Breve storia della danza
La
danza nell'antichità. 1
La
danza nel Rinascimento. 1
Il
Secolo dei Lumi 3
Il
balletto romantico. 3
Il
Novecento. 5
© Foto Alessio Buccafusca
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La danza ha tradizioni antichissime. È
infatti la prima forma espressiva che l'uomo abbia mai sperimentato con
il suo corpo in quanto il corpo ne è il linguaggio: lo strumento di
comunicazione.
Per gli uomini primitivi la danza era un rito. Essa serviva
a creare un contatto con le divinità ed era inoltre un’attività sociale. Infatti i momenti più importanti della vita della gente (il
fidanzamento, il matrimonio, la nascita, la malattia, la morte) e gli eventi
che si susseguivano (la caccia, la pioggia, la siccità, il raccolto, la
vendemmia, la guerra, la vittoria) erano officiati tramite danze che coinvolgevano l’intera comunità.
Anche in seguito nella cultura greca e romana la danza
continuò ad essere un fenomeno di “massa”, per lo più
legato ai riti propiziatori o alle grandi festività in onore di un dio. Erano
danze promiscue in cui la folla si sfrenava e si liberava dal peso della
povertà o da un’esistenza difficile.
Con l’avvento della religione cristiana, che considerava il
corpo peccaminoso, la danza venne ritenuta una
manifestazione del male. Essa quindi non fu più legata alla religiosità ed al rito anche se, pur divenendo una disciplina regolata
da rigide leggi e ferree imposizioni, fu mantenuta viva nella tradizione
attraverso il lavoro dei nuovi artisti girovaghi, quali mimi, menestrelli e
buffoni che giravano le città d'Europa.
In quell'epoca la vita di corte era il fulcro della vita sociale
di ogni Stato e fu nelle corti che la danza divenne il modo per
poter comunicare, tanto che arrivò a condizionare le regole sociali e
l’etichetta. Essa era parte integrante nei grandiosi intrattenimenti
organizzati per celebrare matrimoni o mostrare la ricchezza ed
il potere dei nobili. Nelle rappresentazioni vi era un misto di recitazione,
musica, danza e pantomima arricchito da processioni con effetti spettacolari e
sfarzosi e stravaganti costumi. Questi costumi erano ingegnosi ed estrosi,
decorati con simboli che permettevano al pubblico di riconoscere i personaggi
della storia ma, essendo molto ingombranti e pesanti, limitavano di molto i
movimenti. Le storie erano ispirate ai miti dell'antica Grecia e di Roma o
basate su temi particolari quali le stagioni dell'anno, il mondo della natura o
le terre lontane.
All'inizio i balletti di corte venivano
interpretati dagli aristocratici e dai reali nelle sale e nei giardini dei loro
palazzi e le danze erano considerate un modo per rallegrare la vita di corte
che altrimenti sarebbe stata monotona e noiosa. Pertanto, sapere danzare era
una necessaria qualità sociale dei nobili e faceva parte della loro educazione
sin dall'infanzia. Nel Rinascimento, infatti, nacque la nuova figura del
maestro di danza professionale che insegnava i passi, i gesti, le giravolte e
gli inchini. Fin da bambini i figli dei nobili apprendevano l'arte del danzare
quale materia fondamentale nella loro istruzione. Uno dei maestri più famosi di quel periodo fu Guglielmo Ebreo di Pesaro, che scrisse a
metà del 400 i trattato De praticha seu arte tripudii vulghare opusculum nel quale codificava le sei qualità del
perfetto danzatore: misura ovvero abilità di misurare il tempo; maniera o
coordinamento dei movimenti; memoria ovvero la facoltà di ricordare i passi
appresi; partire del terreno ovvero distanze e limitazioni del luogo; aire
ovvero il modo di presentarsi; movimento corporeo ovvero il perfetto danzare.
Con l'avvento del maestro di danza emerse, di conseguenza, la necessità di
memorizzare i passi che da quel momento in poi furono basati su regole ben
precise e la danza di corte cessò di essere improvvisazione per conseguire una
sua tecnica definita abbinata a combinazioni di passi codificati.
Il primo balletto del quale si conosce
la coreografia, la musica ed il libretto originale è Le Ballet Comique de la Reyne
rappresentato a Parigi il 15 ottobre 1581 nel salone del palazzo del Duca di
Borgogna alla presenza della famiglia reale per le nozze del duca di Joyeuse con Margherita di Vaudemont.
La coreografia fu di Baldassarino da Belgioioso per lo spettacolo, dal tema omerico che
rappresentava Circe e le ninfe, composto da
recitazione, musica, canto e danza.
Altro avvenimento decisivo per la diffusione della danza
professionale fu l'istituzione della prima scuola di ballo per i nobili
avvenuta a Milano nel 1545, in cui si formò proprio quel Baldassarino
da Belgioioso che ebbe l'incarico di allestire il
celebre spettacolo in onore delle nozze di Margherita di Vaudemont
al quale assistette una folla immensa superiore addirittura alla capienza della
sala per una rappresentazione che durava cinque ore e mezza.
La salita al trono di Francia di Luigi XIV, che fu un
appassionato ed abile ballerino (fu soprannominato il
Re Sole in quanto interpretò il ruolo di Apollo ne Le Ballet de la Nuit
a soli 15 anni), favorì la valorizzazione e l'evoluzione del balletto che si
impose al gusto ed alla sensibilità del pubblico.
Infine, però, diventò impossibile per questi danzatori, per
così dire amatoriali, raggiungere lo standard richiesto dai maestri di danza e
dai compositori ed allora balletto ed opera iniziarono
il loro sviluppo indipendente. Il Re Sole nel 1661 fondò l'Académie
royale de la danse e nel
1672 la Scuola Nazionale di Danza. Fu proprio il primo direttore
dell'Accademie, Charles Louis Beauchamps (1636-1719),
a codificare le cinque posizioni dei piedi e l'uso dell'en dehors
che è alla base della danza classica. Cominciarono così a formarsi i primi
ballerini professionisti e la danza si spostò dalle corti ai teatri pubblici
grazie anche ad un compositore italiano, naturalizzato
francese, Jean Baptiste Lully,
nominato direttore dell'Accademie e maître
de la musique royale.
Nel 1681 venne rappresentato Il Trionfo dell'Amore: il primo balletto
in cui appaiono in scena ballerine professioniste. Fino ad
allora i ruoli femminili, quando interpretati da professionisti, erano
stati infatti sempre eseguiti da uomini e alla fine del Seicento nasceva l’opéra-ballet,
spettacolo in cui la danza e il canto avevano un rilievo paritario. Il Trionfo dell'Amore rappresentò una
data storica per il balletto in quanto apportò una
trasformazione sostanziale sull'esecuzione e sviluppò una vera e propria
competizione tra i ballerini dei due sessi costringendo gli esecutori solisti a
ricercare passi sempre più complicati. Questo virtuosismo degenerò in divismo
soprattutto imperniato sulla rivalità dei diversi stili di danza.
L'affermarsi del teatro pubblico rese inutili i divertissements
di corte e si andò diffondendo sempre più l'esigenza, anche se ancora riservata
ai nobili, di partecipare agli spettacoli nel nuovo luogo deputato
all'intrattenimento soprattutto grazie all'esempio di Luigi XIV che assisteva
frequentemente alle rappresentazioni.
Nel XVIII secolo si sviluppò la necessità di dare alla
coreografia un soggetto, una storia da mostrare agli spettatori. Con l'avvento
dell'Illuminismo le danzatrici, che avevano imparato il mestiere nelle
Accademie, divennero richieste e ricercate più dei colleghi danzatori e la
danza cominciò ad espandersi un po' dovunque
spostandosi nei luoghi di ritrovo pubblici e conquistando borghesi ed
intellettuali. L'invenzione del pianoforte nel 1711 da parte di Bartolomeo Cristofori agevolò in modo consistente lo sviluppo dell'interesse
della gente e consentì alle Accademie di formare danzatori sempre più abili e
dotati.
Nel 1700 il maestro di danza francese Raoul Auger Feuillet pubblicò il
trattato Choréographie
e L’Art de décrire
la Danse che descriveva, oltre alle cinque posizioni
di base, numerosi passi di danza, tra i quali il plié, il glissé, e la cabriole ed
indicava un sistema per annotare i passi di danza.
Nel 1760 Jean Georges Noverre
(1727-1810) pubblicò il trattato Lettere
sulla danza nel quale invocava l'unità di danza, musica e scenografia e
l'eliminazione delle danze per proprio piacere. Tra l'altro
egli si battè per l'abolizione degli scomodi e pretenziosi costumi fatti di
crinoline e rigide sottogonne armate di cerchi. A quell'epoca i costumi
femminili, pur se molto belli e preziosi, essendo lunghi e pesanti,
impacciavano enormemente il movimento che non era neppure agevolato dalle
scarpe in uso che erano con tacco alto e spesso a spillo. Gli uomini, inoltre,
indossavano una specie di tunica ("tonnellet")
che arrivava al ginocchio che dava la sensazione di un tutù. La dimensione
notevole dei costumi non consentiva di danzare insieme e, pertanto, la danza si
svolgeva a distanza obbligata ed il minuetto, fatto di
inchini e passi scivolati, era il tipo di danza più in voga. Inoltre, grazie
all'intervento di Noverre, l'uso delle maschere, che
toglieva ogni possibilità espressiva al danzatore, fu soppresso nel 1772.
Nella sua riforma Noverre, a cui si devono le coreografie di oltre centocinquanta
balletti, portò ad una divisione netta tra danza meccanica e danza d'azione
intendendo egli per la prima la danza che si affidava al puro tecnicismo e per
la seconda quella che si basava su un racconto che per essere capito aveva
bisogno dell'apporto sia della pantomima sia della danza pura e quindi
necessitava di sentimento, espressività ed energia capace di commuovere ed
interessare.
In polemica col Noverre fu il
fiorentino Gasparo Angiolini (1731-1803), il coreografo italiano che contribuì
all'evoluzione pantomimica della danza (misurata
per l'italiano, camminata per il
francese), il quale rimproverava al suo collega francese, nelle sue Lettere sopra i Balli Pantomimi (1773),
di essere troppo concettuoso affermando egli che
l'opera del coreografo dovesse basarsi soprattutto sull'ispirazione e
sull'estro creativo e non dovesse essere condizionata dai precetti.
Salvatore Viganò (1769-1821) fu
l'anello di congiunzione che legò nella danza il Classicismo con il Romanticismo: l'uomo destinato a risolvere i problemi
stilistici di Noverre ed Angiolini. Egli, infatti,
puntò soprattutto sull'esaltazione della danza rappresentando i suoi temi in
movimento in modo espressivo e nello stesso tempo disciplinato in quel genere detto "coreodramma" cioè
l'azione espressa in termini di danza.
L’Ottocento fu anche il secolo della “ballettomania”
che si esplose un po' dovunque ma soprattutto in Russia dove il balletto e le
ballerine diventarono dei veri e propri idoli ed il
balletto classico si rivelò una delle tendenze culturali ed artistiche più
seguite ed amate. Precursore e fondatore della scuola russa, per avervi ivi a
lungo lavorato, fu Charles-Louis
Didelot (1767-1836), ma all'italiano Carlo Blasis (1795-1878) si deve il passaggio dalla grande scuola
accademica francese a quella italiana che costituì l'elemento saldatore tra la
danza classica ed il balletto romantico. Blasis, uomo
molto colto, danzatore, coreografo, insegnante di danza, compositore di musica,
scrittore, disegnatore, filosofo, scrisse numerosi trattati e manuali sulla
didattica della danza ed è considerato il fondatore di un metodo vero e proprio
di danza dal quale discenderanno i grandi maestri del tardo Ottocento e del
primo Novecento. Dalla sua scuola uscirono splendidi interpreti ed il suo insegnamento fu destinato ad avere una grandissima
influenza su tutto il balletto futuro tanto che si può dire che la scuola del Blasis può essere considerata ancora oggi la scuola del
ballerino classico accademico.
Il balletto romantico ebbe inizio intorno al 1830 in un'epoca
in cui la tecnica della danza si era ormai consolidata ed era giunta al
perfezionamento del suo stile. Una delle principali caratteristiche del
balletto romantico fu adeguarsi alla sua epoca. Era finito il tempo del
minuetto, adesso impazzava il valzer, la cui apparizione avveniva verso la fine
del '700. Il primo balletto nel quale si eseguì un valzer fu La Dansomania di
Pierre Gardel (1800). Non più dunque ballerini che si
tenevano per mano a debita distanza ma una danza che impegnava e coinvolgeva la
coppia unita e sognante. Ed i soggetti dei balletti
abbandonarono, quindi, gli argomenti classico-mitologici per ispirarsi alla
letteratura ed ai racconti di carattere romantico dell'epoca. La ballerina
diventò il simbolo della donna immateriale e, mentre le scarpette da punta la
resero aerea dando la sensazione del sollevarsi da terra di un corpo senza
pesantezza, la vaporosità del tutù bianco la fecero
sembrare evanescente e soprannaturale come uno spirito. Le storie dei balletti
erano incentrati su amori infelici e impossibili,
permeate da malinconia.
Il primo balletto romantico fu La Sylphide, tratto dalla novella Trilby di Charles
Nodier, su libretto di Adolphe
Nourrit e musica di Jean Schneitzhoeffer.
Questo balletto, che andò in scena all'Opéra di Parigi il 12 marzo 1832, è
legato al nome di una grande ballerina: Maria Taglioni, per la quale il padre
Filippo compose la coreografia che trasformò esteticamente il concetto di
danzatrice anche grazie al soggetto del balletto, al tutù creato da Lamy per la protagonista e alle scarpette da punta calzate
da Maria. Altra data fondamentale per il balletto romantico fu quando andò in
scena il 28 giugno 1841, sempre all'Opéra di Parigi, Giselle, con la musica di Adolphe Adam,
il libretto di Theophile Gautier
e Vernoy e Saint-Georges,
la coreografia di Jean Coralli e Jules Perrot e
protagonista Carlotta Grisi.
L'Ottocento fu il secolo delle grandi
ballerine, idolatrate dal pubblico: Maria Taglioni, Carlotta Grisi, Fanny Elssler, Fanny Cerrito, Lucille Grahn e fu anche il secolo dei grandi balletti: Il Lago dei Cigni, Lo Schiaccianoci, La Bella
Addormentata ma, soprattutto, fu il secolo del grande balletto russo, delle
splendide musiche di Piotr Ilic
Ciaikovskij e dello straordinario coreografo Marius Petipa (1862-1910).
In Russia, anche ad opera dei grandi maestri
occidentali e delle grandi ballerine italiane (Pierina Legnani,
Carlotta Brianza, Carolina Rosati, Antonietta Dell'Era), il balletto romantico
raggiunse la sua massima evoluzione sia sul piano tecnico-virtuosistico che sul
piano artistico ed interpretativo.
Il secolo si concluse con Isadora
Duncan (1878-1927) che diede un impulso nuovo e vigoroso alla danza e che gettò
le basi della danza moderna rinnegando i luoghi e i gesti comuni del balletto
classico per danzare scalza e coperta di veli in modo da rendere la danza una
questione di ritmo e di corpo.
Il XX fu il secolo della sperimentazione sulla nuova danza.
All'inizio del Novecento nacquero i Ballets Russes (1911) ad opera di Serge Diaghilev (1872-1929),
impresario ed organizzatore di balletti, che diede vita alla rivista Mir Iskusstva
nella quale anticipò le sue idee sul rinnovamento della danza e dell'arte
teatrale. I Ballets Russes,
dopo un periodo iniziale a carattere viaggiante, si stabilirono presso l'Opéra
di Montecarlo sino allo scioglimento avvenuto nel 1929 a seguito della morte
improvvisa di Diaghilev. Il nucleo iniziale era
composto dai grandi ballerini russi, emigrati dai Teatri imperiali, quali Vaslav Nijinskij e Tamara Karsavina. Primo coreografo della Compagnia fu Mikhail Fokine fino al 1912
quando il giovane, ma già affermato ballerino, Nijinskij
decise di dedicarsi anche alla coreografia. Dal 1915 al 1920 fu la volta di Léonide Massine che nel 1925 si
alternò con Bronislava Nijinska,
sorella di Vaslav, la quale aveva iniziato a
collaborare con la compagnia nel 1922, fino alla scoperta di Georges Balanchine (1904-1983) nel 1925. Determinante
per la crescita dei Ballets Russes
fu pure l'opera prestata in qualità di maître de ballet
da Enrico Cecchetti (1850-1928) che collaborò con gli
stessi dal 1909 al 1918. Il suo insegnamento ed il suo
metodo, racchiusi in un trattato a cura del ballerino Idzikovski,
pubblicato dalla casa editrice Beaumont di Londra,
influenzeranno tutto il '900. L'intuizione di Diaghilev,
l'esplosiva personalità di Nijinskij e le grandi
musiche di Igor Stravinskij: questo trio di grandi artisti cambiò i connotati
della danza mondiale.
La danza esplose anche negli Stati Uniti
dove nacquero compagnie di alto livello internazionale per merito
anzitutto di Martha Graham (1894-1991) e di George Balanchine
che, trasferitosi nel 1934 a New York per dirigere la scuola dell'American Ballet, fondò l'omonima compagnia, divenuta la più
prestigiosa degli Stati Uniti, e nel 1946 il Ballet
Society (dal 1948 denominato New York City Ballet).
Le raffinate coreografie di Balanchine, creatore di
uno stile di danza astratta permeata però da una salda estrazione accademica,
furono e sono ancora oggi tra le più applaudite in tutto il mondo
La danza del '900 e del nostro secolo deve tanto a questi
artisti coraggiosi e pieni di talento e, grazie a loro, oggi possiamo
annoverare altri stili ed altri "grandi" che
si sono succeduti nel tempo: Kenneth Mac Millan, John
Cranko, Pina Bausch, Jerome Robbins, John Neumeier, Mats Ek, Merce Cunningham, Roland Petit, Maurice Béjart, solo per citarne alcuni, e sempre ed, ancora,
sempre nuovi creatori di danza per quest'arte che non avrà mai fine.