Intervista ad Andrea Purcell, giornalista cilena

Andrea, da dove provieni?

Dal Cile, un paese meraviglioso alla fine del mondo. La mia città natale è Valparaiso, un porto situato nel ben mezzo della nostra stretta terra.

Qual è la tua formazione?

Ho studiato Giornalismo, laurea che qui in Italia non esiste. Nel 2001 sono uscita dalla Upla (la mia università) come giornalista, indirizzo politico, che è la mia passione.

Quali esperienze giornalistiche hai avuto nel tuo paese? E in Italia?

Nel mio paese ho lavorato molto sulla ricerca in campo giornalistico, insieme ai professori della mia università. Sempre in Cile ho lavorato per due anni nel giornale Futuro della mia città. Era un progetto bellissimo dove avevo assoluta libertà di scrittura: è stata una bellissima esperienza. Continuo tuttora a scrivere per testate cilene, collaboro a distanza con Paniko.cl, una rivista giovanile e con Anamuri, un'organizzazione di donne delle zone rurali e indigene.

In Italia ho collaborato con Volontari per lo Sviluppo, Repubblica, Diotima, Politica Domani e con Notizia Oggi. Ma ora come ora, la mia attività più importante è la redazione della Rivista El Carrete, testata che vuole affrontare e approfondire il tema dell'immigrazione latinoamericana in Italia, anche con uno scopo educativo e di sensibilizzazione.

Fare la giornalista nel tuo paese e farlo in Italia: quali sono gli elementi a favore e quali quelli contro?

In Italia c'è un modo completamente diverso di scrivere sui giornali. Anche se non ci credete, c'è molta libertà, almeno a livello di stile. I giornalisti in Cile seguono tutti un' unica soluzione sulla quale si basa la notizia, o il reportage, è uno schema molto rigido e nello stesso tempo, massacra le abilità letterarie proprie di un professionista della comunicazione. Qui in Italia chi ha uno stile proprio può tenerselo, ci sono meno regole e si valorizzano le peculiarità di ognuno.

Attualmente sei capo redattore del mensile El Carrete: oneri ed onori di un capo redattore.

È innanzitutto un lavoro molto confortante, poiché mi permette di scrivere sui problemi che affliggono le persone della mia terra, di creare uno spazio  creato da loro e per loro. D'altra parte mi aiuta a sentirmi ancora parte di quell'America Latina che ormai vedo da lontano. I problemi, invece, sono quelli che penso debba affrontare la maggior parte dei media autonomi, italiani e non, in questo paese. Cioè, la mancanza di aiuti da parte dello Stato per essere un giornale ‑ o rivista ‑ riconosciuto legalmente e che possa sopravvivere degnamente.

Il rapporto tra informazione e verità nel giornalismo.

Il giornalismo è essenzialmente informazione, ma ciò non vuol dire verità assoluta. Il giornalismo basato sui fatti ma è scritto da persone ed è qui che nasce la suggestività. Lo stesso fatto può essere visto in diversi modi. Il vero giornalista deve cercare di essere il più verace possibile e quindi informare sulla base di più un di un singolo punto di vista, purtroppo però questo non accade spesso.

Qual è la più grande soddisfazione che hai tratto fino ad ora dal tuo lavoro?

Ogni pubblicazione è una soddisfazione per me. Adoro scrivere, indagare e, infine, pubblicare.

E una delusione ce l'hai?

Non ho grandissime delusioni. Mi è successo in Cile quando lavoravo per Futuro che un sindaco ha voluto querelarmi per aver pubblicato  alcune notizie (vere) sul giornale, che svelavano che era un sindaco corrotto. La delusione non è venuta dal mondo giornalistico poiché la mia istituzione mi ha appoggiato pienamente, ma del mondo politico, che sinora in Cile non si rende conto di quanto importante sia la libertà di stampa