Impressioni sonore fra numeri e note
Alexandre
Rodichevski.
©
Foto Morfoedro
|
È il lontano 1958. All’Expo di Bruxelles viene
allestito un padiglione che farà discutere: si tratta del Padiglione Philips,
progettato da Le Corbusier e supportato
dall’intervento musicale di Edgard Varèse; nell’équipe
figura anche un altro nome: si tratta di un assistente di Le Corbusier, un giovane ingegnere-architetto greco
fortunosamente scampato ai furori della guerra civile. Si chiama Iannis Xenakis e qualche anno
dopo, al Conservatoire di Parigi, seguirà voracemente
le lezioni di analisi musicale di Olivier Messiaen:
non tradirà le sue basi matematiche, ma le metamorfoserà in un nuovo, inedito
metodo compositivo. Quello di Xenakis non costituisce
in realtà un esempio isolato tratto fuori a caso dal cappello del mago, ma
rappresenta uno sviluppo coerente della crisi del sistema tonale e delle sue
conseguenze: un approccio dichiaratamente sperimentale al metodo compositivo e
l’uso “strumentale” della scienza, rivisitata come fonte di ispirazione
creativa. Niente di nuovo sul fronte occidentale, si potrebbe obiettare: la liaison fra
musica e matematica risale ai Pitagorici e anche nel Settecento, Rameau scriveva: “La musica è una scienza che deve avere
regole certe. Queste devono essere estratte da un principio evidente, che non
può essere conosciuto senza l’aiuto della matematica. Devo ammettere che
nonostante tutta l’esperienza che ho acquisito con una lunga pratica musicale,
è solo con l’aiuto della matematica che le mie regole
si sono sistemate e che la luce ne ha dissipato le oscurità.” Qualcosa di
diverso, tuttavia, nel Novecento c’è, a ben vedere: l’accostamento non riguarda infatti solo la musica e la matematica, ma la musica e le
scienze in generale e non si riferisce più a caratteristiche innate,
strutturali della musica intesa come sistema di suoni, quanto alla scienza
concepita come serbatoio di finite, ma immense possibilità di sperimentazione
artistica.
Le composizioni di Alexandre Rodichevski si collocano in
continuità rispetto a questo tipo di contesto
creativo: ne è una spia il fatto che, seguendo la scia dei compositori del
primo Novecento, Rodichevski non sia un musicista
quanto uno scienziato che fa musica, o uno scienziato-compositore, per dirla in
altri termini. La chiave di lettura della sua musica – tuttavia ‑ non è
il metodo scientifico (inteso ovviamente in senso lato), ma la libertà creativa
che sta alla base delle sue composizioni: la stessa che cuce a filo doppio nei
ventiquattro brani del CD Minuti riferimenti alla
musica pop e al repertorio classico, o che in Due costellazioni – del CD Cosmologie
‑ spiana la strada a un metodo basato sulla traduzione di formule
matematiche in espressione sonora. Il legame di continuità con il contesto musicale novecentesco c’è (eccome), ma scorre sul
filo di una sottile barriera divisoria: il discrimine si traduce in libertà,
intesa soprattutto come svincolamento dalla necessità di essere coerenti, di
rimanere ancorati a un metodo o a uno stile definiti. Questo spiega non solo
l’estrema varietà stilistica esistente – per esempio – fra CD
come Minuti ed
Elementi
della quiete, ma anche fra brani dei singoli CD.
È un figlio del suo tempo, Alexandre Rodichevski, un
rappresentante della democrazia di gusto che non concepisce steccati fra stile
classico e musica pop, un cosmopolita che viene dalla Russia
ma non traduce nulla delle proprie origini nella sua musica, un uomo nato in un
mondo fortemente permeato dalla centralità della scienza e che al tempo stesso,
nella scelta delle sue tematiche, sembra – da figlio di una società
profondamente sofisticata e lontana dalle sue origini – voler tornare
all’atavica semplicità delle radici: il tempo, la cosmologia, gli elementi, la
stessa astrattezza primordiale della matematica che sottende ogni cosa. Non c’è
solo questo, naturalmente: gli universi sonori di Alexandre Rodichevski sono
anche popolati di squarci urbani, affollati guizzi cittadini…
tuttavia – almeno in questa fase – l’elemento dominante sembra essere il
ritorno all’Essenza, sia che essa venga concepita in
termini naturalistici (o cosmogonici), sia che la si pensi in termini
matematici. In un certo senso la musica di Alexandre Rodichevski – da vera
figlia del suo tempo – chiude il cerchio; alla Scienza – questa moderna chimera
che può tutto e nulla allo stesso tempo – chiede con la sfrontata spudoratezza
dei paradossi, un miracolo… o meglio “il” miracolo: ricondurre l’Uomo Artificiale (figlio della
scienza e della modernità) verso la terra da cui si è allontanato.
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