Intervista al flautista Claudio Ferrarini
13 marzo 2010
Claudio Ferrarini.
©
Foto Giampaolo Ricò, per
gentile concessione di Claudio Ferrarini
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La Fondazione Festival Pucciniano
ha organizzato un ricco programma per le celebrazioni dell’anniversario del
Centenario della prima rappresentazione de La Fanciulla del West, avvenuta a New York il 10 dicembre 1910 alla presenza
dello stesso Puccini. Il programma prevede mostre, concerti, retrospettive
cinematografiche, convegni e il nuovo allestimento de La Fanciulla del West firmato dallo
scultore Franco Adami per il progetto "Scolpire
l’Opera".
Mi trovo con il flautista Claudio Ferrarini
che, di ritorno da una tournée a Lipsia e a Berlino, si sta preparando per New
York, dove, ad aprile, suonerà alla Carnegie Hall - Zankel
Hall, in onore del ricordato Centenario.
Che cosa colpisce maggiormente del genio pucciniano?
Ciò che ammiro del genio pucciniano
è quella figura di artista pop ante-litteram, che ha usato il talento per
comporre opere mirate a conquistare i sentimenti più naturali e diretti delle
masse, non in maniera stucchevole, ma ricercata e
raffinata. Puccini è un precursore della modernità, non valutabile con i canoni
classici: le critiche che ha avuto dai contemporanei
sono state smentite dal successo di questi decenni. Fu anche un uomo solo,
spesso incompreso, timido nonostante l’apparente espansività, insomma un
compositore attualissimo. Si sa che dietro l'artista c'è l’uomo: è interessante
indagare la congruità, la “corrispondenza” tra l’uomo e l’artista. L’esperienza
ci insegna che non è quasi mai piena, nel senso che la sfera artistica attinge
di norma le sue categorie da quella zona dello spirito in cui non c’è altro condizionamento se non quello
della libera fantasia di chi o scrive o compone musica o crea forme sulla tela
o nello spazio; la vita, invece, è fatta da mille frangenti o bisogni o
capricci o dall'aggrovigliarsi dei casi che si costruiscono attorno alle
giornate di ciascuno di noi, nessuno escluso. Le melodie di Puccini sono sempre
umane nel senso pieno della parola, il più delle volte anche troppo umane, per
usare una celebre espressione di Nietzsche. Nella sua musica troviamo la
passione per il mondo femminile, da un punto di vista piccolo borghese, di un
uomo perennemente dominato dagli impulsi sessuali e nella
stessa misura convinto dei suoi “diritti” di artista. Che in noi
inevitabilmente rievocano purezze di immacolate
melodie, strazianti percorsi d’anima, insomma di demoni talora anche foschi, e
incontrollati sempre, che possiedono l’anima e la mente. Rimane il mistero
dell’arte, di quella musica divina. L’arte di Puccini fu, nelle sue più alte
espressioni, adesione totale al sentimento di piccole donne innamorate (Mimì,
Manon, Cio Cio San, Liù, la stessa Turandot), tanto più vive e vere quanto più
le contraddiceva la squallida sequela di esperienze
che accompagnò la sua vita. Puccini trovò nell’arte quello che in verità mai si
sforzò di cercare nella vita. Ecco perché amo Puccini: era uomo che sbagliava,
ma quando scriveva la sua musica vinceva sulla vita.
Un tuo giudizio su La Fanciulla del West.
Ne La Fanciulla del West Puccini si misura con il dramma d'azione,
dove la musica necessariamente deve calzare il pathos della scena. La storia ed il dramma si modellano su una figura femminile
giustiziera, redentrice. Si delinea forte il dramma
amoroso triangolare: Jack Rance, il corrotto
sceriffo, è spietato come lo lo fu Scarpia; Dick Johnson, il
fuorilegge idealista, ha la stessa voglia di redenzione amorosa che ebbe Cavaradossi; Minnie è il desiderio al centro della scena,
colei che è idealizzata a stemma della passione salvifica dallo sceriffo
corrotto tanto quanto dal fuorilegge. Puccini dà il meglio di sé nell'arte
descrittiva musicale per dipingere l'ambiente del gold rush, delineare l'azione e non solo gli stati
d'animo. Usa motivi autentici americani ("Dooda-dooda-day",
I atto) e canzoni folkloristiche ("The Old Dog Tray") avvalendosi, persino, di invenzioni
strumentali quali la "macchina del vento" per riprodurre il suono
tremolante delle campane attivate elettricamente. È qui, infatti, che Puccini
può essere davvero ritenuto il precursore dell'arte cinematografica. Nel primo
atto, impiega una grande orchestra, grandi effetti
speciali strumentali per descrivere l'ambientazione e lo stato d'animo dei
minatori. L'inventiva musicale del Maestro lo porta non alle romanze ma al
dialogo, all'assolo in stile arioso che non può essere chiuso in un unico
pezzo. Ogni episodio, infatti, è un brano cantabile che, pur mancando della
pregnanza dei capolavori passati, è inserito all'interno di scene in stile di
conversazione dove le espressioni musicali e recitative si intrecciano
e si alternano liberamente. Viene evidenziato il
limitato amalgama tra la musica e le parole: Puccini, infatti, si curò assai
meno che in passato della rispondenza tra pensiero musicale e testo letterario,
mentre dedicò ogni suo sforzo a far parlare l'orchestra. Anche la credibilità della redenzione di Johnson
per amore di una già poco convincente Minnie venne messa in discussione. Ma
Minnie è senza dubbio l'eroina più nuova del repertorio pucciniano:
in lei si intreccia il senso giovanile e ardito con la
saggezza di una creatura votata al Signore, la passionalità forte ed immediata
si mischia al coraggio smaliziato che culmina nella partita a carte truccata
dalla stessa protagonista. In realtà, quindi, non era la multisfaccettata
Minnie a non convincere, era il nuovo stile pucciniano
che lo rendeva, agli occhi della critica, lontano da Mimì e vicino alla poetica
del 900, all'estetica wagneriana. Un vero trapasso
al quale la critica, soprattutto italiana, non era ancora pronta.
Quale programma presenterai a New York?
Durante la preparazione del film Puccini e la fanciulla, il regista Paolo
Benvenuti ha ritrovato, all’interno di una vecchia e polverosa valigia,
numerosi e preziosi documenti (foto, lettere...) tra cui due bobine di una
logora e appiccicosa pellicola riposta in due scatole di latta per biscotti.
Solo successivamente abbiamo saputo che risaliva al
1915 e, con stupore e meraviglia, il filmato riguardava Puccini, ripreso mentre
soggiornava nella sua amata Torre del Lago. Dopo un accurato restauro questo
prezioso documento ha ripreso a vivere in tutto il suo splendore. Finite le
riprese del film di Benvenuti, R. J. Moretti si è
messo subito al lavoro per realizzare una colonna sonora che fosse la più
adatta possibile alle splendide e storiche immagini contenute nelle bobine ma,
soprattutto, per ricreare le atmosfere che quel luogo magico sa esprimere in
modo quasi surreale e, allo stesso tempo, per un omaggio alla musica di
Puccini. Così è nata l’idea del recital per flauto, pianoforte viola e
contrabbasso, all’interno del quale il filmato riveste la parte più significativa ed emozionante. Ci sono vari temi relativi alla scansione delle sequenze cinematografiche:
ogni tema è un momento a sé stante anche quando si tratta di un intervento di
pochi secondi e ciò è stato indispensabile per sottolineare musicalmente i
molteplici aspetti del racconto visivo.
Il concerto verrà replicato anche in
teatri italiani?
Il concerto verrà replicato in
diversi teatri: Modena, Pavia, Firenze, Roma, Milano, Parma. Inoltre sarà
presentato in Svizzera, a Locarno, e in Israele, a Tel Aviv.
Che cosa ti attende, in fatto di impegni
artistici, dopo New York?
Dopo il concerto alla Carnegie Hall - Zankel
Hall, mi attende una serie di concerti in Italia con un programma dedicato alla
musica di ispirazione barocca scritta da compositori
contemporanei. Una serie di registrazioni dedicate all’opera di Mozart
(integrale delle sonate KV 301-306) e Schubert con l’opera completa per flauto e pianoforte per LimenTv, la prima Web HD digitale
in Europa. Inoltre: una masterclass a Imola dal 16 al
19 aprile dedicata al repertorio per flauto e pianoforte e una in settembre a
Milano; la prima esecuzione del Golem
scritta da R. J. Moretti, a maggio, che prevede il
flauto solista in scena; infine la presentazione di un nuovo cd dedicato alle
melodie sul tema delle Ave Marie. Sul fronte delle pubblicazioni dedicate alla
musica per flauto sono in dirittura di arrivo le suites di Bach
per violoncello trascritte nella versione per flauto per le edizioni Ut Orpheus di Bologna. Credo che la vita dell’artista a volte
sia frenetica, ma questa frenesia serve a mantenere il
ritmo e l’intonazione.