Intervista a Vladimir Derevianko

Vladimir Derevianko in Uccello di Fuoco di Uwe Scholz, Teatro Mercadante di Napoli.

© Foto Alessio Buccafusca

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La fotografia, il tempo che scorre, la personalità che muta, il corpo che si perfeziona e poi declina, il raggiungimento della maturità artistica. Qual è il rapporto di queste componenti?

Tutto parte dal fatto che ogni fotografia è la testimone del tempo che essa è riuscita a fermare. Ti rendi conto? È da brivido! C’è chi afferma che, quando riguardi dopo molto tempo una fotografia che ti vede protagonista, non provi più la stessa emozione; ovvero la provi, ma con minor intensità. Stiamo parlando di impatto emotivo forte, naturalmente: un corpo fissato nella sua perfezione diventa eterno e la fotografia che l’ha ritratto avrà sempre il ruolo di testimone privilegiato.

Il tempo che scorre, il corpo che cambia, hai detto. Esistono tre casi. Primo caso: è trascorso un certo lasso di tempo e il tuo fisico non ha subito mutamenti radicali. Guardando una tua fotografia assumi questa stabilità come un dato di fatto. Secondo caso: il tuo fisico è peggiorato. Guardandoti nella fotografia di un tempo, provi nostalgia per come eri. Terzo caso: sei passato oltre, perché hai scoperto ed abbracciato altri valori, superando il rischio di un rapporto ossessivo con il tuo corpo.

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L'intervista integrale è stata pubblicata nel volume L'Effimero in posa di Gloria Chiappani Rodichevski.

Il volume è distribuito da Books International (www.booksinternational.it). È possibile ordinarlo anche presso l'editore, Fondazione Léonide Massine (tel. e fax 081/7875658).