Intervista a Felix Aarts: un professionista della
danza e della fotografia
29 gennaio 2011
Felix, iniziamo dalla tua biografia.
Sono nato a 's-Hertogenbosch, in Olanda. Ho iniziato a studiare danza
presso l'Accademia d'arte di Arnhem e mi sono
laureato presso il Conservatorio reale dell'Aia nel 1997 in Belle Arti, Facoltà
Musica e Danza.
Durante la mia carriera di
ballerino ho lavorato con varie compagnie tra cui la Deutsche
Staatsoper di Berlino, il Ballet
de l'Opéra national du Rhin e il Leipziger Ballett. Ho anche lavorato quattro anni al Friedrichstadt Palast di Berlino,
il più grande teatro europeo di spettacolo e rivista. Sono
infatti convinto che un artista (non parlo solo dei ballerini) debba
essere aperto a generi e ad approcci diversi. Durante la mia carriera ho avuto
il piacere di ottenere ruoli solistici, creati apposta per me da coreografi
contemporanei come Marco Goecke, Maryse
Delante, Jo Strømgren e Andonis Foniadakis, che hanno
avuto una grande influenza sulle mie successive creazioni come coreografo. Ho
anche danzato in molti ruoli solistici nei balletti di - per citarne solo
alcuni - George Balanchine, Maurice Béjart, Jiří Kylián, Uwe Scholz,
oltre che nelle opere di repertorio di Rudolf Nureyev, John Cranko,
Roland Petit.
A vent'anni ho cominciato a
disegnare, poi a dipingere e successivamente ho
scoperto la fotografia. Ho iniziato con una piccola macchina digitale, ma
presto la mia curiosità è diventata tale da spingermi ad acquistare una
macchina professionale. I miei primi interessi fotografici vertevano sugli
assetti urbani e su oggetti e forme che trovavo in città. Fu un amico a
convincermi che dovevo dedicarmi alla fotografia di danza. Nel frattempo crebbe
anche la mia passione per la pittura. Nell'estate del 2009 ho smesso di ballare
attivamente per dedicarmi a studi artistici presso la Scuola d'arte Strykejernet di Oslo, in Norvegia.
Tornando alla danza, il mio
lavoro con i coreografi contemporanei mi ha profondamente ispirato, tanto che
nel 2007 è nata la mia prima creazione per il Leipziger
Ballett. Nel 2010 è stata la volta di una coreografia
per il Balletto Nazionale Norvegese.
La tua personalità artistica è molto ricca: come hai appena detto, sei ballerino professionista, fotografo
e pittore. Che cosa pensi della sinergia fra i diversi linguaggi artistici?
Penso che ci sia un
parallelismo fra i diversi campi artistici in cui opero. Indipendentemente
dalla forma d'arte in cui mi sto esprimendo, traggo ispirazione dall'ambiente e
dall'osservazione degli esseri umani nelle loro situazioni giornaliere.
Come ballerino ho sviluppato una forte consapevolezza sia del mio corpo sia
di quello degli altri danzatori e la capacità di esprimere le emozioni
attraverso il corpo. Questa conoscenza mi aiuta molto, quando fotografo, nella
ricerca dell'esatta postura e delle espressioni del viso. Grazie alla danza ho
anche sviluppato la consapevolezza dello spazio, che influenza i miei dipinti e
le mie installazioni. Secondo i miei insegnanti della Scuola d'arte Strykejernet, ho un talento naturale per la composizione.
Penso che questo sia dovuto alla mia carriera tersicorea,
durante la quale ho imparato, attraverso il mio corpo, a interpretare storie e
a esprimere umori ed emozioni.
Nella mia fotografia mi
piace attrarre l'attenzione di chi guarda sui dettagli, con scatti ad alcune
parti del corpo, anziché al corpo nel suo insieme. In
questo caso esso diventa una forma che io tratto come un'opera d'arte. Quindi è come se si trattasse di una forma che dipingo sulla
tela e non di una fotografia.
Dopo aver sperimentato la pittura ho creato tante installazioni: questo mi ha permesso
di estendere la mia capacità espressiva dalla tela allo spazio, trasformando
quest'ultimo in un dipinto tridimensionale. Molte installazioni assomigliano al
décor per
un balletto o per un'opera teatrale e io riesco a
vedere i ballerini che si muovono all'interno di essi. Sento che, nella mia
testa, si svolge un dialogo costante fra le diverse arti di cui mi occupo.
Superficialmente non c'è una connessione diretta, ma l'intenzione e il fine
artistico sono unici e non riesco a pensare ad un'arte
senza l'altra.
Perché hai deciso di smettere di danzare per sviluppare la tua
personalità in diversi campi artistici?
Un insieme di circostanze
mi ha fatto capire che era arrivato il momento di cambiare. Innanzitutto il mio
corpo iniziava ad avere dei problemi: vecchi dolori si sono cronicizzati.
Certo, era una situazione con la quale avevo imparato a convivere e che sapevo
gestire, ma mi rendevo anche conto che il mio movimento non era libero e fluido
come prima. Nel contempo ho cominciato a sviluppare un
forte interesse nei campi della fotografia e della pittura. Ad
un certo punto ho scoperto che provavo più gioia nel mio studio di pittore che,
come ballerino, in sala prove. Ne ho parlato con il mio caro amico Giovanni Di
Palma, allora primo ballerino nella mia stessa compagnia, il Teatro dell'Opera
di Lipsia. È stato Giovanni a illuminarmi: la fotografia e la pittura erano
quello che maggiormente mi permetteva di esprimere la mia personalità. Il suo
suggerimento è stato di cercare una scuola che mi aiutasse a sviluppare le mie
capacità artistiche. Così ho fatto e gli sono molto grato per il consiglio.
Alle spalle mi trovavo una stupenda carriera di ballerino, che era e sarà
sempre per me un punto di riferimento: il cambiamento non è quindi stato
traumatico.
Qual è la cosa più importante che hai
imparato durante la tua carriera di ballerino?
Penso sia stata credere in
te stesso e nei tuoi sogni. Non dev'essere
considerata una banalità. Ho infatti iniziato a
danzare tardi, a quindici anni, e molti non credevano che sarei riuscito a
costruirmi una carriera importante. Ne capisco la ragione: non avevo un corpo
perfetto per la danza ed ero, ovviamente, a un livello tecnico inferiore
rispetto ai ragazzi della mia età. Dopo aver trascorso alcuni anni in una
compagnia di danza, ho imparato molto e sono stato fortunato per aver
incontrato artisti (danzatori con un grosso bagaglio alle spalle e maître de ballet)
che hanno creduto nella mia passione e mi hanno aiutato a migliorare sia
tecnicamente sia artisticamente. È soprattutto quest'ultima cosa che è
diventata la mia forza. Ho danzato in molti ruoli perché è stato apprezzato il
mio stile interpretativo. Questo mi ha fatto comprendere che danzare non significa
soltanto sfoggiare una buona tecnica, ma anche realizzare i propri sogni di
artista. Così ho imparato a essere aperto verso la sperimentazione e che, per
riuscire, non c'è un unico modo.
Mi vuoi raccontare dei maestri che hai incontrato durante la
tua carriera di ballerino?
Quando parlo di maestri,
penso a coreografi, ballerini, maître de ballet. Credo di dover iniziare con Jan-Willem
de Roo. È stato solista in varie compagnie: Dutch National Ballet, London
Festival Ballet, Royal Swedish Ballet e Stuttgart Ballet. Durante la sua
carriera ha lavorato con Rudolf Nureyev, fonte di grande ispirazione. Jan-Willem de Roo aveva una sua
compagnia in Spagna e lavorò come maître al
Conservatorio Reale dell'Aia per molti anni. Fu lui a darmi la possibilità di
fare una prova al Conservatorio, quando avevo 17 anni:
lui, che sarebbe diventato il mio mentore per tutta la mia carriera di
ballerino. Jan-Willem de Roo
mi ha guidato e consigliato in molte mie decisioni artistiche. Egli non è stato
solo la mia fonte di ispirazione nel campo della
danza, ma mi ha anche introdotto all'arte del disegno e della pittura,
stimolandomi a continuare sul cammino della fotografia e della coreografia.
Oltre a un mentore è stato, durante la mia carriera di ballerino, un caro
amico, tanto che, a tutt'oggi, gli chiedo spesso consigli sull'arte e sulla
vita e ritengo che dialogare con lui, mi aiuti a penetrare più in profondità i
significati delle cose.
Un altro maestro il cui
rapporto è stato fondamentale per me è Peter Appel,
che ha al suo attivo un'intensa carriera come solista
e ha lavorato con George Balanchine, suo ispiratore
per il resto della sua vita. Dopo l'attività solistica è diventato maître de ballet
presso l'Hamburg Ballet di
John Neumeier. Successivamente
ha lavorato come maître de ballet per Heinz Spoerli per
oltre vent'anni a Basilea, a Düsseldorf e a Zurigo. Ho conosciuto Appel quando danzavo presso il Ballet
du Rhin, dove lui era maître de ballet
ospite. È nato da subito un legame fra noi. Il suo allenamento era intenso e mi
ha permesso di raggiungere una consapevolezza del mio corpo in modo
completamente nuovo. È stato con lui che ho fatto le prove per sostenere il
ruolo principale in Concerto barocco di
George Balanchine: un balletto che lui aveva danzato
sotto gli occhi del suo stesso creatore. È stato speciale per me sentire da Appel come Balanchine gli aveva
insegnato quel ruolo: avevo persino l'impressione di venire
corretto da Balanchine in persona.
Altri maestri che ho
incontrato sono stati Maurice Béjart, Nacho Duato, Patrice
Bart (primo maître de ballet
all'Opéra di Parigi), Elizabeth Platel, Vladimir Malahkov, Roberto Bolle, solo per citarne alcuni. Proprio
all'inizio della mia carriera sono andato in scena con questi due ultimi
grandi.
Ci sono due altre persone
che vorrei ricordare: Marco Goecke e il mio caro
amico Giovanni Di Palma. Li menziono insieme perché è stato nel balletto Sonett, che Goecke ha creato per Giovanni e me, che per la prima volta
ho lavorato intensamente in un processo creativo con Giovanni. Nonostante
fossimo già cari amici, questa collaborazione ha dato alla nostra relazione un
significato nuovo. Lavorare con loro due è stata
un'esperienza artistica molto interessante e intensa, che ha gettato le basi
per alcune delle coreografie che ho creato successivamente.
Mi racconti il tuo lavoro di coreografo?
Il mio interesse per la
coreografia è iniziato quando, in Grecia, sono entrato in rapporto con Andonis Foniadakis, che lavora
molto sull'improvvisazione e coinvolge i danzatori nel processo creativo.
Ho cominciato a
"mettermi in proprio" con un breve assolo basato sull'improvvisazione
e con cortometraggi di danza. Ho anche chiesto a diverse compagnie di
interpretare i miei passi per sperimentare un modo differente di muovermi.
Nel 2007 ho creato la mia
prima coreografia, Traan,
per lo spettacolo Young Choreographers at the Leipziger Ballet che si è
svolto al Leipziger Ballet.
Nella primavera del 2010 ho coreografato il balletto On my way to, or not per il Norwegian National
Ballet: un assolo tratto da questo lavoro è stato
danzato in Brasile durante un gala, nell'estate 2010. Nella primavera del 2011
sarà la volta di una nuova creazione per il Norwegian
National Ballet.
Qual è il tuo credo artistico?
Penso che il mio credo sia:
“Cerca di creare e di continuare a svilupparti, senza pregiudizi.” Se sono
l'artista che sono ora, è perché sono sempre stato aperto agli stimoli e
all'ascolto e ho sempre guardato ciò che gli altri facevano, per
poter imparare molto e usare tutto questo per sviluppare la mia personalità
e il mio stile. Il mio approccio non è sempre convenzionale: è il mio modo
particolare di vedere le cose che mi guida. Mi viene spontaneo dire a chi
guarda un'opera (a qualsiasi forma d'arte appartenga): “Non giudicare subito,
ma guarda e - attraverso il tuo sguardo - cerca di sentire che cosa,
quell'opera, ti dice.”
Che cosa ne pensi della verità nell'arte? Che cosa c'è di vero
e di falso?
Penso che nell'arte non ci
siano il vero e il falso, ma che siamo sempre in equilibrio tra realtà e
finzione. La creazione artistica si basa sulla realtà e sulla verità, ma se nel
processo creativo l'artista mostra qualcosa che c'è solo nella sua
immaginazione, è attraverso questo "immaginato" che l'arte diventa
finzione e mancanza di verità. Del resto, però, è proprio in questo che
consistono la verità e la realtà dell'artista. A mio avviso non ci sono né
verità né falsità nell'arte; si tratta di categorie che hanno a che fare con la
scienza: ciò che viene dimostrato è vero, altrimenti è
falso. Della creazione artistica non può mai dire se il risultato è vero o
falso, perché si ha a che fare con l'interpretazione che l'artista dà alla
realtà e nessuno può sentire, vedere o udire nello stesso modo.
Forse l'arte è così falsa
che può anche essere vera.
E che cosa mi dici della verità nella
danza?
Penso che per la danza
valga lo stesso ragionamento. Quando un ballerino è in palcoscenico, dà
interpretazioni vere del ruolo che sta danzando perché ci mette l'anima e il
cuore, prova emozioni e sentimenti autentici e forse addirittura si identifica con il personaggio interpretato. Tuttavia sta
pur sempre interpretando un ruolo, perciò non è se stesso: quindi, per quanto
veritiero possa essere, non è vero perché non è se stesso. O, perlomeno, non
quel se stesso che è quando si trova fuori scena, cioè nella vita. Questa è la
bellezza della performance: noi possiamo vivere temporaneamente in un altro mondo dove riusciamo a sembrare noi senza esserlo.
I tuoi progetti per il futuro.
Come ho detto prima, creerò
una nuova coreografia per il Norwegian National Ballet nella primavera 2011. Poi parteciperò alla mostra
estiva nella scuola d'arte dove studio attualmente.
Nell'estate 2011 mi sposerò e mi trasferirò a New York, dove spero di
iscrivermi in una scuola d'arte: attualmente sto
cercando un'università. Insomma: mi sto dando da fare per creare una rete di
contatti negli Stati Uniti: sto compiendo un passo decisamente
eccitante e spero di continuare a espandere i miei orizzonti artistici.
Galleria fotografica
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Felix Aarts (autoscatto).
© Foto Felix Aarts
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Il ballerino Giovanni Di Palma in prova.
©
Foto Felix Aarts
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Giovanni Di Palma in sala prove del
Teatro dell'Opera di Lipsia.
© Foto Felix Aarts
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Giovanni Di Palma in sala prove del
Teatro dell'Opera di Lipsia.
© Foto Felix Aarts
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Giovanni Di Palma in sala prove del
Teatro dell'Opera di Lipsia.
© Foto Felix Aarts
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Giovanni Di Palma in prova negli studi
del Teatro dell’Opera di Lipsia per il solo Tango Concerto. Coreografia di Martin Chaix.
Musica di Carlos Gardel in una
versione originale cantata dal tenore Gilles San Juan.
© Foto Felix Aarts
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Giovanni Di Palma in prova negli studi
del Teatro dell’Opera di Lipsia per il solo Tango Concerto. Coreografia di Martin Chaix.
Musica di Carlos Gardel in una
versione originale cantata dal tenore Gilles San Juan.
© Foto Felix Aarts
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Giovanni Di Palma sotto la doccia.
© Foto Felix Aarts
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