Die tote Stadt (La città morta) di E.
W. Korngold: “In terra risorgere non lice”
Un
capolavoro conosciuto soltanto da pochi per la prima volta a Palermo. 1
L’argomento. 2
Primo
quadro. 2
Secondo
quadro. 3
Terzo
quadro. 3
La
musica. 3
I
cast 4
Personaggi
e interpreti 4
Nicola
Beller Carbone e Franco Pomponi
in Die tote Stadt.
©
Foto Studio Camera Palermo
|
Era conosciuto solo da pochi appassionati cultori il nome di
Erich Wolfgang Korngold che, adesso, torna a essere noto anche in Italia grazie alla lungimirante
iniziativa del Teatro Massimo che ha proposto al proprio pubblico la sua opera
maggiore: Die tote Stadt (La città
morta).
Nato a Brünn (Austria) il 29
maggio 1897 e morto a Los Angeles il 29 novembre 1957, Korngold
raggiunse la sua notorietà soprattutto quale autore di colonne sonore per film.
Eppure, negli anni trascorsi in Europa, Mahler ebbe a definirlo come un genio
musicale. Infatti, fu un genio precocissimo grazie anche alla frequenza dei
maggiori musicisti dell’epoca conosciuti a Vienna nei primi anni del 900 che plasmarono le sue conoscenze musicali e
contribuirono a stimolare il suo pensiero creativo.
Il libretto dell’opera Die tote Stadt,
suo massimo capolavoro teatrale, rappresentato per la prima volta ad Amburgo il
4 dicembre 1920, quando cioè Korngold aveva solo 23 anni, venne tratto dal romanzo di Georges Rodenbach Bruges-la-morte ed alla stesura del testo partecipò il
compositore stesso insieme al padre Julius. Alla fine, il libretto, al quale Korngold di suo pugno premise la trama, fu firmato con lo
pseudonimo Paul Schott, dal nome del protagonista
dell'opera (Paul) e dal cognome degli editori musicali (B. Schott's
Söhne).
Nicola Beller Carbone e John Treleaven
in Die tote Stadt.
© Foto Studio Camera
Palermo
|
Opera in cui espressionismo e romanticismo si fondono, Die tote Stadt dispiega i suoi
temi drammatici intorno alla città di Bruges con cui si identifica Marie, la
moglie morta del protagonista Paul. La città rappresenta lo stato d’animo del
vedovo che alla moglie defunta ha costruito una sorta di tempio dove trascorre
i suoi giorni nello stato maniacale ed ossessivo di
chi non riesce ad accettare di essere rimasto solo con la conseguenza che egli
continua ad esistere soltanto grazie ai ricordi, alle sensazioni, ai profumi,
alle reliquie, agli oggetti della persona amata che ormai non c’è più. Bruges,
dunque, vista con gli occhi malati di Paul, si manifesta come una città
lugubre, opprimente, decadente, nebbiosa, malsana, morta. A Marie si
contrappone Marietta, una giovane e carnale
ballerina, che il vedovo conosce casualmente e che entra prepotentemente nella
sua vita. In Paul, però, il bisogno di riprendere a vivere la normalità non può
non contrapporsi con il culto e l’ossessione di Marie per cui l’attrazione che prova per Marietta si
trasforma in ripulsa in quanto se, da un lato, rimane affascinato dalla sua
giovinezza, dall’altro, cerca di ritrovare nella donna il carattere della
defunta. Uccidere Marietta sarà come liberarsi di
Marie per sempre e l’epilogo tragico trasforma la mente di Paul che,
risvegliandosi dal delirio e finalmente liberato dalla sua ossessione, si perde
nel buio dell’acqua.
Quel sogno ossessivo che gli ha fatto smarrire l’identità
del reale, lo porterà a fuggire da Bruges, la città morta, con la ferma volontà
di ritrovare la sua voglia di vivere al di là del
dolore, visto ormai come un incubo, dal quale allontanarsi per sempre per
ritrovare la serenità.
Nel bellissimo allestimento scenico del Teatro Massimo, in coproduzione con il Teatro La Fenice di Venezia, di Pier
Luigi Pizzi, che è anche regista dello spettacolo, l’acqua dei canali di Bruges
incombe e si contrappone alla luttuosa stanza-tempio dove Paul venera la moglie
defunta. Dentro le lugubri acque, viste attraverso un grande specchio che
riflette gli eventi dall’alto, si svolge la vita cittadina mostrata con un
gioco di riflessi luminosi per le suggestive luci di
Vincenzo Raponi, che riprendono momenti di
quotidianità: l’allegra troupe di artisti che passeggia tra i canali al chiaro
di luna, le beghine che si recano alla messa mattutina, il rintocco delle
campane delle chiese, la maestosa processione del Corpus Domini introdotta dai
canti dei fanciulli.
La partitura complessa di Korngold,
che alterna tensioni, angosce, combattimenti
interiori, momenti di sogno, di smarrimento, pitture sonore della città morta,
viene messa in grande evidenza dall’Orchestra del Teatro Massimo diretta
splendidamente da Will Humburg. Di grande
espressività, profonda intensità di canto ed
accattivante presenza scenica è l’interpretazione di entrambi i protagonisti:
John Treleaven (Paul) e Nicola Beller
Carbone (Marietta) accumunati all’ottima compagnia
composta dal convincente Christopher Robertson (Franck), dall’espressiva Tiziana Tramonti (Brigitta) e da Franco Pomponi
(Fritz) che dona dolcezza al tenero e melanconico lied del Pierrot. Insieme a loro si mettono in evidenza gli altri appropriati
interpreti dell’opera: dai cantanti MinaYamazaki,
Julia Oesch, Gino Ponente, Clemens
Biener, Federico Lepre, agli efficaci mimi guidati da
Marco Berriel e Andrea Bernard, al Coro ed alle Voci
Bianche del Teatro Massimo.
John
Treleaven e Nicola Beller
Carbone in Die tote Stadt.
©
Foto Studio Camera Palermo
|
È stato alla fine un grande successo che rende onore alla
lodevole scelta Teatro palermitano di far conoscere al suo pubblico,
conquistato dalla musica stupenda di Korngold e
coinvolto dall’ottima esecuzione, un compositore poco noto, soprattutto qui in
Italia, eppure degno per essere menzionato tra i grandi del Novecento musicale.
Qui di seguito si riporta, per una maggiore comprensione
dell’opera, l’argomento così come scritto dal suo compositore Erich Wolfgang Korngold.
L’azione si svolge a Bruges alla fine del XIX secolo. Gli avvenimenti della visione (Secondo quadro e
parte del Terzo quadro) si immaginano accadere
parecchie settimane dopo quelli del Primo quadro.
A Bruges Paul piange la perdita della sua giovane sposa,
Marie: questa città morta, con le sue campane, le vecchie case in rovina,
l’acqua stagnante nei canali, le chiese malinconiche e i chiostri, è un
ammonimento costante alla morte e alla caducità delle cose, ed è diventata per
lui il simbolo della moglie morta e del passato. In una
stanza della casa – un “tempio di memorie” – il giovane ha conservato tutto ciò
che gli ricorda la sua amata scomparsa: vecchi mobili, cimeli, fotografie, un
grande quadro che la ritrae con il suo liuto e soprattutto una treccia dei suoi
capelli d’oro, che, conservata con grande cura splende da dentro una teca di
cristallo: quei capelli preziosi di cui il giovane adorava la fragranza e la
bellezza. Frank, l’amico di Paul, che è appena arrivato a Bruges, lo
trova in uno strano stato di crisi. Paul ha incontrato una donna con una
straordinaria rassomiglianza con la morta, che lo ha
lasciato eccitato e confuso. Il giovane non resiste all’impulso di invitarla
nella sua casa. La vuole vedere camminare nella “stanza di Marie”, perché la
morte ritorni vita. La giovane arriva, è Marietta,
una ballerina di Lille. La donna canta una canzone, accompagnandosi con il
liuto, un canto di un “amore fedele destinato a morire”, che assume per Paul un
grande significato. Marietta danza ed eccita i sensi
del giovane. Paul cede alla seduzione e tenta di abbracciarla. Scostandosi
bruscamente da lui, la giovane si impiglia nella tenda
che copre il ritratto di Marie, scoprendolo. Non è lei
stessa, quella donna? Lo stesso scialle, lo stesso liuto? Marietta
però deve andare alla sua prova: è Hélène
in Robert le Diable
di Meyerbeer. Paul rimane lacerato tra sentimenti
contraddittori di lealtà alla sua amata Maria e di rinnovato desiderio. In
questo stato di tensione estrema il giovane ha una visione. In un’apparizione
sorta dalla sua coscienza e dalla sua immaginazione, Marie esce dal ritratto.
Paul le dice di esserle rimasto fedele; i suoi capelli proteggono la casa. La
visione a poco a poco svanisce: «Esci alla vita, un’altra ti chiama, vedi e
intendi». E al posto di Marie, Paul improvvisamente vede Marietta,
che danza in completo abbandono.
La visione continua. Paul si vede sulla riva solitaria di un
canale di fronte alla casa di Marietta.
Il giovane sta a osservarla e
rivela ai “ferrei confessori” – le campane di Bruges – il travaglio interiore
delle sue paure e della sua coscienza, lacerata dal senso di colpa. La sua
ricerca dell’anima della moglie morta lo ha fatto
cadere vittima del corpo di una donna viva, dai cui vizi si sente a un tempo
attratto e respinto. Paul vede Brigitta, la sua
vecchia e fedele governante che lo ha lasciato perché
è venuto meno alla sua fedeltà a Marie – la donna è ora una novizia in un
gruppo di Beghine. Improvvisamente una strana figura si avvicina alla casa di Marietta: si tratta di Frank. Anch’egli ha ceduto alle arti
della seduttrice. Paul gli strappa di mano le chiavi della casa della donna: Frank non è più suo amico. Ridendo e cantando,
gli attori della troupe di Marietta ora si avvicinano
in barca. Paul si ritira e li sta ad ascoltare senza esser visto. Appare una
nuova, e sulle prime felice immagine: si canta una serenata per Marietta; la giovane appare abbracciata con il ballerino
Gaston. Ognuno è felice; si beve e si canta. «Abbasso Bruges!». Poi Marietta suggerisce di provare all’aperto la scena di Hélène da Robert le Diable. Victorin, il
direttore di scena, fischietta il motivo dall’opera, quello della Resurrezione.
Dalla vicina cattedrale giunge il suono di un organo, e nel chiostro le
Beghine, testimoni spettrali e silenziose, appaiono alle finestre. Il cielo è
attraversato da nembi minacciosi; le campane, incessanti, suonano a morto. Sembra quasi che questa pia, morta città voglia
alzare la sua protesta. Appena Marietta, seguendo la
sua parte, si alza dalla panchina che sembra rappresentare una bara, e
incomincia la sua danza seducente con Gaston, Paul si precipita fuori dal suo
nascondiglio. Il dileggio di Marietta per la
resurrezione, una concezione che è sacra al giovane, lo ha
mandato su tutte le furie: «Tu, una donna risorta! Mai!».
Marietta allontana gli amici e rimane sola con Paul:
il giovane le getta in faccia le sue accuse, le rivela i sentimenti che ha
tentato di soffocare e, soprattutto, le dice che in lei ha amato soltanto la
moglie scomparsa. Profondamente ferita, Marietta
accetta la sfida con la morta rivale e, facendo appello a tutti i suoi poteri
di seduzione, ancora una volta attira a sé Paul. Ormai incapace di controllarsi, il giovane cede. Vuole entrare nella casa
della giovane. «No», grida Marietta, «andiamo nella
tua, nella sua». La donna vuole passare la notte con lui e scacciare per sempre
il fantasma.
La mattina seguente Paul trova Marietta
nella stanza di Maria, in piedi di fronte al ritratto, trionfante: è il giorno
della grande processione sacra. Marietta vuole
guardarla da qui, da questa stanza. Dall’esterno giungono i canti dei fanciulli, e si incomincia a udire il misterioso ritmo di
marcia che accompagna la processione. Paul, totalmente assorbito
dall’avvincente cerimonia, si abbandona alla descrizione della processione. La
aprono i fanciulli che indossano brillanti vesti
immacolate, seguiti dai frati che portano le statue e gli stendardi della
chiesa. Avanza poi il gruppo storico, impersonato dai notabili della città che
indossano costumi da cavalieri, come se fossero usciti da una tela di Memling e Van Eyck. E quando
appare il Vescovo, portando il santo reliquiario
d’oro, tutti cadono in ginocchio. Anche Paul si inginocchia.
Marietta lo guarda irridente. È dunque religioso! La
donna è presa da un impulso demoniaco a profanare i suoi sentimenti, a provare
su di lui tutto il suo potere erotico. Paul la deve baciare, ora, qui. Paul la
respinge disgustato. Di nuovo il giovane viene
sopraffatto dal conflitto della sua coscienza e crede di vedere la processione
entrare minacciosa nella stanza. Marietta deride lui
e le sue superstizioni. Cercando di controllarsi Paul difende solennemente la
sua fede nell’amore e nella lealtà, provocando ancora di più i motteggi della
donna. Marietta lo accusa brutalmente di ipocrisia e debolezza. Paul le grida di andarsene, ma la
donna rifiuta, correndo invece al ritratto e verso la “reliquia” dei capelli di
Marie. «È cominciata la lotta: la vita contro la morte». «Ah, i suoi capelli!».
La giovane si avvolge la treccia attorno al collo e, ridendo sarcastica,
comincia a danzare; infuriato, Paul la afferra, la getta al suolo e la
strangola con la stessa treccia. «Ora è esattamente come lei: Marie!». Paul si
sveglia ed è circondato dalle tenebre: la visione è finita. Lentamente ritorna
la luce e Paul si riscuote. Vede i capelli nella teca, nessuno li ha toccati. Brigitta viene ad annunciare che la signora che è venuta a
visitarlo, all’angolo si è girata tornando sui suoi passi. Entra Marietta: si è dimenticata l’ombrello e le rose, «un segno
che dovrei rimanere!». Ma quando Paul rimane
silenzioso, la giovane sorride, alza le spalle e fa per uscire. Sulla porta
incontra Frank che si inchina al suo passaggio.
«Allora, era quello il miracolo!»: si è proprio trattato di un miracolo. Paul
non la vedrà mai più. Un sogno di amara realtà ha distrutto la sua fantasia. «A
che punto il lutto per i nostri cari distrugge noi stessi!». Paul se ne andrà
da Bruges, la città della morte. Sulla terra non ci può essere nessun
ricongiungimento con quelli che ci hanno lasciati, nessuna resurrezione.
Per una migliore conoscenza della musica dell’opera Die tote Stadt, si riportano i links
di alcune riprese di video pubblicati su Youtube.
http://www.youtube.com/watch?v=lolPTlQX84w
Il Tanzlied di Pierrot Mein Sehnen, mein Wähnen
da Die Tode Stadt interpretato da Thomas Hampton in concerto.
http://www.youtube.com/watch?v=v10cuH_JULo
Il Lied
di Marietta Glück das mir verblieb
da Die Tode Stadt interpretato da Renée
Fleming in concerto.
http://www.youtube.com/watch?v=roPSH0-_EZg
Il Lied
di Marietta Glück das mir verblieb
da Die Tode Stadt nel duetto tra Angela Denoke
(Marietta) e Torsten Kerl (Paul), Direttore Jan Latham-Koenig.
http://www.youtube.com/watch?v=2FVt1a7VsEU
Oh Freund, ich werde
sie nicht wiedersehen da Die tote Stadt interpretato da Torsten Kerl in concerto.
http://www.youtube.com/watch?v=uZ6M-Gw9DRE
Unsre Liebe war, ist und wird sein da Die
tote Stadt nel duetto tra Kaaran
Amstrong (Marie) e James King (Paul).
Teatro Massimo, 16,18,19,21,22,23
aprile 2009
Opera
in tre atti di Erich Wolfgang Korngold
su libretto di Paul Schott dal dramma Le Mirage e dal romanzo Bruges-la-Morte di Georges Rodenbach
Direttore
|
Will Humburg
|
Regia, scene e
costumi
|
Pierluigi Pizzi
|
Collaboratore
alla regia/movimenti coreografici
|
Marco Berriel
|
Assistente
alla regia/mimo
|
Andrea Bernard
|
Assistente alle
scene
|
Serena Rocco
|
Assistente ai
costumi
|
Lorena Marin
|
Lighting designer
|
Vincenzo Raponi
|
Maestro del Coro
|
Andrea Faidutti
|
Maestro del Coro
di Voci Bianche
|
Salvatore Punturo
|
Paul
|
John Treleaven (16, 19, 21, 23)
John Uhlenhopp (18 e 22
|
Marietta/L'apparizione
di Marie
|
Nicola Beller Carbone (16, 19, 21, 23)
Manuela Uhl (18 e 22)
|
Frank
|
Christopher Robertson
|
Brigitta
|
Tiziana Tramonti
|
Juliette
|
Mina Yamazaki
|
Lucienne
|
Julia Oesch
|
Gaston (mimo)
|
Gino Potente
|
Victorin/voce
di Gaston
|
Clemens Bieber
|
Fritz
|
Franco Pomponi
|
Il Conte Albert
|
Federico Lepre
|
Nuovo
allestimento in coproduzione con il Teatro La Fenice di Venezia
Prima
rappresentazione a Palermo
Orchestra,
Coro e Coro di voci bianche del Teatro Massimo