Il decreto-legge approvato dal Consiglio dei Ministri il
16 aprile 2010 e le fondazioni lirico-sinfoniche
Premessa. 1
Il
decreto-legge nei riguardi delle fondazioni lirico-sinfoniche. 2
Art.
1 (Disposizioni per il riordino del settore lirico-sinfonico) 2
Art.
2 (Procedimento di contrattazione collettiva nel settore lirico-sinfonico) 2
Art.
3 (Disposizioni in materia di personale dipendente delle fondazioni
lirico-sinfoniche) 2
Art.
4 (Disposizioni in materia di attività culturali) 4
Conclusioni 5
Il 16 aprile 2010,
il Consiglio dei Ministri, bypassando il Parlamento, ha approvato un decreto-legge
recante disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali,
da molti spacciato come riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche
ma che, in realtà, dispone solo tagli delle spese nel comparto del loro personale:
quest’ultimo additato quale colpevole principale del grave dissesto finanziario
in cui si dibattono molte delle medesime fondazioni e principale impedimento
alla loro crescita produttiva in quanto destinatario del 70% delle risorse
finanziarie destinate alle stesse.
Anzitutto, risulta impropria e discutibile sul piano della legittimità
la scelta di ricorrere al decreto-legge governativo
in presenza di una problematica di tale importanza e, inoltre, non si riscontra,
nel provvedimento emanato, l’urgenza e la straordinarietà previste dalla
Costituzione. La crisi finanziaria che investe il settore delle fondazioni lirico-sinfoniche (settore tra i più importanti nella vita culturale
del Paese) avrebbe, invece, dovuto esigere la condivisione delle problematiche
e la ricerca di soluzioni finalizzate al riequilibrio del comparto attraverso
il coinvolgimento del mondo della cultura, delle parti sociali e dell’intera
rappresentanza politica italiana.
Dopo anni e anni di
discussioni, si è preferito, invece, optare con superficialità su un testo
dalle idee confuse, quasi un guazzabuglio che, nel suo articolato, mescola varie problematiche neanche connesse tra di loro.
Dal testo del
decreto sembra, inoltre, emergere una sorta di ripicca, ben orchestrata, nei
confronti dei lavoratori delle fondazioni lirico-sinfoniche
che, invece di essere considerati la forza primaria della produzione delle
medesime, vengono, a questo punto, accusati di essere l’unico reale problema
del dissesto in cui versano molte delle stesse fondazioni. Nessuna soluzione viene,
infatti, proposta nel testo del decreto per ovviare agli sprechi connessi ai costi
esorbitanti di molte produzioni, per calmierare gli eccessivi cachets degli artisti ed i
compensi sostanziosi degli amministratori ovvero per prevedere provvedimenti che
consentano di acquisire nuovi apporti di capitali da parte degli sponsors nonché di rideterminare i criteri di scelta degli
organi di amministrazione attualmente oggetto di mera spartizione politica.
Sicuramente,
l’obiettivo, da tempo dichiarato dal Ministro
proponente, consistente nella razionalizzazione dell’organizzazione e del buon funzionamento
delle fondazioni liriche e nell’incentivazione all’apporto di capitali privati,
non può limitarsi, come primo atto, unicamente all’approvazione di una
normativa, emanata con procedura d’urgenza, che penalizza solamente i
lavoratori cancellando d’un colpo la contrattazione decentrata, bloccando le
assunzioni anche in presenza di necessità di turnover, mortificando la
professionalità di chi lavora nelle fondazioni, mettendo a repentaglio
centinaia di posti di lavoro, chiudendo le porte lavorative dei teatri alle
migliaia di diplomati dei Conservatori e delle Accademie, distruggendo la
stabilità degli organici, introducendo prepotentemente il precariato, prendendo
a schiaffi l’autonomia sindacale, mettendo mano alla contrattazione tra le
parti, ribaltando le tutele previdenziali dei danzatori senza prevedere
provvedimenti per il rilancio della danza il cui futuro nelle fondazioni lirico-sinfoniche viene in tal modo messo a rischio.
Provvedimenti di tale entità dirompente su materie condizionanti la vita
lavorativa futura delle migliaia di lavoratori dei teatri lirico-sinfonici
italiani non potevano, in ogni caso, scaturire da un decreto-legge governativo bensì
avrebbero avuto bisogno di un approfondimento, di un coinvolgimento e di un
confronto più ampio con le parti sociali, culturali e politiche del Paese.
Investimento sulla
cultura significa anche stimolare la crescita lavorativa di un comparto altamente specialistico come è quello delle fondazioni lirico-sinfoniche, favorire lo sviluppo e la tenuta del
settore, sostenere e valorizzare il sapere e la capacità dei giovani artisti
del futuro. Limitare le opportunità occupazionali in questo settore, invece,
condurrà inesorabilmente all’annullamento della forza del teatro e della musica
dal vivo, che, come memoria storica e creativa, ha sempre recitato una parte
importantissima nello sviluppo della cultura del Paese e tale scelta porterà,
inesorabilmente, alla scomparsa di una tradizione pluricentenaria
che ha visto la nostra Nazione primeggiare in questo campo.
Il testo, all’art.1, indica i criteri (per la maggior parte condivisibili) che
dovranno determinare la revisione dell’assetto ordinamentale
ed organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche
ma non affronta nel successivo articolato le problematiche reali delle stesse
lasciando aperte, tuttavia, le porte all’approvazione di uno o più regolamenti che
saranno successivamente presentati dal Ministro dei BB.CC.
Tra le novità: l’imposizione
del riconoscimento dell’eccellenza nazionale alla Scala di Milano ed all’Accademia di Santa Cecilia che, di fatto, retrocede
tutte le altre fondazioni lirico-sinfoniche in una
serie inferiore, diminuendone l’importanza e mortificando così le peculiarità,
la storia, la tradizione che ognuna di esse conserva nelle proprie prerogative
di diffusione culturale sul territorio italiano. C’è da dire, tuttavia, che il
comma f), che tratta la questione, fa parte di uno dei criteri (da a ad f) che dovrebbero determinare la revisione dell’attuale
assetto delle fondazioni. Pertanto, tale comma non sembrerebbe poter essere
considerato norma di legge sino a quando non sarà regolamentato con un
articolato ben definito ed, in ogni caso, sottoposto,
come previsto al comma 2 dell’art.1, al parere della Conferenza Unificata, del
Consiglio di Stato e delle competenti Commissioni parlamentari.
Il testo di questo articolo e dei successivi, invece, detta norme tassative
che condizioneranno d’ora innanzi la vita lavorativa del personale dipendente
delle fondazioni. In particolare questo articolo muta
radicalmente il sistema della contrattazione collettiva delle fondazioni lirico-sinfoniche in quanto il CCNL verrà, a decorrere
dalla data in vigore del decreto, sottoscritto da una delegazione individuata
con decreto del Ministro BB.CC. (che
si avvarrà per la rappresentanza negoziale dell’ARAN) e dalle OO.SS. maggiormente rappresentative dei lavoratori
dipendenti dalle fondazioni (in sede di prima applicazione con le OO.SS. sindacali firmatarie del contratto vigente alla data
di entrata in vigore del decreto). L’accordo contrattuale dovrà infine essere
sottoposto al controllo della Corte dei Conti, previo parere del Dipartimento
della funzione pubblica e del Ministero dell’Economia e delle Finanza, prima di
poter entrare in vigore. La necessità di sottoporre il controllo dell’accordo
contrattuale alla Corte dei Conti viene giustificata, nella
relazione illustrativa che accompagna il decreto, dalla circostanza che le
fondazioni lirico-sinfoniche, in quanto finanziate in
larga parte da contributi pubblici, possono considerarsi a tutti gli effetti
degli organismi di diritto pubblico ed il controllo della Corte dei Conti
garantirebbe, a questo punto, il monitoraggio dei costi contrattuali evitando
così sprechi e favorendo il risanamento della situazione finanziaria delle
medesime fondazioni. Diversamente, però, il D.Lgs 367/1996, che dispose l’allora trasformazione
degli enti che operavano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato,
all’art.4 ("Personalità giuridica delle fondazioni e norme applicabili"),
si esprime: “Le fondazioni di cui all'art. 1 hanno personalità giuridica di
diritto privato e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto dal
presente decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del
medesimo”. La circostanza della contribuzione a larga parte pubblica (esistente
anche allora) non sembra, dunque, bastevole per poter inserire
le fondazioni lirico-sinfoniche nell’alveo degli
organismi di diritto pubblico in quanto in dissenso con l’articolato del D. Lgs 367/1996, tra l’altro, mai abrogato.
In ogni caso,
considerato che la norma apporta innovazioni sulle parti contrattuali in causa
e cambia l’iter del sistema di contrattazione collettiva, la stessa avrebbe
dovuto essere, prima dell’approvazione, approfondita con le parti sindacali.
I primi tre commi
dell’art.3 disciplinano le attività di lavoro autonomo
che possono essere effettuate da parte del personale dipendente delle
fondazioni con dei limiti ben definiti, rafforzando, altresì, l’impegno di cui
alla lettera c) del D. Lgs 367/1996 che riconosce
alla fondazione, in caso di costituzione di gruppi artistici autonomi, alcuni
vantaggi economici. Tuttavia, a decorrere dall’1 gennaio 2011 e sino alla
sottoscrizione del CCNL, vengono vietate tutte le
prestazioni di lavoro autonomo tranne quelle relative alle disposizioni di cui
ai D. lgs 297/1994 e 498/1992.
Il quarto comma
prevede che, a decorrere dalla data in vigore del nuovo CCNL, le clausole e gli
istituti degli accordi integrativi aziendali stipulati in contrasto alle norme
contrattuali non potranno essere applicati e dovranno essere ricontrattati tra
le parti. Viene, quindi, statuito il blocco del rinnovo di qualsiasi
contrattazione integrativa aziendale in corso nelle fondazioni sino all’entrata
in vigore del nuovo CCNL. Il trattamento economico aggiuntivo connesso al
contratto integrativo aziendale verrà, inoltre, ridotto del 50% dopo 360 giorni
dall’entrata in vigore del decreto con l’intento di stimolare una sollecita
definizione delle trattative connesse all’approvazione del nuovo CCNL. Gravi le
parole contenute nel dettato del testo del quarto comma che giustifica la norma
“al fine di assicurare la sostenibilità finanziaria delle fondazioni lirico-sinfoniche, atteso lo stato di crisi e
l’insufficiente produttività del settore”, in quanto
così viene ribadito che il costo connesso al personale delle fondazioni è la
causa della crisi finanziaria delle stesse e, d’altro canto, si dimentica che
la produttività, non ritenuta congrua, attiene, invece, unicamente alla
capacità organizzativa degli amministratori. Si disconosce, in ogni caso,
l’importanza dell’integrativo aziendale sottoscritto dalle fondazioni con le
parti sindacali che scaturisce dall’individuazione concordata con la parte datoriale di meccanismi di contenimento dei costi e di
incremento dei livelli di produttività attraverso la rideterminazione delle
prestazioni aggiuntive, la rivisitazione dell’organizzazione del lavoro e
l’introduzione di modelli strutturali di flessibilità dell’orario ordinario
giornaliero, in modo da ottenere, come conseguenza, una contrazione dei costi aziendali
ed una maggiore efficienza gestionale attraverso il recupero della
produttività. Se da un lato ciò ha comportato notevoli sacrifici (disconosciuti!)
in termini di allineamento dei lavoratori alle esigenze dell’azienda,
dall’altro, si potrebbe verificare, nel caso in cui il nuovo CCNL non dovesse
essere sottoscritto entro circa un anno, che la parte datoriale
manterrà le prerogative contenute nell’accordo ma che i dipendenti delle
fondazioni verranno puniti con una remunerazione consistente nella metà del
compenso aggiuntivo stabilito. A prescindere dal fatto che la probabile
evenienza di diminuzione del compenso non potrà non influire sul tenore di vita
di ciascun lavoratore (a cui, tuttavia, continueranno
a venire richieste tali prestazioni aggiuntive), si ritiene che un accordo
sottoscritto non possa essere disatteso a meno che non venga ritenuto
illegittimo o decaduto a tutti gli effetti e, in ogni caso, che qualsiasi
norma, comportante una diminuzione del trattamento economico, ancorché
aggiuntivo, connesso al lavoro svolto al di là delle norme contrattuali, debba,
prima di essere approvata, essere concertata tra le parti. In ogni modo, alla
fine, subirebbero una ingiusta decurtazione dei propri
compensi i lavoratori sia delle fondazioni virtuose che delle fondazioni in
dissesto finanziario e, in ambedue i casi, sempre e comunque, non per loro
colpa.
Il quinto, il sesto
ed il settimo comma dell’art.3 rendono evidente la
disarmante sconoscenza da parte dell’estensore del testo del decreto delle
problematiche artistiche delle fondazioni lirico-sinfoniche.
Con il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato e delle indizioni di
procedure concorsuali per tale scopo, ritenute prive,
tra l’altro, di efficacia ancorché in corso di espletamento, si rende
impossibile, sino al 2013, la copertura dei posti vacanti, soprattutto quelle
indispensabili nei corpi artistici delle fondazioni, con lo scopo di
risparmiare sul costo, in particolare, del personale artistico che, comunque, è
indispensabile per la produzione e, nello stesso tempo, con la conseguenza di aumentare
il livello di precariato in questo campo.
Secondo tale norma,
inoltre, le graduatorie delle selezioni annuali per le assunzioni di personale
a tempo determinato cessano di avere efficacia alla data di entrata in vigore
del decreto e le fondazioni dovranno procedere alla formazione di nuove
graduatorie sulla base di criteri idonei ad assicurare
la trasparenza, l’imparzialità della selezione e la sua rispondenza a criteri
di merito (e qui si intravvede un’accusa rivolta alle fondazioni - tra le righe
- condizionate dalle pressioni sindacali, come se le medesime fondazioni, fino
ad oggi, avessero assunto a scrittura il personale artistico non privilegiando il
merito bensì favorendo unicamente la continuità del rapporto). Sono da
considerarsi nulli, inoltre, i contratti di scrittura artistica non
concretamente riferiti a specifiche attività artistiche espressamente
programmate. Per le assunzioni a tempo determinato viene
stabilito che le fondazioni possono avvalersi delle tipologie contrattuali
disciplinate dal D. lgs. 276/2003 e successive
modificazioni.
La norma che
stabilisce la cessazione delle graduatorie annuali per le assunzioni di
personale a tempo determinato è in contrasto con l’art.1 e 3
del CCNL vigente ed è, pertanto, illegittima sino a quando non verrà,
eventualmente, stabilita dal nuovo CCNL una norma differente. Le graduatorie
annuali, in ogni caso, sono, secondo i dettami del vigente contratto di lavoro,
la fonte di diritto per le scritture del personale artistico, così come la
graduatoria degli idonei in tre audizioni consecutive che hanno lavorato nel triennio
successivo acquisendo il diritto di precedenza nelle assunzioni a termine per
esigenze stagionali senza, cioè, dover partecipare alle ulteriori
selezioni annuali indette dalla fondazione. È da ritenersi, pertanto, illegittima
una norma che di fatto cancella quelle contenute in un
contratto di lavoro vigente a tutti gli effetti.
Il decreto dispone,
inoltre, che la spesa annua destinata alle prestazioni occasionali d’opera
professionale dovrà essere deliberata dal Consiglio di Amministrazione, su
proposta del sovrintendente e previo parere del Collegio dei revisori dei conti, sulla base della programmazione annuale e di
criteri di economicità e di vincolo di bilancio.
La prima parte del
comma 7 reca norme assolutamente incostituzionali e si
riferisce alla legge 426/1977 (vecchia di ben trentatre anni e ormai abrogata
dalle successive normative di legge) riguardante il periodo in cui le attuali
fondazioni liriche erano ancora enti lirico-sinfonici
di diritto pubblico. Dimentica il Ministro che il D. Lgs
367 del 1996 ha
operato la trasformazione di detti enti a fondazioni di diritto privato e che
l’organico al 31 ottobre 1973 è di fatto superato da
successive disposizioni di legge. Infatti, il riferimento al
comma due e successivo dell’art. 3 della legge 426/1977, che vieta le
assunzioni del personale, anche in adempimento di obblighi di legge, prendendo
come riferimento l’organico del personale alla data del 31 ottobre 1973,
evidenzia come, di fatto, vengano disconosciuti gli organici funzionali
approvati in data 15 gennaio 1998 con decreto del Ministero BB.CC.,
di concerto con il Ministero della funzione pubblica, adottati in tutte le
fondazioni lirico-sinfoniche dopo la loro
trasformazione in organismi di diritto privato.
Viene, infine,
modificata la normativa contrattuale vigente riferentesi alle missioni all’estero del personale
dipendente al quale si applicano come tetto massimo le disposizioni di
trattamento economico di cui al Gruppo IV-D della
Tabella A allegata al decreto del Ministro del Tesoro, del Bilancio e della
programmazione economica 27 agosto 1998 e successive modificazioni ed
integrazioni, anche in questo caso disattendendo quanto previsto dal CCNL e,
pertanto, in tal modo si omologa, nuovamente ed illegittimamente, il personale
delle fondazioni lirico-sinfoniche al personale degli
organismi pubblici.
Un capitolo a parte
è da dedicare al comma 8 che fissa per i tersicorei l’età pensionabile al compimento del
quarantacinquesimo anno di età: provvedimento questo auspicato da anni
considerato il lavoro usurante svolto dai ballerini. Purtroppo, però, la norma,
che dovrebbe servire a svecchiare e rendere più efficienti le compagnie stabili
di ballo delle fondazioni, avrà molto probabilmente quale conseguenza, anche a
causa delle disposizioni di cui ai comma precedenti
dell’art.3, la cancellazione definitiva in alcuni teatri lirici del corpo di
ballo, con l’esultanza di alcuni amministratori a capo di dette fondazioni che
vedono nei costi fissi connessi al mantenimento in servizio di detto personale una
spesa superflua e non necessaria a scapito, pertanto, di un’arte gloriosa
destinata, purtroppo, a morire in Italia. Difficilmente, infatti, ci sarà la volontà e la lungimiranza (né sarà possibile farlo
in base al decreto) di sostituire coloro che andranno in pensione con nuove
forze lavorative. Inoltre, il precariato che esiste soprattutto in questo
campo, diminuendo le produzioni e i mesi di attività lavorativa, si incrementerà a dismisura, condizionando, a questo punto,
la qualità artistica delle produzioni di danza (come avviene d’altronde per tutti
gli altri corpi artistici) che non potrà che diminuire in quanto un’orchestra,
un coro e, in questo caso, un corpo di ballo hanno bisogno di lavorare
costantemente insieme, di affiatarsi, di sentirsi parte viva del processo
produttivo e non dipendere da occasionali prestazioni lavorative che,
soprattutto per i ballerini, risulterebbero deleterie stante la necessità degli
stessi di allenarsi quotidianamente e di crescere professionalmente sul
palcoscenico nel contesto dell’alto livello delle produzioni che solo una
fondazione lirico-sinfonica è in grado di supportare,
senza dimenticare che, tra l’altro, tra le finalità previste dalla legge istitutiva
delle medesime fondazioni c’è quella di realizzare oltre che opere e concerti
anche balletti. C’è da dire che diminuendo l’apporto del personale coreutico si
andranno via via assottigliando anche le opportunità
professionali concesse a coreografi, maestri di ballo e pianisti
accompagnatori, indispensabili per tenere in piedi una compagnia di ballo.
La norma contenuta
nel comma ottavo può, pertanto, ritenersi soddisfacente solo se condizionata
all’obbligo, dopo lo svecchiamento del Corpo di ballo, della copertura con
nuovi innesti dell’organico vigente autorizzato in questo settore, in modo da
impedire lo smantellamento delle compagnie di danza nelle fondazioni lirico-sinfoniche, nonché
all’impegno, altresì, di mantenere presso le fondazioni in questione (attraverso
incentivi da inserire nei parametri del F.U.S.) un
livello di produzioni di balletto congruo rispetto agli altri generi musicali.
L’articolo in questione detta nuovi criteri
per l’erogazione dei contributi nonché modalità per la
loro liquidazione ed anticipazione. Tali criteri verranno
rideterminati, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, dal
Ministro BB.CC.
Sino al 2010 il contributo è stato erogato sulla base di tre parametri:
- parametro
storico 60% (quota di riparto commisurata ai contributi ricevuti in
passato sulla base della percentuale media ricavata dalla misura dei
contributi assegnati in via ordinaria a valere sul FUS
nell’ultimo triennio per ciascuna fondazione);
- parametro
della produzione 20% (quota di riparto commisurata alla produzione svolta
sulla base delle percentuali ricavate dal rapporto tra il numero dei punti
dell'attività triennale a pagamento realizzati da ciascuna Fondazione e la
somma totale dei punti ottenuti sommando i dati numerici delle Fondazioni
di cui il 10% in base al punteggio riportato da ciascuna fondazione nella
valutazione della produzione triennale e il10% in base al giudizio di
qualità sulla produzione espresso dalla Commissione consultiva della
musica e della danza);
- parametro dei
costi 20% (utilizzo delle percentuali ricavate dal rapporto fra il costo
derivante dal contratto collettivo nazionale di lavoro in vigore
dell’organico funzionale di ciascuna Fondazione ed il totale dei costi
sostenuti da tutte le Fondazioni).
Dal 2011 i
contributi saranno riferiti ad attività già svolte e rendicontate
ed i criteri di assegnazione dovranno tenere conto:
a)
dei livelli
quantitativi e dell’importanza culturale della produzione svolta;
b)
della regolarità
gestionale degli organismi
c)
degli indici di
affluenza del pubblico
In attesa di
conoscere il testo che regolamenterà l’erogazione dei
contributi, bisogna riconoscere che i nuovi criteri previsti dal decreto
determineranno un’incentivazione notevole per le fondazioni verso il
miglioramento della gestione unito all’aumento quantitativo e qualitativo della
produzione.
Dopo tanti anni trascorsi nell’immobilismo, malgrado da gran parte degli operatori del settore sia stata
più volte invocata l’elaborazione di una legge quadro per lo spettacolo dal
vivo, il Governo, evitando il confronto democratico, approva in via d’urgenza un
decreto-legge che è una mera elencazione di criteri (alcuni dei quali anche
condivisibili), insieme a norme rivolte al nemico pubblico numero uno e, cioè,
il personale dipendente dalle fondazioni lirico-sinfoniche,
rendendo, a questo punto, ancor più difficile il confronto sereno con le parti
sociali, alla vigilia, tra l’altro, del rinnovo del contratto di lavoro della
categoria, ormai scaduto da tre anni.
È risaputo che il costo del personale delle fondazioni
assorbe all’incirca il 70% del finanziamento pubblico destinato alle fondazioni
lirico-sinfoniche, ma non viene
evidenziato che le centinaia di lavoratori che compongono lo staff artistico e
tecnico di ciascuna fondazione sono parte viva e produttiva della attività
artistica della medesima. Il teatro lirico, infatti, è come una grande fucina
dove convive un personale variegato ed altamente
specialistico in campo musicale (maestri, orchestra, coro e ballo) e tecnico
(macchinisti, attrezzisti, elettricisti, scenografi, sarti, parrucchieri,
truccatori etc.) e per mettere in scena un’opera è necessario che tutto vada
alla perfezione, che le professionalità siano esercitate al meglio e che i
protagonisti della messa inscena e musicale siano all’altezza della situazione.
Pensare che si possa essere competitivi nella precarietà ed episodicità
dell’offerta lavorativa è sicuramente aberrante. Non bisogna dimenticare che la
stabilità ottenuta dal personale dei teatri non è solo una conquista sociale ma
è anche sinonimo di qualità artistica e professionale.
Il problema, piuttosto, sta nella presunzione di chi si
accosta a questo mondo senza conoscerlo a fondo. Solo chi vive la vita quotidiana
di un teatro lirico può capire le problematiche che riguardano la messa in
scena di uno spettacolo. Non è condivisibile, pertanto, non considerare il
personale dei teatri lirici come spesa viva e necessaria per la produzione:
varie tipologie di personale, costantemente coinvolto, che possono sembrare
superflue a chi sconosce la materia ma che sono indispensabili per consentire
alla fine la fruizione dello spettacolo al pubblico.
Il personale stabile delle Fondazioni negli ultimi
vent’anni, contrariamente a quanto si vuole fare emergere, si è molto
assottigliato. Molti posti dell’organico funzionale stabile, riconosciuto dallo
Stato, pur se rimasti scoperti non sono stati, infatti, integrati da altro
personale ovvero sono adesso per lo più coperti da personale con contratto a
tempo determinato che si ritroverà a breve a non poter più contare sulla
certezza di uno stipendio mensile e, per alcuni, anche meno che mensile. A
questa categoria di precari, tra l’altro, altamente specializzata, non si potrà
dare più garanzie di lavoro certo considerata la grave crisi finanziaria in
atto presso le fondazioni.
La sensazione, ormai da alcuni anni, è che si vuole lanciare
un messaggio negativo rispetto alla validità e al servizio che rendono i
lavoratori delle fondazioni, in modo che queste ultime vengano
considerate stipendifici piuttosto che portatrici di
un bene per la collettività.
Coloro che sputano sentenze ritenendo esosi gli stipendi
delle professionalità esistenti nei teatri ricordino che un qualsiasi
professionista artistico (dal professore d’orchestra, all’artista del coro, al
ballerino, al maestro collaboratore) oltre che svolgere il proprio orario di
lavoro dentro il teatro, dedica ore e ore non
retribuite del proprio tempo libero allo studio necessario per trovarsi pronto
e preparato per andare in modo impeccabile in scena. Ricordino pure che per
allestire uno spettacolo ci vogliono tecnici e artigiani di provata
professionalità ed esperienza e che gli stessi devono essere nel numero idoneo
a consentire la predisposizione e la preparazione della produzione nei tempi
utili. Ricordino che la maggior parte dei teatri nostrani non possiede sale
alternative dove provare e la disponibilità del palcoscenico e della buca va,
pertanto, necessariamente programmata ad incastro
secondo le esigenze artistiche e tecniche con la conseguenza quindi che è molto
difficile poter raggiungere livelli di produttività maggiori. Qualcuno,
inoltre, si ricorda quanti anni di studio e di sacrificio sono stati necessari
nella vita di ciascun artista (orchestrale, corista, ballerino, maestro,
coreografo etc.) per poter arrivare a lavorare in
teatro? Qualcuno sa quanto costa a un professore
d’orchestra l’acquisto e la manutenzione di un proprio strumento musicale?
Qualcuno tiene in considerazione il fatto che in teatro si lavora sempre la
domenica: giorno in cui la maggior parte delle categorie dei lavoratori si gode
la propria famiglia e il proprio riposo? Qualcuno sa che in teatro non esistono
orari codificati e che si può lavorare indifferentemente mattina, pomeriggio e
sera? Qualcuno ha mai visto da vicino un costume di scena con la sua
preziosità, perfezione e magnificenza o scene dipinte che sembrano quadri di
grandi pittori? Qualcuno sa che solo per mezzo di un lavoro di alto artigianato
artistico si riesce a raggiungere tale livello di qualità?
C’è da constatare, purtroppo,
invece, che mancano i progetti, mancano le riforme, mancano le normative,
mancano personalità di livello culturale ai vertici, manca la volontà di esaminare
in modo equo le problematiche connesse al settore. Le fondazioni lirico-sinfoniche (e tutto lo spettacolo dal vivo) hanno
bisogno, invece, di certezze, di equità di vedute, di chiarezza, di supporto,
di rivisitazione, di prospettive, di confronto equilibrato, di gente competente
ai propri vertici e di impegno per il futuro. La crisi
provocata, anche da cattive gestioni, le rende non competitive ma non è
colpendo con la scure il personale delle fondazioni e indicandolo come
colpevole dei deficit dei teatri che si possono risolvere i problemi del
settore.
Allora cerchiamo di accelerare una discussione realmente
democratica e senza steccati politici sulla ormai indispensabile legge di
riforma dello spettacolo dal vivo, altrimenti, si rischia la chiusura dei
nostri teatri per lasciare spazio a intrattenimenti televisivi e di svago, che
costano anch’essi molto alla collettività ma che producono maggiori soldini in
termini commerciali, pubblicitari, di visibilità e di audience.