Oh, i miei Natali!
"Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi." Tutti
vediamo nei proverbi grani di saggezza o, come in questo, strumenti atti a dare
sacralità a tradizioni, stabilizzate poi in prassi, dalle radici piantate molto
profondamente nel tempo. Oh, i miei Natali d'allora!
Rivado oggi ad essi con la mente ma in modo fiacco: ne
risulta un miscuglio di sentimenti opacizzati dallo smog del lungo ragionare
inconcludente, inutile, già aborto scontato. Me li sfoca sì questo ragionare
ostinato nella sua impotenza; li depaupera della magia sostanziosa che li
avvolgeva come un manto regale, pure non riesce a discioglierne, a disperderne
completamente il profumo.
La mia mente fanciullina stava allora affacciandosi, timida
ma ingorda, al mondo degli adulti. Ad esso appartenevano i Natali ed io mi
sentivo compartecipe saggia di una realtà meravigliosamente vivibile.
Oggi il bailamme dissacrante del consumismo ci ha orbati
della magia di quell'atmosfera in un processo irreversibile.
Allora la famiglia materna, in seno alla quale crebbi, univa
alle tradizioni intatte e credibili un ingrediente di gran valore: la povertà
di spirito di cui parlano i Vangeli. La commistione di questi due elementi
forma il bozzolo sia pure dal sapore pagano (mai blasfemo) che circonda e protegge
un nucleo prezioso, indiscutibile.
Figli e figlie, nuore, generi e nipoti, quando esistono, che
vivono fuori dal vecchio nido, tornano come rondini a primavera, all'insegna
dell'assiomatico Natale con i tuoi.
Il ventiquattro, giorno di vigilia, è la vera festa. Vigilia
= veglia nell'attesa del grande evento. Tutte le donne della famiglia
ricomposta e accresciuta, sono indaffarate a preparare il piatto tradizionale,
piuttosto elaborato, che consiste nei "casoncelli", senza i quali il
Natale rimarrebbe monco. Sono essi grossi ravioli confezionati con sfoglia
fatta in casa, abilmente tirata assai sottile a colpi di paziente matterello
sulla liscia spianatoia. Il ripieno è a base di zucca lessata.
È un piatto ricco e costoso, per la quale ragione anche le
famiglie più povere si impongono risparmi per tutta un'annata onde non farsi
trovare impreparate, come le Vergini stolte, all'arrivo dell'Infante Divino.
Assieme al vino, che non viene lesinato, da questo piatto si
passerà direttamente alla frutta di stagione o a quella conservata in mostarda
piccante. E tutto in un clima di elementare edonismo che nulla ha di
disprezzabile.
Corpo soddisfatto nei suoi bisogni primari, quindi tanto più
propenso a lasciare aperto uno spiraglio alla spiritualità che, stanotte, deve
avere una parte molto importante.
L'enorme camino laggiù sulla parete di fondo della grande
disadorna cucina - esso stesso dio pagano ingordo di sacrifici - divora fascine
e ciocchi preziosi che poi ci ritorna, benefico, trasformati in ondate di calore,
insieme con una visione di cuscino statico e incandescente adagiato nel
focolare, e zampilli di scintille che salgono veloci su per la nera gola del
camino, risucchiati dalla magia della notte dispensiera di tanti fiocchi di
neve. Forse queste scintille riusciranno a raggiungere Betlemme senza
spegnersi; quel puntino geografico che, in queste ore, fa da centro al mio
universo ma che io non so mai dove collocare.
I visi sono ormai accesi, gli occhi brillano di fratellanza
non solo carnale, le battute spiritose incominciano ad incrociarsi, al di sotto
della lucerna a petrolio, appesa al soffitto, come tante stelle filanti.
A me, nipotina unica ed adorata prima che arrivassero i
cuginetti, era sempre riservato il compito di recitare la poesiola che avrebbe
dato l'avvio alla cena come una preghiera propiziatoria e riconoscente. La
mamma, la quale aveva composto le strofe fatte di versi commoventi nella loro
ingenuità, mi issava su una sedia, mi lisciava immaginarie pieghe nel vestitino
domenicale, mi aggiustava un ciuffetto ribelle umettandosi due dita con la
saliva, poi indietreggiava di un passo o due accingendosi a godere quel
successo già scontato come fosse qualche cosa di sempre nuovo, di meritato.
Ci saranno anche i battimano subito sostituiti dagli allegri
buonappetito che i commensali, seduti intorno al grande tavolo, si scambiano
ridacchiando. Le voci sono accompagnate dal rumore delle posate che prendono
contatto con i piatti fumanti e profumati, mentre i bicchieri scompagnati
mostrano il loro contenuto rosso corposo, invitante, con un che di sacro. Essi
vengono vuotati in fretta così come in fretta vengono di nuovo riempiti.
L'enorme zuppiera è ormai vuota ed io finisco addormentata
tra le braccia della mamma. Non ho la nozione del tempo, ma so che a mezzanotte
dovrò svegliarmi per unirmi alla preghiera generale.
La nonna (il nonno morì prima che io nascessi) era
intransigente: a mezzanotte la vecchia sveglia avrebbe sovrastato con il suo
trillo poderoso ogni voce e ogni rumore e quella donna piccola, minuta, tutta
coraggio e fervore cristiano, avrebbe avvolto nel suo sguardo grigiazzurro i
presenti e poi si sarebbe inginocchiata sul pavimento posando i gomiti sulla
sedia appena abbandonata e la testa tra le mani. La sua voce tutta note
limpide, anche se un po' smorzata dalla posizione e dalla commozione, si
sarebbe levata, trascinatrice: Padre nostro che sei nei cieli...
Ciascuno univa la propria voce per concludere assieme a lei
la preghiera.
Pubblicato sulla rivista Pro Natura