Il poeta
Prestami le tue labbra
e libererò gli uragani
con voce possente e comando.
Oh, prestami le tue labbra.
Sarà
canna di fucile
il nostro allacciarci alla sera
per dare colori di ferro incandescente alle voci.
Deponi gli uragani ai nostri piedi.
Fonditi in me:
mi fonderò nella tua voce.
Tratto da Gloria Chiappani Rodichevski, I miei li chiamava passi, Torino,
2003
Le chiose di Anna Bazzo Moretti
Commentata al termine
della disamina de Il poeta, presente
in questa pagina, è la poesia Attimi
che si può leggere qui.
Dal caos primordiale il Poeta trasse ogni cosa; fece
rallentare gli uragani nella loro corsa e ne separò gli elementi. Mise in cuore
ai greci più tardi il verbo poiéō, nel suo cosmogonico significato di “io creo”.
Così essi seppero che dalla terra e dall’acqua, dall’aria e dal fuoco ogni cosa
ebbe vita e trovò un suo fine e una sua collocazione. Seppero inoltre d’aver
avuto in eredità la forza di inventare – non dal nulla, ma da qualcosa che già
esiste – miriadi di altre cose necessarie alla sussistenza del genere umano.
Gloria, come gli antichi e come i moderni, sente di dover
chiedere alle labbra che hanno pronunciato il primo “fiat”, di farsi sue
labbra per liberare e far emergere gli uragani interiori e creare
a sua volta ciò che da secoli e secoli gli uomini chiamano Poesia: quel
qualcosa che differisce dalla naturale trasformazione materica, e che porta in
sé la voce possente e il comando per deporre gli
uragani ai nostri piedi. Infatti, la stessa scintilla che ci ha plasmati ci
fa catturare gli elementi del mondo sensibile e li innesta nei vasi comunicanti
dell’intelletto e della psiche. Ecco le parole-germoglio: sublimi, chiare,
inafferrabili, foriere di altro; ecco le immagini di una sostanza che vogliamo
trarre dalla forza vorticosa e indistinta di un uragano, o far emergere dalla
caldera incandescente di un vulcano, affinché siano “[…] / una
scintillazione che pare casalinga/ ed invece è stellare / […]”, come
magnificamente aveva intuito Andrea Zanzotto, descrivendo “gli ori di
affabili corollari” nella sua lirica Altri
topinabùr. Solo attraverso il linguaggio il poeta
sa esprimere se stesso e sa garantire ai suoi consimili una consistenza vera,
“allacciata” a tutte le voci che l’esistenza ci fa percepire. Le voci
poetiche non potranno mai essere banali: scarne e asciutte, sì; semplici e
quotidiane, pure. Ma ogni volta porteranno il colore e il calore del
ferro incandescente della stella più grande che tramonta e ci abbacina alla
sera.
Il risultato della fusione della voce di Gloria con quella
del poeta è l’impeccabile sinestesia che leggiamo in Attimi. Questo micro-componimento è
talmente perfetto che non ha bisogno di alcun commento, ma, come una litania
solare, va ripetuto e ripetuto; semplicemente ripetuto, affinché si trasformi
in un uragano di significati ed emozioni per il lettore. O per un nascente
poeta.
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