Le Parc di Angelin Preljocaj

7 novembre 2007

 

Dal libertinaggio alla sincerità della passione. 1

Il Panopticon del cuore. 2

Il "siero della verità" somministrato nella recita scaligera del 7 novembre. 2

Galleria fotografica. 2

 

Le Parc, terzo atto.

© Foto Christian Leiber/Opéra National de Paris

Con Le Parc si chiude la stagione scaligera di balletto 2006-2007.

La coreografia, di Angelin Preljocaj, è stata ripresa da Noémie Perlov.

La musica è di Wolfgang Amadeus Mozart e le creazioni sonore di Goran Vejvoda.

Marcello Rota ha diretto l'Orchestra del Teatro alla Scala. Il pianista è stato Takahiro Yoshikawa.

Protagonisti della recita del 7 novembre 2007 sono stati Aurélie Dupont e Massimo Murru nel ruolo di una coppia. I quattro giardinieri sono stati interpretai da Antonino Sutera, Marco Messina, Fabio Saglibene e Matteo Gavazzi.

Dal libertinaggio alla sincerità della passione

Dall'amore codificato all'amore che scopre se stesso nella tenerezza dell'abbandono; dalla forma che obbliga alla libertà di essere; dai giochi di sottomissione e di prevaricazione a quelli che inebriano di svincolata giovinezza. Ecco Le Parc, creazione del 1994 di Angelin Preljocaj per l'Opéra di Parigi.

Le fonti d'ispirazione del balletto, che ci immerge nell'atmosfera della "préciosité" francese sei-settecentesca, sono note: La Princesse de Clèves di Marie-Madeleine de La Fayette (1634-1693), benché pubblicato come anonimo nel 1678; la Carte du Tendre, che trova sede nel romanzo in dieci volumi Clélie, histoire romaine di Madeleine de Scudéry (1607-1701); Les Liaisons Dangereuses di Pierre Choderlos de Laclos (1741-1803).

Da tanta classicità Preljocaj ha tratto un percorso che, prendendo le mosse dal XVII secolo, giunge fino a noi perché a noi, abitanti del Ventunesimo secolo, si rivolge. Si rivolge inducendoci fors'anche a riflettere sul nostro poter vivere l'amore senza doverlo costringere in codificazioni dove neppure lo sguardo è libero di posarsi in estemporanee espressioni ora di tenerezza ora di desiderio ora di rammarico.

È con fine psicologia, infatti, che il coreografo d'origine albanese presenta la struttura panotticale dell'umano cuore.

Il Panopticon del cuore

Aurélie Dupont in Le Parc.

© Foto Icare

"Surveiller et aimer". È così, con variazione, che potremmo alludere a Le Parc: ponendo mente all'idea di Panopticon sottesa a Surveiller et punir di Michel Foucault. Alludervi, naturalmente, estrapolando la nostra citazione dalla consistenza storico-sociologica della visione del filosofo francese.

Chi, in Le Parc, ascolta e sorveglia i battiti del cuore? Chi, come deux ex machina, ammaestra l'andamento di quei battiti accompagnandolo verso l'imbocco d'altri cammini o verso viottole insospettate e promettenti? Chi, insomma, sorveglia affinché infine, e fluidamente, e liberamente, si possa amare? I quattro giardinieri. I quali sembrano trovare una giusta collocazione proprio al centro di quel cuore che stanno ammaestrando, e ‑ rientriamo nella metafora panotticale ‑ vedono senza essere visti (ecco la ragione di quei loro inquietanti occhiali scuri[1]).

I giardinieri hanno dunque tracciato un percorso esperienziale e metamorfico lungo il quale hanno accompagnato uomini e donne i quali, al termine del cammino, si sono ritrovati amanti-liberti a godere il trionfo dell'amore appassionato e libero da metaforiche "pressioni panottiche" verso l'uniformità della codificazione.

È con fine psicologia, si diceva sopra, che Angelin Preljocaj ha confezionato questa sua indagine sull'amore, compilando il catalogo della trasformazione. Eccellente, in tal senso, è la conclusione del secondo atto, con una protagonista femminile che si oppone, all'intraprendenza maschile della conquista, sempre più flebilmente, spaesata com'è dall'abbandono che bussa ai sensi.

Magistrale, inoltre, è la fine del terzo atto, danzata sull'indovinatissima scelta dell'Adagio in fa diesis dal Concerto per pianoforte n. 23 in la maggiore K 488 di W. A. Mozart.

È qui che il trionfo dell'amore appassionato, cui accennavo sopra, viene suggellato da quello che è stato definito il "bacio più lungo nella storia della danza contemporanea".

Il "siero della verità" somministrato nella recita scaligera del 7 novembre

Il ruolo della coppia principale di Le Parc è stato affidato ad Aurélie Dupont e a Massimo Murru, grandi interpreti del lavoro di Angelin Preljocaj.

La Dupont, lungo lo sviluppo del racconto, ha attratto gradualmente lo spettatore fino ad avvolgerlo nel fascino apicale di quel suo abbandonarsi sensuale e dolce, raffinato e tenero, nella scena ‑ danzata in camicia da notte ‑ del lunghissimo ed avvinghiante bacio.

Dice bene Dominique Simonnet, quando definisce la danza di Preljocaj un "sérum de vérité". E quando gli interpreti sono del calibro di Aurélie Dupont e di Massimo Murru, paiono darci l'illusione di essere stati sottoposti a questo siero; ma soprattutto pare vogliano dimostrare che il siero della verità vale come prova in questo tribunale della danza preljocajana. La prova che l'amore svincolato da inquadramenti e prelazioni rende gli esseri liberi di sondarsi per offrire a se stessi e all'altro la dimensione d'un appassionato, sincerissimo darsi.

Tra i ballerini scaligeri, segnalo, come particolarmente degni di nota, i quattro giardinieri: Antonino Sutera, Marco Messina, Fabio Saglibene e Matteo Gavazzi.

Galleria fotografica

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[1] Altri ne danno una diversa interpretazione: occhiali scuri perché l'amore è cieco.