Narciso, l'effimero e la moda. Intervista a Rossella Porcelli

Narciso triste.

© Foto Gloria Chiappani Rodichevski

Lei si è occupata di narcisismo in ambito sociologico, studiando questo fenomeno con l'occhio rivolto alla nostra contemporaneità. Quali sono le caratteristiche del narcisista d'oggi?

Il narcisista d’oggi è un soggetto caratterizzato da evidenti paradossi, derivanti dal cambiamento del clima sociale e del rapporto con il presente. Egli appare un soggetto meno ideologizzato rispetto al passato e più seguace delle mode, più adulto ma più instabile, più flessibile e più influenzabile, più critico e più superficiale, più scettico e meno profondo. Il Narciso contemporaneo è consumato dall’inquietudine, dalla paura di un futuro incerto, dalla precarietà e dalla globalizzazione galoppante. Egli risente della mancanza di una qualche struttura di senso in grado di rassicurarlo e, una volta privato di tutte le sue credenze e di tutti gli apparati trascendenti, resta un individuo più interessato al benessere personale che a quello pubblico, più impegnato a godere del presente che non a preoccuparsi del futuro. Allo stesso tempo, però, l’imperativo dell’hic et nunc e la logica del presentismo, sono accompagnati dall’inquietudine per l’avvenire incerto, sottolineata dall’ossessione per la cura del proprio corpo, per la salute e per la longevità, dal culto della prevenzione. Si può affermare che il narcisista d’oggi possiede ancora aspirazioni ludico-edoniste, ma sono velate da un alone di paura e precarietà.

Se Lei dovesse riscrivere il mito di Narciso, oggi, come lo farebbe?

Oggi Narciso, trovandosi di fronte alla propria immagine riflessa nell’acqua, non cercherebbe più di afferrarla annegando, ma, probabilmente, cercherebbe altri volti diversi dal proprio, con i quali scambiare emozioni, sguardi, parole. Questo significa che è forte il bisogno di condividere esperienze e di superare l’angoscia esistenziale grazie all’ausilio dei rapporti interpersonali, più che di ideologie e credenze religiose.

Modernità e postmodernità sono state variamente definite. Zygmunt Bauman, ad esempio, parla di "età dell'incertezza". Gilles Lipovetsky di "era del vuoto". Che cosa fa il narcisista per sopravvivere a questa incertezza, a questo vuoto?

Nella nostra società fatta di incertezza e rischi, il narcisista sopravvive vivendo alla giornata, approfittando del presente, affrontando la vita con scetticismo ed ironia, si sente libero da costrizioni ed è alla ricerca di esperienze sempre nuove e di continue gratificazioni. Nel vuoto che lo circonda, il narcisista è alla ricerca ininterrotta di un’identità e di conferme da parte degli altri, che rafforzino il proprio senso di onnipotenza. Però, nonostante egli pensi sempre più a se stesso e al proprio benessere, sente il bisogno di vivere in una società più equilibrata, sicura, ordinata e di interagire con gli altri; nonostante egli sia sempre più concentrato su se stesso e sulla propria realizzazione, ha sviluppato un grado più elevato di coscienza ed intelligenza che lo porta a considerare l’alterità come risorsa per sopravvivere e non come un limite.

Qual è il rapporto tra il narcisismo e la moda?

La moda viene, di solito, associata ad una tendenza ad uniformarsi, ad omogeneizzarsi. Nella società contemporanea, invece, la personalità individuale è al centro dell’attenzione, l’Io narcisista spinge al cambiamento, ad una continua evoluzione, per cui gli stili si moltiplicano, frammentando il sistema della moda, ognuno libera la propria originalità e creatività, esibendo un look personalizzato. Il narcisista non segue la moda come criterio di scelta, ma segue il gusto personale, nella più totale libertà.

Il concetto di moda si accoppia a quello di conformismo. Che cosa mi dice in proposito?

Riprendo quello che già ho appena detto: oggi non è più possibile associare moda e conformismo, dal momento che la moda ha perso il suo carattere alienante e manipolatorio; al contrario, stimola l’autonomia individuale, la creatività, l’eteronomia degli stili.

E del rapporto tra moda ed effimero?

La moda è stata sempre criticata, in quanto corruttrice dei costumi e della moralità, basata sull’effimero e sulla seduzione, con i suoi incoraggiamenti a cercare l’eleganza, l’originalità, il lusso estetico, fautrice dell’individualismo narcisistico e del culto dell’Io. In effetti, essa non sarebbe nata se non ci fosse stata l’unione della logica dell’effimero e del capriccio estetico. Ma va anche sottolineato che la moda, con tutti i suoi ornamenti, gli accessori, le guarnizioni, non è rimasta relegata nell’ambito dell’abbigliamento e dell’effimero, ma è divenuta un sistema aperto, che stimola l’autonomia individuale. Dunque, non metto in dubbio il desiderio manifesto della società di godere delle frivolezze, dei piaceri privati, di lasciarsi andare alla frenesia dello spettacolo, ma contrariamente a quanti denunciano la natura effimera della moda, penso che, dietro la scalata delle futilità, avanzi l’indipendenza individuale.

Autorealizzazione da una parte e moralismo estremo, punitivo dall'altra. Può parlarmi di questo in relazione ai concetti di narcisismo e di effimero?

La nostra società, dopo aver liquidato i valori del sacrificio e del dovere, ha ceduto il passo all’interesse personale, alla libertà, alle promesse di felicità. Allo stesso tempo, accanto alla ricerca del benessere soggettivo e degli svaghi, gli individui appaiono, oggi, avidi di ordine e moderazione. Dunque, succede che il neo-individualismo è simultaneamente edonista e ordinato, allergico ai comandamenti e ostile al caos, contrario alle rinunce e alle prescrizioni ma assoggettato a nuovi imperativi, quali la giovinezza, la salute, la forma, la velocità, lo svago, il sesso. Il narcisista contemporaneo è ossessionato dalla cultura igienista e sportiva, estetica e dietetica. Egli deve conservare la forma, lottare contro le rughe, rispettare un’alimentazione sana, abbronzarsi, restare magro, rilassarsi. Non accetta con rassegnazione i segni del tempo, ma deve perpetuare la giovinezza del corpo. Le due tendenze antinomiche fanno parte della personalità del narcisista, che da un lato si abbandona ai piaceri effimeri, distrattivi, edonistici, ma dall’altro lato gestisce razionalmente il tempo e il corpo. Dunque l’edonismo odierno non è più trasgressivo, bensì regolarizzato, prudente e responsabile.

Cambiamo argomento. Lei si è anche occupata di editoria e comunicazione. La comunicazione, oggi, risponde a regole diverse rispetto a quelle di ieri. Me ne vuole parlare?

La comunicazione è cambiata, forse definitivamente, e la rete si appresta a diventare il mezzo principale di diffusione delle informazioni e, spero, il più democratico, dei prossimi anni. La nuova comunicazione in rete, infatti, si basa sulla condivisione, di musica, film e altri contenuti, si svolge attraverso la creazione di comunità virtuali, in cui le persone partecipano costantemente a dibattiti pubblici, intessono relazioni, si scambiano messaggi di posta elettronica, chiacchierano in simultanea, fanno giochi di ruolo, sviluppano legami più o meno stabili e duraturi, fondati su interessi comuni. Dunque, una sorta di spazio pubblico telematico, un’agorà elettronica, dove mi auguro si possa rivitalizzare l’antica società civile in nuove forme, che fungano da luoghi di confronto e di stimolo per il sistema sociale complessivo. Anche la percentuale di investimenti pubblicitari su internet raddoppia, mentre media tradizionali come stampa e tv stanno arrancando. Senza tralasciare il fatto che la visibilità che ha un prodotto in una vetrina virtuale è di gran lunga superiore a quella che otterrebbe sugli scaffali di un negozio. Insomma, la comunicazione classica non è più sufficiente a soddisfare le esigenze di un pubblico sempre più esigente e incline a sperimentare nuove forme di comunicazione.

Il mondo dell'editoria: che cosa ne pensa?

Il nostro paese è caratterizzato dalla presenza di troppi scrittori e di pochi lettori, perciò l’industria libraria italiana si trova ad affrontare molte difficoltà. La disaffezione per i libri è una costante con cui, chi lavora nel campo dell’editoria, deve fare i conti. Oggi si è imposta una mentalità manageriale e decisamente mercantile anche nella produzione libraria. In ogni caso, sono convinta che non sia sufficiente acquisire familiarità con conti, bilanci e budget, ma l’editore deve conoscere il proprio pubblico e deve sapere cosa proporre in modo qualificato e professionale. Il mestiere dell’editore è delicato e complesso, richiede una buona capacità comunicativa, una predisposizione a carpire i gusti dei lettori e le personalità dei suoi autori. Il libro non è un prodotto qualsiasi e sono sicura che, nonostante le difficoltà che incontra nella società contemporanea, sarà sempre presente grazie alla sua capacità di regalare emozioni insostituibili.