Il corpo da dentro. Riflessioni sul Pilates
Si è scritto tanto sul Pilates;
tutt’ora vanno a ruba manuali e bigini che spiegano come utilizzare questo
metodo per essere più forti, più belli, più magri, eccetera.
I pensieri che seguono non hanno nulla di tecnico né di
persuasivo, tanto meno hanno come obiettivo una vendita o una propaganda: sono
solo pensieri di una romantica danzatrice vecchio stile che si è trovata a
"tenere l’ombelico in dentro" per sopravvivenza, si è sentita meglio
e ha cominciato a dirlo in giro.
Sono diversi anni che insegno il metodo Pilates,
principalmente matwork
(lavoro al tappetino) ma sento che dentro e fuori di me questo metodo è in
continua evoluzione ed è bello osservare come ogni corpo si evolve in modo
differente.
Quando introduco il lavoro cerco di eliminare subito i
malintesi e le false aspettative spiegando che il Pilates
è un metodo di allenamento faticoso (molti pensano ancora che sia rilassante
nel senso di "riposo"), ma che fa stare bene perché aiuta la
connessione mente-corpo, lavora con la respirazione e rafforza il core, il centro,
meglio definito come power house, la casa del potere. Avverto
subito le signore che l’allenamento in sé non fa dimagrire ma migliora le forme
e svela la bellezza che già c’è. Questo è un punto a mio parere fondamentale:
c’è rispetto per qualunque fisicità. Ogni corpo può migliorare senza dovere
negare le proprie caratteristiche uniche, le proprie curve naturali; si tratta
solo di armonizzare i movimenti e di inserirli sicuri nello spazio circostante.
La mia esperienza di danzatrice del resto mi ha sempre insegnato che un
movimento bello è quasi sempre anche giusto e sano.
E a tutti appartiene la bellezza, proprio a tutti.
Mi interessa molto la scelta della musica che fa da sfondo,
da panorama, e spesso mi diverto a trovare analogie tra questo metodo e altre
sfere della nostra cultura: per esempio l’aspetto sociologico del rapporto tra
centro e periferia dove il primo deve essere il motore di tutto e permettere
con la sua forza di fare sentire libera la seconda. L’importanza data
all’economia: concentrare lo sforzo solo su alcuni punti per ottimizzare il
lavoro ed evitare di aggiungere stress su altri punti che in quel momento non
serve utilizzare. La psicologia del far sembrare tutto facile con movimenti
fluidi anche se profondi e faticosi, mantenendo una postura convincente, sicura
e serena e talvolta anche un sorriso. Tutti questi sono elementi di vera
bellezza che va al di là della lucentezza dell’abito. La filosofia dell’equilibrio che nasce da un continuo lavoro di ricerca e non da un
casuale colpo di fortuna da congelare e trattenere. Anche nella vita è così:
appena si pensa di essere arrivati, di essere stabili e tranquilli, quello è il
momento in cui si cade. Non si può mai allentare la presa o compiacersi ma è
più saggio continuare a cercare, e bisogna cercare "su" non
"giù", non concentrandosi sul punto debole e sulla difficoltà ma sul
punto da raggiungere.
Continuo ad essere sorpresa nel constatare che c’è sempre
più gente che pratica il Pilates perché reputo questo
metodo una scelta difficile, auspicabile ma lontana da una contemporaneità che
corre, che brucia, che ha poca pazienza. Il Pilates
lavora sulla precisione, sul dettaglio, è puntiglioso e richiede tutto il
controllo e la concentrazione possibile. In più non ha nulla di artistico e
nemmeno di mistico o di spirituale, è semplicemente "sentire il corpo da
dentro", muoverlo da dentro.
È forse questa la chiave che ce lo rende così interessante:
poterci vedere senza occhi, sentire fisicamente le nostre viscere e ricordarci
di essere reali e vitali in un deserto assurdo che prima ci vuole annientare e
poi ci regala pacchetti benessere per darci dei contorni disegnati ma vuoti.
È pochissimo, ma è qualcosa.
|