Marianna Sampino, quindicenne del Coro di Voci Bianche del Teatro Massimo di Palermo

Dicembre 2005. Lilli Alù, responsabile degli Affari Generali del Teatro Massimo di Palermo e del coordinamento del Coro di Voci Bianche e dei Piccoli Danzatori della Fondazione, ha ascoltato per Morfoedro i componenti del Coro di Voci Bianche parlare della loro passione per il canto.

Per scrivere questo mio componimento ho fatto un mini sondaggio in casa ed ho capito che la passione per il canto è nata con me.

Mia madre mi racconta che quando era nel suo grembo, appena lei sentiva musica, iniziavo a muovermi e lei pensava: “Mia figlia da grande diventerà una cantante o una ballerina”.

Ho sempre amato cantare. Infatti, in qualsiasi recita scolastica o parrocchiale io ero sempre pronta ad esibirmi. All’età di sette anni ho conosciuto l’esistenza del Coro delle Voci Bianche del Teatro Massimo grazie a mia cugina che già ne faceva parte ed ho sostenuto l’audizione d’ingresso. Ricordo che ero emozionata ma nello stesso tempo impaurita di fronte ad un maestro, un pianoforte ed una “mandria” di ragazzi entusiasti del cammino intrapreso. Sì, proprio quei ragazzi che tuttora a distanza di otto anni sono i miei compagni d’avventura. Con alcuni di loro ho legato moltissimo e questo è servito per farci diventare un’unica cosa grazie anche all’aiuto dei maestri con i quali ho instaurato un bellissimo rapporto che si basa sul rispetto reciproco e sulla capacità di far sì che tutto sia fatto con serietà e spensieratezza. Io sono dell’idea che “Coro” significa insieme di individui che al momento dello spettacolo devono diventare un’unica voce che riesce ad emozionarci ed emozionare.

Entrata nel Coro, il maestro mi ha subito affibbiato il nomignolo di piccola mascotte perché ero la più piccola di tutti. La sensazione era come quella di sentirsi dentro un sogno e vivevo con la paura che da un momento all’altro qualcuno mi svegliasse. Dopo lunghe ore di studio pomeridiano, ero pronta per il primo spettacolo La crociata dei fanciulli. Accompagnata da riti scaramantici mi ritrovai catapultata in palcoscenico. L’adrenalina, il tremolio delle gambe e la sudorazione delle mani erano paure che subito dopo il primo attacco si tramutarono in disinvoltura e sorrisi.

Grazie ai maestri ho capito quanto la musica sia importante per me. Per lei ho fatto tanti sacrifici e tante rinunce ma non ne sono pentita. Anzi, se rinascessi, vorrei rifare tutto. La musica è la mia compagna in tutto. Non c’è niente che possa farmi rilassare, sfogare ed emozionare di più. L’esperienza del Coro del Teatro Massimo penso sia molto formativa perché riesce a farti prendere coscienza della bellezza che c’è dietro un sipario. Sicuramente il mio obiettivo futuro sarà quello di riuscire a realizzare il mio sogno, cioè quello di diventare una cantante di musica leggera, ma so benissimo che per raggiungerlo bisognerà studiare tanto.