Novecento
21 giugno 2005
Theme and Variations. 1
Symphony of Psalms. 2
Le sacre du printemps. 2
Balanchine,
Kylián e Béjart: tre grandi. Tre grandissimi, anzi. E il Balletto della Scala
ne ha danzato tre opere unite in un trittico dal titolo Novecento.
Di George Balanchine è stato allestito Theme and
Variations, nella ripresa coreografica di Patricia Neary e su musica di
Pëtr Il’ič Čajkovskij (Suite n. 3 per orchestra in sol maggiore,
op. 55, ultimo movimento).
Di Jiří Kylián è stata allestita Symphony of Psalms,
nella ripresa coreografica di Hans Knill e di Brigitte Martin e su musica di
Igor Stravinskij.
Di Maurice Béjart è stato allestito Le sacre du printemps,
nella ripresa coreografica di Michel Gascard e Kyra Kharkevitch e su musica di
Igor Stravinskij.
Ecco gli interpreti della recita del 21 giugno.
In Theme and Variations la coppia principale è stata
impersonata da Sophie Sarrote e da Massimo Garon. Le quattro soliste sono state
Chiara Fiandra, Lorella Ferraro, Sabina Galasso e Luana Saullo, mentre i quattro solisti Massimo Dalla Mora, Eris
Nezha, Riccardo Massimi e Antonino Sutera.
In Symphony of Psalms le quattro coppie soliste sono
state impersonate da Lorella Ferraro e Massimo Dalla Mora, Lara Montanaro e
Fabio Saglibene, Chiara Fiandra e Mick Zeni, Isabelle Brusson e Francesco
Ventriglia.
In Le sacre
du printemps, insieme a tutto il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala, in
scena sono stati Gilda Gelati (L'Eletta), Mick Zeni (L'Eletto), Andrea Boi e
Luigi Seruggia (due capi), Maurizio Licitra ed Antonino Sutera (due giovani
ragazzi), Lorella Ferraro, Lara Montanaro, Flavia Vallone e Caroline Westcombe
(quattro giovani ragazze).
L'Orchestra del Teatro alla Scala è stata diretta da Vello
Pähn. Il Coro del Teatro alla Scala, esibitosi in Symphony of Psalms, è
stato diretto da Bruno Casoni.
Theme and Variations
Marta
Romagna e Alessandro Grillo in Theme and Variations.
Foto
Marco Brescia -Teatro alla Scala
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Balanchine diffida lo spettatore dall'essere tutto
intelletto, dal volersi esclusivamente teso alla comprensione di ciò che sta
guardando. Infatti spiega che molti "cercano di apprezzare il balletto con
l'intelletto", tuttavia "per amare il balletto, bisogna guardarlo,
non è necessario pensarci. Se vi accontentate di pensare… passerete solo vicino
a una visione che avrebbe potuto incantarvi."
Un esplicito invito a lasciarsi andare, nel senso più nobile
dell'espressione. Lasciarsi cogliere - cioè - per godere la bellezza, la
simmetria, la purezza della danza. Eppure una guida per comprendere Theme,
e proprio a firma Balanchine, ce l'abbiamo. Si tratta di una descrizione della
prima versione del balletto, nella quale il coreografo comincia dall'apertura
del sipario su un décor realistico, con tanto di "giardino
classico", per passare ai violini che interpretano il tema principale e
continuare con le variazioni che costituiscono il suo lavoro coreografico. È
chiaro che quella che ci troviamo di fronte non è una guida all'interpretazione
di presunti significati nascosti, bensì una puntuale descrizione
"cronachistica" di ciò che avviene in scena. Sta a noi prepararci al
viaggio che andiamo ad intraprendere, rimuovendo qualsiasi remora ci impedisca
di lasciarci affascinare da un capolavoro di perfezione strutturale. Del resto Theme
è un balletto concertante privo di trama, nato su una musica čajkovskijana
non composta per balletto ma - come sottolinea Balanchine - evocatrice della
danza. È dunque un "balletto di danza pura" (è ancora Balanchine a
parlare), quello che nasce dall'ultimo movimento della terza Suite, per
godere il quale occorre perciò avere ben presente che "il balletto è
anzitutto un piacere" e che una vita senza l'arte "è una vita che non
permette di 'diventare esseri più felici'".
In occasione del
centenario della nascita del coreografo pietroburghese, Theme and Variations venne acquisito all’interno dell’omaggio
della compagnia scaligera a Balanchine. Un'anticipazione dell'omaggio ci fu nel
2003 con l'acquisizione dell’esclusiva europea del Sogno di una notte di
mezza estate e una prosecuzione fu, nel 2004, la ripresa di Rubies.
Che dire dell'interpretazione dei ballerini scaligeri?
Semplicemente che essi, grazie alle loro qualità tecniche, hanno saputo
rappresentare egregiamente il più puro stile balanchiniano. Seduta in platea,
mi sono perciò attenuta all'invito del coreografo pietroburghese: mi sono
immersa completamente nell'equilibrio perfetto di Theme, quasi dimentica
di me stessa; e al termine della rappresentazione ho potuto constatare quanto
valga la pena "diventare esseri più felici".
Da segnalare l'assolo di violino, in una delle
"variations", suonato splendidamente dal professor Francesco Manara.
Symphony of Psalms
Kylian in prova con il Balletto della Scala per Symphony of Psalms.
Foto Marco Brescia
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Nel 1980, a quattro anni dalla sua nascita, Symphony in D
venne presentata dal Balletto della Scala. Sei anni più tardi, nel 1986, fu la
volta di La Cathédrale engloutie, composta nel 1975. Dal 1986 è
trascorso quasi un ventennio prima che il nome di Jiří Kylián si
associasse di nuovo al Balletto della Scala con Symphony of Psalms,
capolavoro concepito nel 1978 per il Nederlands Dans Theater I.
Se Béjart sostiene che la danza è una presa di coscienza di
se stessi, Jiří Kylián va oltre, affermando che "non si mente con il
corpo". Infatti, spiega in un'intervista, "tutti possiedono un
linguaggio del corpo. Proprio tutti. E se è facile mentire con le parole,
pronunciate o scritte, non si mente con il corpo. Prendete i politici. Si vede
benissimo, attraverso i loro movimenti maldestri, impacciati, quando non dicono
la verità. Dovrebbero prendere lezioni di danza!"
Il linguaggio della danza, dunque, è un linguaggio
universale attraverso il quale è possibile parlare, là dove la parola stessa
fallisce il proprio compito. Ed è il linguaggio grazie al quale si può lodare
il Signore. Perciò non lo si lodi solo con il "suono delle trombe, con
salteri ed arpe, con tamburelli", ma lo si lodi anche con la danza, che
diviene una "preghiera fisica", come è stata definita. Preghiera che
assume il ruolo di lamento per l'aggressività che il mondo quotidianamente ci
riserva. Eppure, in questa danza dell'humana condicio, in questa
danza-preghiera-lamento, si insinuano delle affettuosità. Christian Harvey
parla di "tenerezza e speranza", di "rigidi schemi infranti
improvvisamente da impulsi e desideri individuali, tutti così umanamente
vulnerabili e fugaci." Allora, con la danza, non viene innalzato al
Signore solo un accorato lamento per la finitezza dell'essere uomini. Ciò che
alla fine trionfa è una lode per la squisitezza del terenziano "homo
sum": forti di questa consapevolezza, i membri del genere umano possono
dare il meglio di se stessi proprio dedicandosi umilmente ad una reciprocità
che vince sul terribile vuoto della solitudine.
In conferenza stampa, il 27 maggio 2005 al Ridotto delle
Gallerie della Scala, Jiří Kylián si è dichiarato felice che Symphony of Psalms venga rappresentata alla Scala. Si tratta
innanzitutto di un balletto particolarmente adatto alla Compagnia di danza che
ha lavorato molto bene con il suo assistente Hans Knill. Inoltre nelle recite
si può contare sulla presenza, nel golfo mistico, del Coro diretto dal M°
Casoni.
Al termine della conferenza stampa, Frédéric Olivieri non mi
ha nascosto la sua soddisfazione per l'evento straordinario rappresentato dalla
serata Novecento: "Tre grandissimi coreografi, diversi tra loro,
che hanno dato tutto alla loro arte". Ed ‑ evento nell'evento ‑
straordinaria è pure la presenza di Kylián, di nuovo alla Scala dopo quasi
vent'anni. "Symphony of Psalms," mi ha spiegato Olivieri,
"è un capolavoro che ci ha permesso di avere il Coro della Scala dal vivo.
Che dire? Io mi sto godendo le prove!" Ha poi aggiunto: "Voglio
sottolineare la disponibilità massima di Kylián: è a Milano per due soli giorni
ed oggi, ad esempio, ha seguito le prove fino alle 16.30 e dopo un' ora e mezza
eccolo a quest'incontro. Speriamo di poter arricchire il repertorio della
Compagnia ogni anno ‑ o almeno ogni biennio ‑ con i suoi
balletti!"
Symphony of Psalms: il capolavoro che ha visto le
quattro coppie soliste scaligere elevate in una spiritualità divenuta danza. Il
miglior consenso che mi sento di dare è che, presa béjartianamente contezza di
sé, le coppie hanno kyliánamente comunicato lo spirito con il proprio corpo: un
corpo che non ha mentito.
Le sacre du printemps
Mick
Zeni e il Corpo di Ballo in Le sacre du printemps
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"Bisognava che una parte degli uomini eccitasse gli
altri al combattimento […] come dei bruti. Non avevo bisogno di uomini, ma di
cosce, di pugni, di bruschi rovesciamenti della testa. Non avevo bisogno di
pastorelle spaurite o di regine in esilio, ma di ventri e dorsi scavati. […] Il
Sacre è un balletto di barbari."
È Béjart a fornirci il passepartout per penetrare il
suo capolavoro. Dunque eccitazione, violenza, animalità, brutalità sono le
parole chiave all'insegna delle quali occorre leggere il Sacre, balletto
che fece scalpore al suo apparire, nel dicembre del 1959 al Théâtre de la
Monnaie, ma che oggi è diventato un classico. E Béjart è, a buon diritto, stato
definito "il primo dei contemporanei". Chiamato in causa sull'argomento, in un'intervista
afferma che "quand on parvient à toucher le public d'aujourd'hui, qui vit
en même temps que soi, qui souffre comme soi, qui aime comme soi, on est
toujours contemporain. Ensuite, ou bien on est démodé, et on vous oublie; ou
bien le ballet continue à avoir un impact, et on devient à son tour classique.
[…]. Disons que le classique, c'est ce que l'on étudie en classe, comme les
ballets de Martha Graham." E conclude: "Mais contemporain ou
classique, quelle importance? Il y a la danse, voilà tout." Del
resto per Béjart ‑ l'abbiamo ricordato sopra ‑ la danza è una presa
di coscienza di se stessi: "Dansez! Dansez! Dansez! Oui, dansez! Dansez pour retrouver quelque chose
d'essentiel en vous. Mais notre culture ramène trop souvent la danse à des
ersatz. Dans les rave parties, on trouve cette recherche libératrice, ce besoin
de parler avec son corps. Mais elle se joue dans une culture industrielle et
opprimante…"
Dove, meglio che nel Sacre du printemps, i danzatori
possono parlare con il corpo e liberare la propria energia, attingendo al
primordiale, andando cioè alla fonte delle forze primigenie? I ballerini
scaligeri hanno fatto proprio questo, dando sicuramente il meglio.
Soddisfacentissime le performance di tutti, ma in primis di Gilda
Gelati nel ruolo dell'Eletta e di Mick Zeni in quello dell'Eletto.
Le sacre è stato acquisito solo recentemente, in occasione dell’omaggio ai cinquant'anni
di direzione di Béjart, dalla Compagnia della Scala come unica compagnia europea - a parte il
Béjart Ballet Lausanne - a poterlo rappresentare. Se infatti la prima rappresentazione alla Scala è stata nel
1982 con il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Budapest, è dello scorso
anno la prima rappresentazione del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala.