Intervista a Francesca Marelli, già allieva dell’Accademia d’arti e mestieri dello spettacolo del Teatro alla Scala

17 febbraio 2007

Francesca, sei molto giovane: possiamo dire la tua età?

Ho festeggiato nel mese di dicembre il mio diciannovesimo compleanno. Sono ancora piuttosto giovane, è vero, ma per il difficile obiettivo che mi sono prefissata di raggiungere, il tempo a disposizione è molto breve: occorre saperlo sfruttare al meglio.

All'età di dieci anni sei entrata all'Accademia d'arti e mestieri dello spettacolo del Teatro alla Scala. Quali corsi hai seguito?

Le lezioni di classico si svolgono quotidianamente: il metodo d'insegnamento utilizzato presso l'Accademia attinge alla più prestigiosa scuola russa ("Agrippina Vaganova" a San Pietroburgo), francese e inglese.

Al fine di potenziare la massa muscolare, al rigoroso studio della tecnica classico-accademica si affianca il lavoro di "body conditioning", utile soprattutto ai corpi ancora "acerbi" e inesperti dei giovanissimi che si apprestano ad una disciplina dal vocabolario fisico estremamente ampio, arduo e talvolta innaturale.

Acquisita una maggior consapevolezza del proprio corpo, lo si mette continuamente alla prova sottoponendolo a nuovi stimoli di natura differente. A tale scopo, ci si confronta con altre materie fra le quali sbarra a terra, danza storica e di carattere, lavoro sulle punte, repertorio, pas de deux e contemporaneo.

Accanto all'apprendimento della sintassi della danza, nell'instancabile cura della propria immagine esteriore, la preparazione artistica e culturale dell'allievo è arricchita ulteriormente da corsi teorici dedicati alla storia del balletto e alla teoria musicale.

A proposito di esercizi alla sbarra, credo che alla gente sia più familiare la sbarra della sbarra a terra. Puoi parlare di quest'ultima?

La sbarra a terra prevede una sequenza predefinita di esercizi al suolo, il cui svolgimento non può prescindere dall'accompagnamento melodico. L'aspetto uditivo è assolutamente indispensabile: la differente scansione ritmica conferita dal brano musicale imprime al movimento degli arti, nel corso dell'esecuzione, un'infinita varietà di sfumature dinamico-qualitative. Si tratta di un'attenta indagine, a livello percettivo, dell'io-corporeo finalizzata ad un'analisi approfondita delle catene muscolari che vengono attivate nei singoli eventi cinestesici.

Chi sono stati i tuoi insegnanti?

Ricordo con particolare affetto e con sincera e profonda nostalgia Amelia Colombini, l'insegnante di classico che mi ha accompagnata per buona parte del percorso di studi, contribuendo non solo alla mia crescita professionale, ma anche al consolidamento della mia personalità psicologica.

Un ruolo estremamente importante e di notevole consistenza didattica è stato indubbiamente svolto dalla docente di sbarra a terra, Alex d'Orsay.

Fra gli altri maîtres de ballet che si sono avvicendati all'interno della scuola, impegnandosi a trasmettermi questa forma d'arte così sensibilmente raffinata, posso ancora citare Loreta Alexandrescu, Eliane Arditi, Tatiana Nikonova, Margarita Smirnova, Vera Karpenko, Franca Roberto, Emanuela Tagliavia, Paolo Podini, Leonid Nikonov, Francesca Pedroni (storia del balletto), Fabio Sartorelli (storia della musica), Chiara Cavalli (anatomia) e Alessandro Pontremoli (teoria e analisi musicale).

Che cosa ha significato per te aver frequentato l'Accademia scaligera?

La scuola è stata un'incessante sfida, un infaticabile cammino nel tentativo di superare i miei limiti, con amore e immensa dedizione, un viaggio alla ricerca del sé. Aver frequentato l'Accademia ha significato imparare a vivere danzando. Infatti, sebbene l'atmosfera fosse pervasa da un accentuato spirito competitivo, che personalmente condivido in parte, la scuola propone all'allievo modelli educativi di riferimento, indispensabili per la sua formazione: la danza si fa stile di vita, diventa un modo di vivere.

So che, nel tuo percorso, hai seguito stage di danza contemporanea e hai incontrato Carolyn Carlson. Mi vuoi raccontare queste esperienze?

Aprirsi a orizzonti stilisticamente innovativi, proposti dallo sperimentalismo "avanguardista" della danza moderna, richiede una buona dose di coraggio. Inizialmente si avverte un senso di smarrimento inabissandosi in profondità mai prima esplorate; solo nel momento in cui ci si lascia rapire dai sensi e dalle pulsazioni interiori emerge un linguaggio corporeo strutturalmente svincolato da qualsiasi forma preesistente. L'estro creativo del danzatore "prende corpo" e diviene l'evento spettacolare. La danza contemporanea dissipa, quindi, l'atmosfera onirica nella quale si cala l'immagine armoniosa del danzatore classico; rompe le regole che codificano l'arte tersicorea cristallizzandola in linee perfette; destruttura il movimento, frammentandolo, per sottoporlo ad un'attenta analisi volta a svelarne gli aspetti più reconditi.

Carolyn Carlson, una personalità di spicco nel panorama della modern dance americana, risveglia la sfera emotiva nel ballerino. La sensibilità umana diviene il motore dell'azione scenica e la dimensione soggettiva traspare in ogni singolo gesto, con un'intensità e una forza straordinarie.

Se dovessi usare uno o più aggettivi per definire l'arte di Carolyn Carlson, quali useresti?

La definirei espressionista, per il violento giustapporsi di "immagini" emotive verso il massimo della concisione espressiva.

Come allieva dell'Accademia hai partecipato anche a spettacoli del cartellone scaligero (Lo schiaccianoci e il Sogno di una notte di mezza estate sono due tra gli spettacoli in cui è prevista la partecipazione di allievi)?

Quando ancora frequentavo il secondo corso, ho avuto la possibilità di partecipare all'Excelsior, ballando, nel ruolo dei moretti (VIII quadro), sia nelle recite presso il Teatro alla Scala sia nelle successive rappresentazioni al Teatro Regio di Torino.

Un altro spettacolo, il Don Chisciotte, mi ha consentito di conoscere, per la prima volta, noti personaggi del mondo dello spettacolo, ospiti nel corpo di ballo scaligero, quali Roberto Bolle e Sylvie Guillem.

L'ebbrezza provata in quegli istanti, fuggevolissimi, trascorsi sul palcoscenico lascia tuttora tracce indelebili. È un'esplosione indescrivibile di emozioni contrastanti, gioia e timore allo stesso tempo: ti avvicini ad un mondo che ancora non ti appartiene ma di cui desidereresti far parte.

Ad un certo punto del tuo percorso hai seguito lezioni individuali di perfezionamento con Gabriella Cohen. Da che cosa è stata dettata questa scelta?

Al termine dell'anno scolastico è altamente sconsigliato interrompere l'attività fisica. Durante le vacanze estive ho quindi, in più occasioni, frequentato stage di danza per mantenermi in allenamento. In particolare, ho deciso di recarmi dalla signora Cohen, contattata dalla mia stessa insegnante di classico, per affinare le mie doti artistiche: le lezioni individuali sono appositamente incentrate sui tuoi difetti tecnici e, da questo punto di vista, sono molto efficaci per ottenere miglioramenti soddisfacenti.

Mi puoi raccontare qualche aneddoto sulle personalità della danza con le quali hai avuto a che fare?

Premetto che ammiro e venero Alessandra Ferri. Dopo uno spettacolo al Teatro degli Arcimboldi sono miracolosamente riuscita ad intrufolarmi nei camerini degli artisti. Ho aspettato moltissimo nei grigi corridoi del teatro, ma sempre con la più viva speranza di poterla incontrare di persona. Arrivato il momento, assalita da una moltitudine di sensazioni inspiegabili, quasi sospesa tra sogno e realtà, mi sono trovata, senza parole, di fronte alla signora Ferri: è stato un incontro indimenticabile di intensa carica emotiva.

Non posso astenermi dal dirti che sono anche riuscita ad avere un paio di sue punte autografate!

Mi racconti come era la tua giornata tipo, da allieva dell'Accademia scaligera?

La mattina correvo subito in palestra: mi scaldavo, preparavo le scarpette da punta e ripassavo i passi prima che iniziasse la lezione di classico. Giunta in sala, nell'attesa dell'arrivo dell'insegnante, mi trovavo spesso in fila per poter raggiungere la tanto contesa "cassetta della pece". Poi, subito alla sbarra!

Perché "tanto contesa"?

In alcuni punti della sala capitava con frequenza che si scivolasse: per evitare questo inconveniente si ricorreva ad alcuni escamotage. Mi capitava, per esempio, di incidere la suola delle punte con l'estremità di una forcina per capelli o, meglio ancora, imbrattavo le scarpe con i residui di pece rimasti nell'apposita cassetta… sempre che non fosse stata avidamente ripulita da chi mi aveva preceduta!

Mi stavi raccontando la tua giornata tipo.

Terminata la lezione io e le mie compagne di corso andavamo frettolosamente a cambiarci, approfittando della pausa per scambiare qualche parola. Seguivano, quindi, le altre attività che richiedevano non soltanto semplici performance ad elevato livello qualitativo, ma anche una notevole sensibilità e forza interiore per conquistare, a piccoli passi, sempre nuove soddisfazioni, non senza imbattersi in piccole-grandi delusioni.

La danza occupava gran parte della giornata, dal mattino fino al tardo pomeriggio, quando, quasi stremata dalla fatica, mi catapultavo al liceo. La sera, esausta, ma sempre felicissima ed entusiasta, studiavo in prospettiva degli esami che avrei sostenuto, come privatista, alla fine dell'anno scolastico.

Solo a posteriori, raccontando la mia giornata tipo all'Accademia, mi rendo conto dell'intensità del lavoro a cui mi sottoponevo: in realtà la passione per quest'arte, che richiede pazienza e tenacia insieme, mi ricaricava di giorno in giorno.

È noto che le selezioni per entrare in scuole di danza come quella scaligera sono tutt'altro che accondiscendenti. Quali sono i criteri che vengono adottati?

La primissima selezione punta all'aspetto fisico: si osservano le proporzioni, l'armoniosità di un corpo snello e "sottile", privo di uno sviluppo eccessivo della massa muscolare, l'elasticità e la mobilità articolare, la potenzialità nell'elevazione del salto e la flessuosità dell'arco plantare.

Segue una visita medica per accertarsi che il candidato non presenti patologie tali da poter influire, in misura determinante, sul rendimento tecnico.

Infine, il mese di prova, al quale segue un esame di idoneità al primo corso, rappresenta una verifica finale: la coordinazione motoria e la musicalità sono altri parametri che giocano un ruolo fondamentale nella selezione definitiva.

Hai citato l'arco plantare. Generalmente non si conoscono le problematiche sottese a questa parte del corpo. Ne vogliamo parlare?

Nel piede, in corrispondenza della pianta, ci sono alcuni muscoli superficiali e altri più profondi che, benché piccoli, sono molto importanti per il danzatore in quanto contribuiscono con forza al mantenimento dell'arcata metatarsale traversa. La contrazione di questi muscoli intrinseci consente infatti un corretto movimento di flesso-estensione dorsale del piede.

Passando in rassegna i colli del piede celebri, spesso il primo che sento citare è quello di Alessandra Ferri. Concordi?

Senza alcun dubbio. La particolare conformazione anatomica del suo piede conferisce all'arto una naturalità e una spontaneità espressiva innata, priva di artificiosità.

Che cosa pensi della decisione di Alessandra Ferri di lasciare le scene?

Non posso che condividere questa sua coraggiosa scelta, una scelta maturata negli anni e dettata da un amore viscerale per la danza, così grande da spingerla ad abbandonare le scene nel vivo ricordo di una brillante e meravigliosa carriera. In un'intervista rilasciata di recente in un programma televisivo, Alessandra Ferri ha espresso apertamente il desiderio di voler lasciare il mondo dello spettacolo "ballando, e ballando bene".

Tu propendi per la danza accademica o per quelle moderna e postmoderna?

Amando le linee pure e incontaminate dei corpi danzanti, mi oriento verso il balletto neoclassico, un balletto astratto dagli esili intrecci drammaturgici che scaturisce dalla concretizzazione di un'idea assoluta di perfezione e bellezza. L'Apollon Musagète di Georges Balanchine, ad esempio, muovendo da una visione apollinea della grecità, elabora forme limpide e armoniche dove il corpo umano è inteso come suprema opera d'arte vivente.

George Balanchine, il grande formalista, il coreografo neoclassico per eccellenza: come giudichi il suo Sogno di una notte di mezza estate, balletto sicuramente narrativo?

Questo balletto presenta la caratteristica bipartizione ottocentesca di matrice romantica: mentre l'articolata trama shakespeariana, abilmente condensata, si dipana nel primo atto, la concezione balanchiniana della danza come puro movimento astratto, dove non ha importanza lo spessore psicologico dei danzatori, viene  confinata nella seconda parte dello spettacolo.

Sogno di una notte di mezza estate, per quanto possa essere innovativo e apparentemente distante dai canoni del coreografo russo, presenta alcuni tratti inconfondibili e non mimetizzabili nell'insieme: Balanchine, infatti, presta molta attenzione alla partitura di Mendelssohn che, pur mantenendo una propria autonomia artistica, viene adattata alla danza, l'equivalente visuale della musica. La fisicità dei danzatori tende inoltre a scomparire nel meccanismo implacabile del movimento che traccia nell'aria linee sinuose, morbide e aggraziate.

Attualmente insegni in scuole di danza non famose come la Scuola di Ballo dell'Accademia del Teatro alla Scala. Qual è la problematica legata a questo tipo di scuole? Danno una buona base a chi vuole diventare intraprendere la carriera di ballerino?

In questi tipi di scuole, dove la danza viene studiata a livello amatoriale, una grossa difficoltà è quella di riuscire a conciliare l'aspetto ludico con le finalità più propriamente didattiche. Le ragazze che decidono di iscriversi, infatti, si apprestano alla disciplina con un atteggiamento professionalmente disinteressato, partecipando alle lezioni per soddisfare un piacere personale o semplicemente per puro divertimento: non si tratta di un'attività agonistica.

Un'altra problematica, non certo irrilevante, che emerge in questi ambienti, non altamente selezionati, è rappresentata dalle enormi e incolmabili differenze fra le allieve all'interno di una stessa classe: questa eterogeneità di fondo non sempre consente un lavoro adatto, contemporaneamente, a tutti.

Nonostante sia pertanto impossibile impartire solide basi, credo che queste scuole di danza siano un'ottima occasione per promuovere la maturazione psico-motoria nell'allievo, attraverso un percorso di interiorizzazione delle sensazioni percettive e mediante la verbalizzazione corporea di queste.

La danza in Italia, oggi, non versa in buone condizioni. In più occasioni ho affermato che ‑ sotto questo aspetto ‑ reputo il Teatro alla Scala un'isola felice. Che cosa hai da dire sull'argomento?

Purtroppo la danza risveglia l'interesse di un pubblico eccessivamente ristretto, per godere di un consenso tale da permetterle una più rapida diffusione. È una forma d'arte difficile da comprendere e questo ne limita senz'altro la divulgazione. Soprattutto la danza contemporanea, un fenomeno relativamente recente nella tradizione nazionale, stenta nell'affondare le proprie radici in Italia rispetto ai grandi capolavori ballettistici del repertorio classico. Il Teatro alla Scala offre indubbiamente un importantissimo contributo nel tentativo di avvicinare sempre nuovi giovani al mondo dello spettacolo, ma, in questa sua meritevole opera, dovrebbe essere affiancata da altre prestigiose istituzioni.