Il classificatore
Questo racconto fa parte della raccolta di racconti
inediti Anni quaranta-cinquanta,
di Celeste Chiappani
Loda, ambientati nel ventennio 1940-50.
Quando arrivò il nuovo direttore disse che bisognava rivedere
tutto. Usò un tono così categorico che pensai si dovessero cambiare persino il
pavimento e l'intonaco alle pareti. Il suo sguardo indugiò soprattutto su un
mobile mostruoso che teneva tutta una parete del lungo corridoio, da impiantito
a soffitto.
– Anche
questo, – mormorò.
Non riuscii a capire che
cosa intendesse con quel tono: presentava molte chiavi di lettura.
Era quello un mobile
fatto tutto a cassettini, con una facciata rettangolare di quindici centimetri
per dieci all'incirca; ognuno dei quali era munito (o mancante, ormai) di una
maniglietta di alluminio. Poteva richiamare l'immagine di un colombario fatto
di minuscoli loculi ove nessuno avrebbe mai portato fiori. Il legno chiaro era
tutto scurito da vecchia polvere e da piccoli festoni di ragnatele che l'addetto
alle pulizie non si preoccupava di togliere (e nessuno l'aveva mai richiamato
per questo).
I locali erano stati
sede della defunta federazione provinciale del partito fascista. Insieme con
muri, pareti e mobilio il regime aveva abbandonato
anche il classificatore mostruosamente innocente e insensibile ad ogni mutar di
bandiera. Ma dietro quell'aspetto innocuo quali
obbrobri, quali lacrime, quali inferni sconfinati di dolore!
Quante di queste persone
che avevano lasciato i loro nomi sui cartellini grigio-giallastri, del colore della morte più atroce, erano tornati dai lager?
Con mani tremanti e il
cuore greve una mattina aprii un tiretto, poi un altro, un
altro ancora … Ognuno conteneva una scheda e poche lettere o cartoline
intercettate che i parenti non avrebbero mai visto.
Lessi a fior di labbra:
Cormoretti Antonio di Lorenzo, nato a… –
seguivano tutte le minute informazioni che erano servite al regime;
Forti Ificrate di Francesco…
Vanini Pasquale fu Giacomo…
Ma perché continuare? Perché richiamare tra noi
quei fantasmi? Anche quei pochi che erano riusciti a portare a casa il corpo
avevano lasciato lassù tutto il resto.
Mi sentivo una
profanatrice di tombe, così, con gesti lenti e l'animo in subbuglio, rimisi a
posto ogni cosa.
Giona chiamava dal profondo, ma nessuna risposta
avrebbe mai avuto perché il Male non risponde delle proprie azioni; non ne ha
bisogno: esso è l'invincibile sovrano del pianeta Terra.
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