Lo scarabeo Stercorario

Pùcia-borèle: un nome strettamente dialettale che, alla lettera, significa spingi-pallottole.

Chiamiamola pure fortuna quella che mi capitò. Mi aveva chiamato la zia, ricordo, china e intenta in un maggese, con voce d’urgenza:

– Osserva, – aveva suggerito quando la raggiunsi, senza alzare gli occhi.

Ubbidii con poca convinzione sapendo che la zia riusciva ad entusiasmarsi anche per sciocchezze. Dapprima vidi soltanto insetti bruni affaccendati intorno ad una meta già un poco essiccata. Osservando meglio, più per ubbidire all’invito che per interesse, scorsi lì presso, un cumuletto di pallottoline del diametro di circa un centimetro, ricavate chiaramente dallo stesso sterco bovino.

– Che insetti sono? – chiesi presagendo o sperando interessanti risvolti.

– Sono i pùcia-borèle. Tra poco capirai il perché son chiamati così. –

Guardai con rinnovata attenzione e venni subito premiata. Dopo pochi secondi di andirivieni su e giù per la montagnola di meta lavorata e non, un individuo si capovolse deciso e veloce, allargando le zampette come una pinza a più prese. Subito un altro scarabeo, aiutandosi con tutto il corpo, si adoperò fino ad issare una pallottola sull’addome del primo che subito la serrò tra le zampette tenendola ben salda.

Ora sarebbe iniziata la seconda parte del lavoro: trasportare nel nido il “manufatto”, che avrebbe dovuto servire per depositarvi le uova. Come era prevedibile lo scarabeo scarico fece da trattore trainando a ritroso il compagno con fatica palese: uno spettacolo buffo e commovente quello strano minuscolo veicolo che sbandava ad ogni asperità del terreno, benché minima!

Il duo comunque superò la breve distanza che lo separava dal traguardo sparendo subito in un buco ben dissimulato tra l’erba.