I due piani di lettura della poesia

La realtà in cui ci muoviamo non è un nucleo compatto; essa si espande, si divide in molte ramificazioni. Per questo capita non di rado di scoprirne qualcuna impensata.

È di questi giorni la conferma di ciò per il tramite di un mio vecchio conoscente, uomo non acculturato con una accesa passione e un profondo intuito per la politica, nonché uno svogliato desiderio di conoscenza. Desiderio che, tuttavia, abortisce immediatamente davanti all'inevitabile impegno che serve per raggiungerla.

Giovanni – è il suo nome – trascorre il tempo di pensionato in non rari viaggi o vacanze organizzate, qua e là per l'Italia, spendendo anche alcune ore settimanali per frequentare l'Università della terza età.

Nei nostri radi incontri – tre o quattro nell'arco di un anno – mi parla di questi suoi interessi. L'ultima volta si trattò di una scoperta, da parte sua, che lo lasciò assai stupefatto. L'insegnante d'italiano tenne una lezione sul Pascoli: le note biografiche più salienti e poi Il gelsomino notturno.

– È incredibile, – afferma Giovanni con fervore. – Per me la poesia è sempre stata qualcosa di inutile, da non tenere in considerazione. Parole scritte e poi messe in uno strano ordine, tanto che io non ho mai letto neanche una poesia al di fuori di quelle d'obbligo durante le elementari. Invece adesso so che anche le poesie hanno un significato; ma è così nascosto che se nessuno me lo spiega da solo non ci arrivo certo a scoprirlo. L'insegnante ha detto che questa poesia nasconde un significato erotico. E chi va a pensare una cosa simile? –

Qui la voce dell'uomo rimane sospesa emanando, quasi palpabile, la sua meraviglia. Né io mi aspetto che concluda con un'affermazione del tipo: "Ora sì che anch'io leggerò le poesie cercando di capire il loro significato!" Un'affermazione del genere mi suonerebbe del tutto falsa detta da lui; gli sono grata perciò del fatto che ha il buon gusto di non farla.

Rimasta sola penso a questo strano personaggio e subito, in parallelo, mi si affaccia alla mente l'immagine della mia amica Teresa. Una signora attempata, di cultura medio-bassa, per usare un parametro che va di moda, la quale adora la Poesia intesa soprattutto (forse addirittura soltanto) come ritmo, come serie di suoni armoniosi che ci possono recare diletto. Non ho mai appurato se la donna arrivi agli ermetici inclusi od esclusi; so per certo che ignora sovranamente neoavanguardia, neosperimentalismo ed ogni altro eventuale neo-.

Un giorno mi confessò allegramente: – Quando ho la certezza di essere proprio sola (perché se qualcuno mi sentisse il manicomio l'avrei assicurato) mi metto davanti allo specchio e declamo ad alta voce le poesie che mi hanno colpito, leggendole o affidandomi alla memoria. È per me una grande soddisfazione. –

Capisco perfettamente e l'approvo anche se so, come già detto, che Teresa non si cura di conoscere ciò che il poeta abbia voluto dire con questa o con quell'immagine, con questa o con quell'allitterazione, con questo o con quell'a capo.

Così rifletto: se la Poesia non viene rifiutata in blocco essa può essere amata e "usufruita" anche in modo incompleto, come fa la mia amica. Diciamo allora che la Poesia presenta due chiavi di lettura: quello più immediato, epidermico che soddisfa i bisogni superficiali del lettore, e quella più completa che ci permette di leggere anche tra le righe.