dolente, bestia immobile;
si perda nella notte senza canto di pesci
e nel bianco spineto del fumo congelato.

Non voglio che gli copran la faccia con fazzoletti
perché s'abitui alla morte che porta.
Va', Ignazio. Non sentire il caldo bramito.
Dormi, vola, riposa. Muore anche il mare!

4.
Anima assente

Non ti conosce il toro né il fico,
né i cavalli né le formiche di casa tua.
Non ti conosce il bambino né la sera
perché tu sei morto per sempre.

Non ti conosce il dorso della pietra,
né il raso nero dove ti distruggi.
Non ti conosce il tuo muto ricordo
perché tu sei morto per sempre.

Verrà l'autunno con le conchiglie,
uva di nebbia e monti aggruppati,
ma nessuno vorrà guardare i tuoi occhi
perché tu sei morto per sempre.

Perché tu sei morto per sempre,
come tutti i morti della Terra,
come tutti i morti che si scordano
in un mucchio di cani spenti.

Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto.
Canto per dopo il tuo profilo e la tua grazia.
La grande maturità della tua intelligenza.
Il tuo appetito di morte e il gusto della sua bocca.
La tristezza che ebbe la tua coraggiosa allegria.

Tarderà molto a nascere, se nasce,
un andaluso così puro, così ricco d'avventura.
Canto la sua eleganza con parole che gemono,
e ricordo una brezza triste negli ulivi.

Lamento per Ignacio Sanchez Mejias, in Federico García Lorca, Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1983. Traduzione di Carlo Bo