Intervista a Luisella Ferrari del museo degli attrezzi per la lavorazione
del legno di Bovisio Masciago (Milano)
30 settembre 2005
È stato inaugurato nel 1994 il museo Ferrari di Bovisio
Masciago, più noto come il museo degli attrezzi per la lavorazione del legno.
Trova la sua collocazione in un fienile restaurato ed è
una proprietà dei gestori dell'"Antichità Sartori": Luisella Ferrari
e Giovanni Sartori.
Il museo ha il fascino discreto delle cose d'un tempo.
Accostandomi alla visita guidata che Luisella Ferrari mi offre, provo la
sensazione di essere di fronte ad un mondo che non conosco ma che vorrei
penetrare. Non conosco perché so distinguere tra loro esclusivamente gli
attrezzi più conosciuti: nei dettagli mi perdo, potendo fare solo supposizioni
sull'uso dei diversi strumenti di lavoro.
Il museo, comunque, non è una novità per me: lo visitai
dieci anni fa in occasione di una mostra di stampe popolari religiose, ospitata
dall'"Antichità Sartori" e ne rimasi favorevolmente colpita sia per
il lindore dell'ambiente sia per il gusto espositivo. Sono tornata oggi a
rivisitarlo perché il suo ricordo ha lavorato in me lungo tutti questi anni.
La mia guida è trasportata dall'entusiasmo di chi ama le
cose che possiede e le mostra con orgoglio. Si lascia perciò intervistare
volentieri.
Il servizio fotografico è di Alexandre Rodichevski.
Qual è la caratteristica di questo museo (che è stato inserito
in una pubblicazione patrocinata dalla Regione Lombardia e curata
dall'Associazione Amici dei Musei di Monza: I piccoli musei)?
Si tratta di un
museo che contiene esclusivamente strumenti usati prima dell'avvento
dell'elettricità. Qui non trovi strumenti elettrici, ma solo attrezzi che
sfruttano la forza motrice dell'uomo. Ti faccio vedere subito un pezzo raro:
questa enorme sega veniva manovrata da due uomini e serviva per tagliare il
tronco in assi.
C'è qualche altro pezzo raro?
Sì, questo tornio
settecentesco, interamente in legno.
Come vi è venuta l'idea di istituire un museo del genere?
È stato fondato da
mio padre nel 1994 ed era costituito da una raccolta di attrezzi agricoli. Poi,
però, abbiamo deciso di dedicarci agli attrezzi per la lavorazione del
legno e abbiamo istituito un'asta per
vendere i pezzi che costituivano il museo: la maggior parte è stata acquistata
dal Museo del contadino di Lodi.
Perché questa decisione?
Be', gli strumenti
per la lavorazione del legno li sentiamo più nostri, più appartenenti alla
nostra tradizione, che noi amiamo. Devo dire che io sono nata con le cose
antiche nel cuore!
Il vostro museo sarà anche un utile sussidio didattico per gli
allievi delle scuole.
Dovrebbe, ma
purtroppo il numero di scuole che vengono a visitarci non è elevato. Devo però
dire che gli allievi che si recano qui sono stupiti di tutto: si portano via
persino il truciolo per ricordo! D'altronde si trovano di fronte ad una cultura
che non è la loro, di fronte a cose che non hanno mai visto.
Quali altri strumenti interessanti mi fai vedere ora?
Questi sono
attrezzi da bottaio e là c'è una serie di pialle: come vedi sono di diverse
misure e appartengono a diverse epoche che vanno dal 1600 al 1900. Eh, sì! Qui
c'è tutta la capacità di ricerca dell'antiquario!
Cioè tutta la pazienza di tuo padre.
Proprio così.
Che fascino questa stufa!
È una Zephir Imar
in ghisa, comunque non è la classica stufa da falegname.
Senti, Luisella, io ricordo che quando venni per la prima
volta presso il vostro museo, dieci anni fa, c'erano un paio di deliziosi
mobiletti uso giocattolo.
Ti riferisci a
questi?
Sì, eccoli lì! Me ne innamorai, ricordo.
Sembrano
giocattoli, ma ognuno è un capo d'opera del 1600: rappresentano una cassettiera
bergamasca e una cassapanca cremonese. Sono modelli che venivano presentati al
cliente.
Insomma: fungevano da catalogo.
Esatto. Quelli,
invece, sono pezzi di colla da falegname, mentre qui puoi vedere una mensola
porta attrezzi.
E questi sono i classici banchi da falegname.
Sì: hanno diversa
altezza a seconda dell'oggetto che occorreva lavorare. Inoltre vi sono montati
diversi tipi di morse.
E questo?
È un attrezzo del
seggiolaio.
Quella è una mola.
Sì. E questo è un
pezzo di parquet ad intarsio della ditta Zari di Bovisio. Nel 1890 essa
partecipò ad un'esposizione di Parigi vincendo alcuni premi. I pezzi di parquet
venivano inchiodati sul pavimento.
Avete anche una mandola.
È della fabbrica Antonio Lavezzari di Bovisio, come si legge
all'interno. Pensa che nessuno qui a Bovisio si ricorda tale fabbrica.